Il progresso della radioterapia oncologica – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con la dottoressa Valentina Vanoni, direttrice dell’Unità Operativa di Radioterapia Oncologica presso l’Ospedale Santa Chiara di Trento

Il TSRM di Radioterapia.
 
Parliamo oggi del progresso della radioterapia oncologica che consiste nell’uso di radiazioni ad alta energia per distruggere le cellule tumorali, cercando al tempo stesso di preservare il più possibile le cellule sane.
Il radioterapista oncologo è sempre stato una figura chiave nella lotta ai tumori e il suo profilo sanitario si è evoluto molto negli ultimi decenni. La terapia radiante per la cura dei tumori infatti si basa sull’utilizzo di macchine, gli acceleratori lineari, molto più sofisticate rispetto a vent’anni fa.
Oggi, i dati mostrano che molti più tumori vengono guariti rispetto al passato anche grazie all’associazione di più modalità terapeutiche: chirurgia, radioterapia e oncologia medica.
La gestione del paziente in cui c’è un’indicazione alla radioterapia richiede l’esperienza e la competenza di un medico che riesca a tutto tondo a prendere in carico il paziente e a impostare il programma terapeutico. In questo caso la terapia radiante, lo curi e, dopo la guarigione, lo segua nel follow-up.
Inoltre, proprio grazie al miglioramento della cura dei tumori che prevede molti più pazienti guariti per molto più tempo, l’attenzione del medico deve essere posta sugli effetti collaterali dei trattamenti e conseguentemente sulla qualità di vita dei pazienti.

L’evoluzione tecnologica in ambito radioterapico degli ultimi anni è volta anche a questo aspetto.
Oggi il radioterapista deve essere quindi, un bravo diagnosta, un ottimo radiobiologo, un esperto della terapia radiante ma anche un oncologo competente.
L’attività di radioterapia richiede comunque l’interazione di molteplici professionalità, medici, tecnici radiologi e infermieri. Si tratta di un lavoro di squadra dove ogni elemento è di fondamentale importanza per cercare di raggiungere l’obiettivo: la cura del paziente.
Noi per saperne di più abbiamo intervistato la dott.ssa Valentina Vanoni Direttrice dell’Unità Operativa di Radioterapia Oncologica presso l’Ospedale S.Chiara di Trento.
Il reparto anche in questo periodo di emergenza Covid garantisce sempre la continuità delle cure dei pazienti oncologici.
Si tratta di uno sforzo importante di tutti i medici, sanitari, tecnici e amministrativi che permettono di continuare ad erogare le prestazioni assistenziali con standard di elevata sicurezza per i pazienti e per il personale in servizio.
 

La dottoressa Valentina Vanoni.
 
Dottoressa Vanoni ci parla del suo ruolo di direttore della U.O. di Radioterapia Oncologica del l’ospedale di Trento? Ci presenta il suo reparto?
«La Radioterapia Oncologica di Trento (in origine di Borgo Valsugana) riveste un ruolo di tutto rispetto nella storia della radioterapia essendo stata il primo centro in Europa che ha trattato pazienti nel lontano 1953.
«Il personale che collabora alla buona riuscita dei trattamenti è costituito da 9 medici compresa la sottoscritta, 16 TSRM (tecnici di radiologia che sono specializzati nell’esecuzione di trattamento di radioterapia), 4 fisici medici dedicati e 4 infermieri specializzati nella gestione dei pazienti oncologici.»
 
Quanto è cambiata la radioterapia nel corso degli anni?
«È molto cambiata. Le innovazioni tecniche e tecnologiche della radioterapia unite agli sviluppi dei nuovi farmaci oncologici ci hanno portato ad avere un approccio molto diverso con i pazienti; non tanto per i pazienti che da sempre abbiamo potuto guarire ma per gli altri, che in passato potevano essere considerati inguaribili ai quali ora possiamo prospettare spesso un futuro lungo (e roseo aggiungerei) in una sorta di cronicizzazione della malattia oncologica.»
 
Trattandosi di un ramo medico molto tecnico, immagino che la tecnologia abbia giocato un ruolo determinante negli ultimi anni. È così?
«Le tecniche di trattamento hanno subito notevoli sviluppi a partire dall’inizio degli anni 2000 quando si è passati da tecniche cosiddette tridimensionali (3D) a tecniche a intensità modulata (IMRT e VMAT).
«In parole povere con le tecniche di un tempo si cercava di colpire la malattia non potendo evitare i tessuti sani circostanti al tumore e dando così effetti collaterali a volte importanti.
«Ora, con le nuove tecnologie è possibile ridurre al minimo l’irradiazione dei tessuti sani, evitando così i temuti effetti collaterali cronici del trattamento.»
 

Il macchinario.
 
Che tipo di macchinario è attualmente disponibile nel suo reparto?
«Al momento utilizziamo 4 acceleratori lineari  (LINAC) e possiamo offre ai pazienti anche trattamenti di brachiterapia prostatica e ginecologica.»
 
Che cos’è la radioterapia e qual è il suo scopo?
«La radioterapia è in generale un trattamento oncologico che utilizza radiazioni ionizzanti, la radioterapia con fotoni utilizza raggi X, come quelli utilizzati in TAC per esempio ma ad energia molto maggiore e maggiormente focalizzati.»
 
