Incontro con l’autore: «Destini di frontiera» di Federico Fubini
Da Vladivostok a Khartoum, i racconti di un giornalista mosso dalla fede laica nella conoscenza
La frontiera della globalizzazione
corre da Vladivostok a Khartoum fino a Tirana, dall'estremo Oriente
ad un Occidente altrettanto estremo, incrociando i destini dei
cinesi di etnia han che cercano moglie in Siberia, delle donne
vietnamite che tirano le fila dell'emergente economia di Hanoi, dei
bambini cambogiani che assediano i turisti al tempio di Angkor Wat,
dei cavatori di giada della Birmania, dei rifugiati
climatici del Bangladesh, degli schiavi nepalesi deportati in
Qatar per costruire le nuove cittadelle finanziarie, dei
neocolonialisti cinesi che hanno ormai conquistato il Sudan e di un
gruppo di dissidenti uiguri, la minoranza etnica musulmana della
Cina nord-occidentale imprigionati per errore a Guantánamo con
l'accusa di terrorismo e finiti in fondo a un dissestato vicolo
alla periferia di Tirana.
Nove storie legate dal filo rosso del neo-imperialismo cinese, un
imperialismo non ideologico ma da pragmatico viaggiatore d'affare
contemporaneo che Federico Fubini, giornalista economico del
Corriere della Sera, racconta nel suo ultimo libro, Destini di
frontiera mosso dalla curiosità di conoscere come va il mondo
oggi, una merce preziosa ma ormai raramente rinvenibile nel
provinciale giornalismo italico.
Un incontro con l'autore a due voci, con il solo Tiziano
Scarpa, romanziere e drammaturgo (stante il forfait dell'inviato
del Sole 24 ore Alberto Negri) che ha svelato che è ancora
possibile guardare alle cose del mondo mossi dalla laica fede nella
conoscenza.
Solo che per farlo, occorre scrivere un libro, impossibile pensare
di farlo con un reportage giornalistico per un quotidiano.
«I giornali italiani - spiega Fubini - sono portatori di una
cultura fortemente concentrata su quanto avviene in casa propria,
nel proprio paese, e si finisce per ragionare per simboli, la
proiezione internazionale non fa parte di noi.»