Gli animali al pascolo nei vigneti – Di Giuseppe Casagrande
Sostituiscono i mezzi agricoli e i diserbanti per pulire i filari e per concimare i terreni. L'esempio dei suini neozelandesi nella tenuta del Baron Longo a Egna
L'enologo Anton Baron Longo nel vigneto con i maialini neozelandesi.
Pecore, capre, galline, oche, asini, buoi, cavalli, maiali. Sono gli animali che molte aziende vitivinicole, in particolare quelle a regime biologico e biodinamico, hanno deciso di far pascolare tra i loro vigneti.
Un approccio virtuoso che si inserisce nel progetto legato alla salvaguardia dell'ambiente e della biodiversità. Lo scopo: sostituire i mezzi agricoli e i diserbanti per eliminare le erbacce tra i filari, dissodare e migliorare la salubrità del terreno.
Ma anche per poter disporre di un concime naturale.
Un maialone neozelandese razza Kunekune, maculato bianco e nero.
Una pratica antica che ricorda l'agricoltura primordiale di un tempo
Non è una novità. Semplicemente è il recupero di una pratica antica e propria di un’agricoltura primordiale che si sta diffondendo sempre più nel BelPaese: dall'Alto Adige alla Sicilia.
Con i vigneti «pascolati» che raccontano di una natura che, mescolata alla sapienza di pastori e agricoltori, si riprende la scena e mostra tutta la sua bellezza, con gli animali capaci di ripulire perfettamente i filari brucando l’erba, in modo sostenibile, economico e silenzioso, senza sprechi, migliorando il terreno, concimando, favorendo il recupero di sostanze nutrienti, e mantenendo la biodiversità.
Pecore e asinelli sulle colline del Prosecco, le oche a Montefalco
Sulle colline del Prosecco e del Cartizze sono gli asinelli a pascolare liberamente tra i vigneti di Marzio Bruseghin, di Bepi Boret e dell'azienda Bellenda a Vittorio Veneto.
Sui Colli Berici, in questi giorni, dopo la vendemmia, sono le pecore dell'Azienda PuntoZero condotta da Marcella Toffano De’ Besi (con la consulenza dell’enologo Celestino Gaspari) a brucare l'erba. Ma sono tanti gli esempi, come quello di Casa Emma nel Chianti o la storia delle oche tra i filari del Sagrantino di Montefalco della Cantina Di Filippo o degli animali presenti nei filari della Tenuta Le Querce, nel Vulture, in Basilicata, o tra le vigne della cantina sarda Olianas o, ancora, nei vigneti ad alberello di Cottanera sull’Etna, in Sicilia.
Le pecore nei vigneti della Tenuta biodinamica Manincor a Caldaro.
In Alto Adige le pecore di Manincor e a Magrè i buoi di Lageder
E non mancano altre esperienze. In Alto Adige, ad esempio, l'azienda Manincor di Caldaro al posto dei diserbanti e come concimazione naturale fa pascolare tra i vigneti le pecore Quessant d'origine bretone. Un esempio virtuoso dove le piante, gli animali e le persone vivono in perfetta armonia.
Altrettanto lungimirante è a Magrè il «Progetto Buoi» di Alois Lageder, patron di una delle cantine più famose anche a livello internazionale.
In collaborazione con il Caseificio biologico della Val Venosta Englhorn di Alexander Agethle, ogni anno, a fine alpeggio, i buoi vengono trasferiti dalla malga nei vigneti della Bassa Atesina dove, grazie al clima più mite, gli animali trovano cibo per tutto l'inverno. E così possono vivere tutto l'anno all'aria aperta.
I buoi nella tenuta biodinamica di Alois Lageder a Magrè.
Una pratica utile per le aziende vitivinicole e per i pastori
«Quella del pascolo nei vigneti è una pratica utile sia per le aziende vitivinicole che per i pastori e gli allevatori, anche se ci sono differenze di gestione tra le aziende biologiche e biodinamiche e quelle convenzionali.
«Chiaramente nelle prime è tutto più semplice, mentre in quelle convenzionali si può farlo soltanto nei periodi in cui non si fanno trattamenti» – ha spiegato a WineNews, Leonardo Valenti, docente di viticoltura all’Università di Milano.
