Il vino ai tempi dell'antica Roma – Di Giuseppe Casagrande

L'Università di Gand ha studiato e simulato la produzione e le caratteristiche del nettare di Bacco. Un vino leggermente piccante, asciutto e dal sapore tostato

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Non è un segreto: gli antichi romani erano amanti del vino, tanto da onorarlo attraverso la figura di Bacco che, oltre a dio del vino, era anche il dio del piacere e del divertimento.
Ma com’era il vino dell’Antica Roma?
Per rispondere a questo quesito l’Università di Cambridge ha pubblicato sulla rivista «Antiquity» una ricerca sulla produzione e sulle caratteristiche del vino ai tempi dell’Impero Romano.
 

La dolia, il vaso di terracotta (un mix di argille) seminterrato.
 
 La «dolia», il vaso d'argilla interrato e ricoperto di uno strato di pece  
In primo luogo è stato preso in considerazione l’iter di produzione della sacra bevanda.
Nell'antichità il vino era ricavato da uve spremute delicatamente assieme ai raspi e ai vinaccioli che dovevano rimanere integri per non disperdere i lieviti naturali.
Questa azione era caratterizzata dall’inizio immediato della fermentazione, così da evitare sapori sgradevoli e minimizzarne il rischio del fallimento.
Il contenitore usato durante l’intera lavorazione era chiamato «dolia» e consisteva in un grosso vaso ricavato da sapienti mix di argille e dotato di una grande bocca circolare nella parte superiore, che veniva parzialmente interrato per isolare termicamente il suo contenuto e renderlo impermeabile grazie ad uno strato di pece.
 

 
 Vini bianchi o rossi? L’uva e le bucce erano aggiunte senza tener conto del colore  
Il risultato di questa lavorazione era un vino «leggermente piccante» e con aromi di pane tostato, mele, noci tostate e tè verde secondo l’archeologo Dimitri Van Limbergen dell’Università di Gand, in Belgio, autore dello studio.
Vini bianchi o rossi? Contrariamente ad una diffusa credenza, è improbabile che la maggior parte della vinificazione nell’antichità fosse bianca, almeno non nel suo senso moderno.
Invece, l’uva era aggiunta senza tener conto del colore assieme alle bucce, dicono i ricercatori, conferendo ai vini antichi una vasta gamma di colori: dal bianco al giallo-rossastro, dal rosso sangue al nero.
 

 
 L'ossidazione controllata consente di ottenere dei grandi vini  
Il segreto romano del vino è da ricercarsi nel metodo di produzione, che riusciva ad isolarlo sufficientemente in fase di fermentazione da eventuali fattori ambientali avversi pur mantenendo un ottimo contatto con il contesto all’esterno del vaso:
«La pece ha ottime capacità impermeabilizzanti – scrive Van Limbergen – ma i vasi rimangono porosi in una certa misura, e questo permette un certo grado di micro-ossigenazione. Il contatto con l’aria non controllato trasforma il vino in aceto, ma l’ossidazione controllata può portare a grandi vini perché concentra il colore e crea piacevoli sapori erbacei, di nocciola e di frutta secca.
«Inoltre i contenitori a forma di uovo svolgono un ruolo importante nella creazione di vini di qualità, poiché la fermentazione primaria produce anidride carbonica e cambia la temperatura all’interno di questi recipienti, la forma ovoidale crea correnti di convezione interne.
«Queste correnti agiscono come una sorta di sistema di pompaggio naturale, che mescola delicatamente lieviti, bucce e altri solidi con il mosto.
«Questo continuo movimento all’interno dei recipienti arricchisce la trama del vino e favorisce l’uniformità nella fermentazione, e quindi l’omogeneità nel mosto.»
 

 
 I «qvevri» georgiani simili alla «dolia» oggi sono patrimonio dell'Unesco  
Questo modo di vinificare romano, particolarmente in voga tra il II secolo avanti Cristo e il III e IV secolo dopo Cristo (prima che le botti in legno diventassero sempre più utilizzate) è sopravvissuto fino ad oggi, reincarnandosi in quello georgiano, che ne condivide molti aspetti tra cui il qvevri, recipiente estremamente simile alla dolia, i metodi e le procedure di fermentazione e che ha guadagnato lo status di Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità Unesco nel 2013.
La vinificazione romana, utilizzata dallo stesso team di ricerca di Gand nel corso dello studio, e che, anche se low-tech, oltre a garantire un controllo minuzioso su temperatura, umidità e acidità, permettendo quindi di decidere il sapore finale del vino nel dettaglio, permette anche di tracciare parallelismi tra la vinificazione moderna e quella antica così da «sfatare la presunta natura dilettantesca della vinificazione romana» come sottolineato dallo stesso Van Limbergen, insegnandoci di più sul mondo antico.

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Giuseppe Casagrande [email protected]

Il Bacco di Caravaggio si può ammirare alla Galleria degli Uffizi di Firenze.