Per quali patologie è indicata e in quali casi è sconsigliata?
«Si utilizza per una moltitudine di patologie, da sola oppure in associazione a chirurgia e oncologia. Le più frequenti sono le neoplasie della mammella e della prostata ma svolge un ruolo importante anche nelle neoplasie otorinolaringoiatriche, del gastroenterico (soprattutto neoplasie rettali), polmonari, ginecologiche, cerebrali…
«Insomma può esservi un ruolo della radioterapia quasi per qualsiasi patologia. Non è però un trattamento privo di effetti collaterali per cui vanno valutate bene l’età, le patologie associate e le condizioni generali del paziente al fine di porre indicazione al trattamento in un’ottica di personalizzazione delle cure.»
 
In che cosa consiste? È dolorosa?
«Il paziente viene posizionato sul lettino di terapia dove dovrà rimanere immobile per qualche minuto. Vedrà solo questa specie di braccio meccanico che gira intorno per erogare il trattamento. Quindi di per sé non è affatto dolorosa.»
 

Medici ed infermieri del reparto.
 
Quali sono gli effetti collaterali di cui parlava?
«Gli effetti collaterali variano a seconda della sede che andiamo a irradiare e derivano appunto dall’infiammazione dei tessuti sani circostanti la lesione. Tipicamente per il trattamento di neoplasie al seno si vedrà un arrossamento della cute irradiata e gonfiore ma la severità degli effetti è abbastanza soggettiva.»
 
Spesso i pazienti combinano cicli di radioterapie con l’intervento chirurgico. Come mai?
«I tumori sono spesso infidi, a volte abbiamo bisogno di armi diverse per poterli debellare completamente, quindi combiniamo radioterapia, chirurgia e farmaci oncologici proprio per avere maggiori probabilità di guarigione.»
 
Sappiamo che l’approccio multidisciplinare nella presa in carico globale di un paziente oncologico è un requisito fondamentale dei centri oncologici d’eccellenza. Quanto sono importanti professionalità e competenze del radioterapista all’interno del team e nel rapporto con il paziente?
«L’approccio multidisciplinare è fondamentale. La decisione di terapia viene ormai sempre presa da un team multidisciplinare che comprende diversi specialisti garantendo così la miglior strategia di cura.
«Inoltre la radioterapia stessa comprende diverse professionalità: il medico si occupa dell’aspetto clinico del trattamento e segue il paziente nel corso di tutta la malattia, il fisico sanitario studia la dosimetria personalizzata per ogni singolo trattamento, i TSRM eseguono materialmente il trattamento all’acceleratore e gli infermieri di radioterapia mantengono un contatto diretto con i pazienti durante il corso della terapia.
«Si crea un legame forte con il paziente, che spesso si presenta da noi tutti i giorni per anche 6-7 settimane e spesso condivide con noi ansie, preoccupazioni, speranze.»
 

Fisici sanitari.
 
I pazienti oncologici hanno maggiori probabilità di contrarre il Covid-19? E come è possibile assicurare il proseguimento delle terapie salvavita per tutte le persone colpite da cancro?
«Il problema non è tanto la probabilità di venire infettati quanto l’evidenza che la terapia oncologica nei pazienti affetti da Covid-19 sia meno efficace. Non può però essere dilazionata in quanto terapia salvavita.
«Quindi l’unica soluzione per i pazienti oncologici è quella di cercare di non ammalarsi di infezione da Covid-19 seguendo scrupolosamente le regole per ridurre il contagio (mascherina, lavaggio mani e distanziamento) ma anche limitando il più possibile i contatti sociali.
«Questa purtroppo è un’arma a doppio taglio in quanto in periodi della vita in cui si sta combattendo una grave malattia la vicinanza delle persone care può essere di grande aiuto.»
 
Quanti sono i pazienti in cura presso il vostro reparto?
«Trattiamo circa 1.000-1.200 pazienti/l’anno.»
 
Come siete organizzati e come avete affrontato l’emergenza sanitaria da Covid-19?
«Come dicevamo, la nostra è una terapia salvavita quindi non è stato possibile sospendere i trattamenti. Sono state necessarie molta attenzione e accuratezza nell’utilizzo dei presidi di protezione individuale, soprattutto da parte dei TSRM e infermieri che sono in prima linea, veramente sempre a contatto con il paziente e anche da parte dei pazienti stessi nel riferirci eventuali sintomi Covid-relati.
«Comunque abbiamo continuato e continuiamo tutti a lavorare con molta attenzione ma non facendoci spaventare da questo virus.»
 
Cosa ci riserverà il futuro in capo delle radioterapie oncologiche?
«Il livello raggiunto fino a questo momento è davvero entusiasmante, esistono nuovi campi in fase di esplorazione quali nuovi acceleratori con risonanza magnetica o PET integrate nonché sistemi che permettano l’erogazione di dose detta FLASH (ultra-high dose rate) con ma penso che le maggiori soddisfazioni nel futuro prossimo le potremo avere dall’integrazione con i farmaci di immunoterapia.»
 
Nadia Clementi - [email protected]
Dr. Valentina Vanoni - [email protected]
Direttore Struttura Complessa di Radioterapia Oncologica Ospedale S.Chiara Trento
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