«Nelle aziende agricole di un tempo era normale avere animali da cortile in vigna, come le oche o le galline, con le prime che mangiavano l’erba e la radevano in maniera perfetta, e le seconde che mangiavano anche tutti gli insetti che riuscivano a trovare, e in qualche caso succede ancora.
«Oggi le cose sono cambiate, con l’agricoltura specializzata, ma la pratica del pascolo dei vigneti resta utile.
«Si utilizzano soprattutto le pecore, perché sono animali che brucano nel rispetto della pianta, al contrario delle capre, per esempio, che mangiano spesso anche corteccia o radici e possono danneggiare la vite.
«In ogni caso, è una situazione vantaggiosa sia per il viticoltore, che si trova la vigna perfettamente mantenuta e pulita dal punto di vista della gestione dell’erba, sia per il pastore, che, nella vigna, trova erba di qualità per alimentare le proprie greggi per produrre latte e formaggio.»
Pecore al pascolo mentre brucano l'erba nei vigneti del Prosecco.
I maialini neozelandesi Kunekune nella tenuta Baron Longo di Egna
Interessante è l'iniziativa - e torniamo in Alto Adige - dell'azienda vinicola Baron Longo di Egna. Se in passato la storica tenuta utilizzava i trattori, ora sono dei maialini neozelandesi a mettere fine alle erbacce sotto le viti, estirpandole o nutrendosi di esse.
Originaria della Nuova Zelanda, la razza Kunekune – il cui termine deriva dalla lingua maori e significa «tondo e grasso» – è riconoscibile per la corporatura robusta e relativamente tozza rispetto alla testa, oltre che per un vistoso mantello bianco e nero o maculato color marrone.
Non potendo sollevare troppo il capo, di solito questi suini non riescono a raggiungere i grappoli d'uva e i tralci, quindi rovistano nel terreno tra le viti in cerca di erbe infestanti, fiori e foglie.
La splendida tenuta Baron Longo a Egna - Foto BM Pat.
L'approccio biodinamico per una tenuta sempre più ecocompatibile
«Ritengo importante implementare l’approccio biodinamico nel modo più coerente possibile, compiendo un ulteriore passo per rendere la nostra tenuta sempre più ecocompatibile», – ha spiegato l’enologo Anton von Longo Liebenstein. La prima volta che ha sentito parlare dei suini Kunekune è stata in Francia.
«Per il controllo delle erbe infestanti, alcuni viticoltori avevano provato a introdurre oche o pecore con scarso successo: questi maialini invece hanno registrato risultati sorprendenti.
«Così mi sono informato su come procurarmeli e integrarli nella nostra azienda.»
Dopo averli individuati in Austria, da qualche settimana, undici di essi vivono nella tenuta, hanno già un nome e appaiono visibilmente soddisfatti.
«Hanno un grande appetito e si sono già affezionati a tutti noi» – ha commentato.
L'enologo altoatesino Anton Baron Longo.
Un’esperienza molto positiva a vantaggio non solo dell'ambiente
«Le prime esperienze con i maiali Kunekune sono promettenti: non solo ci consentono di ridurre notevolmente l’uso di trattori e metodi meccanici per la rimozione delle erbacce, ma ampliano ulteriormente il nostro ciclo biodinamico.»
Nella sua azienda, Anton Baron Longo ha dato vita ad un’armonia tra persone, animali, terreno e piante, nonché a un ciclo naturale, caratterizzato da uno scambio reciproco.
«I maiali Kunekune si inseriscono perfettamente in questo sistema.
«Inoltre l'enologo è convinto che questi suinetti contribuiscano al controllo dei parassiti e alla riduzione delle infezioni.
«Ho osservato che mangiano le foglie cadute a terra: se, tra queste, ci fossero anche quelle contaminate da funghi e parassiti, il rischio di infezioni si ridurrebbe.»
L’utilizzo di animali per l’eliminazione delle erbe infestanti e il dissodamento del terreno non è una novità nel vigneto Baron Longo, una tenuta che appartiene alla famiglia da quasi 250 anni.
«Un tempo era una pratica comune, così come il compostaggio e il rispetto dei ritmi naturali e dei cicli lunari.
«Una maggiore attenzione a questi aspetti va a vantaggio non solo dell’ambiente, ma anche della qualità dei nostri vini» – ha dichiarato Anton von Longo Liebenstein.
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Giuseppe Casagrande – [email protected]