«Il problema non è la flessibilità, il vero dramma è il precariato»
Questo in sostanza l’assunto di Susanna Camusso al confronto tra le norme di tutela e la necessità di rendere più flessibile il mercato del lavoro
La formula sperimentata del «Pro e contro», inventata per il Festival da «lavoce.info», ha fatto centro anche questa volta.
Chiamati a confrontarsi sulla domanda cruciale che molti si pongono in questi tempi, e cioè «Posto insicuro subito o posto fisso dopo?», ne hanno disquisito Susanna Camusso, segretario generale della CGIL, Samuel Bentolila, professore di economia a Madrid, Pietro Garibaldi, direttore del Collegio Carlo Alberto di Torino, che ha guidato il dibattito e il premio Nobel Christopher Pissarides, già ascoltato ieri, giornata inaugurale del Festival.
Tutto parte dai risultati di un'indagine compiuta tra il pubblico che frequenta il festival, un campione di 600 intervistati che copre però l'intero arco della vita dai 20 agli 80 anni, che è stata sinteticamente illustrata in apertura di incontro.
«Preferite un mercato del lavoro rigido o flessibile?»
Questa è la prima domanda del questionario distribuito. Il mercato del lavoro flessibile (ove sia facile perdere lavoro, ma anche facile ritrovarlo) viene preferito dalle persone più giovani e poi tende a decrescere con l'età, mentre i laureati hanno una ancor più spiccata tendenza a preferire la flessibilità.
Alla domanda «Preferite un mercato del lavoro rigido oppure un mercato duale» (un mercato cioè – come succede per l'Italia – in cui c'è una grande parte di lavoratori particolarmente tutelati con posto fisso e un'altra porzione considerevole di popolazione votata alla flessibilità e al precariato), anche in questa occasione i laureati tendono ad avere una maggiore propensione per un mercato del lavoro duale.
Altri dati: il mercato del lavoro flessibile aumenta per le persone al di sopra dei 29 anni; le persone con alta istruzione, anche a parità di età, sono maggiormente propense a scegliere subito un posto di lavoro anche se insicuro.
Infine c'è un altissimo apprezzamento (dal 60 all'80%) nei confronti dell'aumento delle tutele in riferimento al posto di lavoro proporzionalmente all'età di servizio.
Per quel che riguarda la retribuzione minima ritenuta accettabile per un contratto a tempo determinato e per un contratto a tempo indeterminato, la ricerca documenta che per avere un posto a tempo indeterminato le persone sono disposte a rinunciare mediamente al 14% rispetto alla retribuzione percepita con contatti a tempo determinato.
L'economista spagnolo Samuel Bentolila, analizzando i risultati della ricerca, che peraltro confermano altre inchieste a livello europeo, ha sottolineato come la maggior parte degli intervistati si dica praticamente favorevole a un mercato flessibile e ciò non deve meravigliare, vista la crisi che stiamo attraversando.
«Esiste un sostegno maggioritario nei confronti del mercato flessibile, specie tra i giovani e soprattutto tra i giovani con maggiore istruzione. Il confronto invece tra mercato rigido e il mercato duale, quest'ultimo sembra preferito ed è la vera sorpresa dell'indagine. La terza riflessione viene dal fatto che il mercato duale sia preferito anche nei confronti del mercato flessibile: la motivazione dipende probabilmente dal fatto che la maggioranza della popolazione ancora non conosce bene che cosa significhi mercato duale.»
«Le persone ammettono di preferire un posto insicuro subito, – ha detto Bentolila in conclusione, – piuttosto che uno sicuro domani e questa è la condizione tipica di una società che sta attraversando un'epoca di crisi.»
Susanna Camusso, per parte sua, ha ricordato un dato significativo raccolto a suo tempo tra i giovani delle scuole superiori di eccellenza, secondo il quale l'aspettativa di retribuzione futura era mediamente di molto inferiore a quello che si sarebbe potuto immaginare.
«Ciò significa che in realtà ci stiamo adeguando a una situazione di crisi, – ha commentato Camusso. – Questi studenti in realtà pensano che in Italia il loro destino sia comunque quello di un lavoro con bassa retribuzione. Il problema che rimane da risolvere è con quale tipo di contratto si desidera avere questo lavoro.
«La flessibilità – ha proseguito la sindacalista – non è un concetto negativo: esso contiene in sé risguardi e conseguenze positive, ma io mi chiedo se quella che stiamo vivendo in Italia sia vera flessibilità! In realtà in Italia dobbiamo parlare di precarietà e di diminuzione di reddito. Oggi non si sta lavorando, non ci si sta impegnando per rendere flessibile il mercato, bensì per pagare meno chi lavora!»
Il segretario generale della CGIL si è stupito, invece, del fatto che il mercato di lavoro duale risulti dalla ricerca così privilegiato.
«Il dibattito nel nostro Paese oggi segue la divaricazione tra mercato del lavoro attuale e prospettive per i giovani: io credo invece che oggi questo dibattito dovrebbe affrontare il problema di come si può costruire una dinamica del mercato del lavoro, senza sapere quale sia la direzione che intende prendere il Paese intero!
«Oggi la variabile lavoro diventa la variabile sulla quale risparmiare e non ci si pone più il problema di andare da qualche parte, di aumentare la qualità del lavoro, di migliorare le competenze e la formazione e quindi di valorizzare le regole. Il disegno di legge sul mercato del lavoro è un labirinto che si sta annodando su sé stesso, senza offrire una visione strategica complessiva.»
Quale idea di lavoro vogliamo scegliere e verso quale prospettiva vogliamo andare, questo è, secondo Camusso, il vero problema centrale della questione.
Christopher Pissarides, premio Nobel per l'economia, chiudendo il dibattito, ha spiegato che le politiche del lavoro hanno come obiettivo il miglioramento della qualità della vita degli occupati e dei disoccupati, e questo è un problema comune a tutta l'Eurozona, il principale che dovrebbe essere affrontato.
«Siamo caduti in recessione per una serie di concause internazionali: dato questo momento difficile, come possiamo migliorare il mercato del lavoro nei Paesi del Mediterraneo? Chi oggi ha un posto fisso è ampiamente tutelato, mentre i giovani e le donne sono svantaggiati.
«Oggetto centrale delle riforme, quindi, dovrebbero essere appunto i giovani, specie quelli laureati, e le donne sposate.
In OCSE i tassi di occupazione delle donne sposate sono bassissimi. Per offrire più lavoro, quindi, deve aumentare la flessibilità! Questo è vero il problema centrale che dobbiamo cercare di risolvere!»