Mosca: riunione di volpi, danni di galline – Di Cesare Scotoni
Il vertice Putin - Xi Jinping dimostra che le ostilità fanno da collante tra Cina e Russia: dedollarizzazione e spostamento del baricentro nel Pacifico
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Dunque sta accadendo. Dopo l’avvio, da ben oltre un decennio, di una spinta nell’ambito dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) verso la progressiva dedollarizzazione di una parte delle transazioni commerciali sulle Materie Prime tra quei Paesi, con l’individuazione di un paniere di valute di riferimento e il ricorso ripetuto all’oro fisico negli scambi, il parziale stop imposto dall’emergenza Covid all’export europeo verso la Cina ed il successivo ridursi dell’export tedesco verso la Federazione Russa in conseguenza dei diversi pacchetti di sanzioni dell’Unione Europea verso quel soggetto geopolitico hanno cassato gran parte delle ambizioni della BCE ad essere di riferimento al di mondiali.
In particolare le confische dei conti e dei beni di soggetti ed imprese russe in Europa, proposte da Draghi in modo del tutto dissennato, stando l’inesistenza di uno stato di belligeranza tra l’Unione Europea e la Federazione Russa, hanno demolito la credibilità di quelle banche europee dove prima si concretizzavano le transazioni sulle Materie Prime continentali in Europa.
Nel frattempo i fornitori han preteso di essere pagati in rubli e quella valuta si è trovata sostenuta proprio da quell’export verso l’Europa, che è sempre proseguito attraverso le «pipelines» precedentemente penalizzate dal NorthStream, ora distrutto (pare dalla NATO) per la tranquillità di alcuni dei partners.
L’Unione Europea a guida Franco-Tedesca marginalizzata in casa propria, come già sul Kossovo, la moneta unica europea che si ritrova come valuta regionale e la visita del Presidente cinese a Mosca per ribadire una volta di più che, se prima le materie prime russe avevano fatto grande la Germania manifatturiera e la sua bilancia commerciale ora quelle stesse risorse, indirizzate su Cina ed India, cambiano in via definitiva gli equilibri geopolitici globali, lasciando che l’Unione Europea resti in una posizione ancillare nell’ambito della NATO.
Incapace di quell’iniziativa che ora Pechino pretende, affinché le tecnologie che fecero grande l’Europa Manifatturiera (che consisteva di 3 Paesi), riprendano a rafforzare la crescita dei BRICS senza ulteriori dilazioni.
Da Mosca oggi i due principali partners commerciali dell’export tedesco stan chiedendo a Berlino di battere un colpo e recuperare quel ruolo di leadership che, fra i tanti nani che per due decenni le fecero da sfondo, la Cancelliera Merkel esercitava con successo.
L’errore di Angela fu il tradire Roma sulla Libia, ma l’errore di Roma fu precedente e consistette nel rinunciare al Progetto di Pratica di Mare.
Ma ora bisogna uscirne, o rinunciare all’ambizione di essere un’Europa di Pace.
Se l’asse Parigi-Berlino-Mosca resta un sogno vecchio di due secoli e mezzo, un’asse Berlino-Mosca-Pechino è un incubo. E non solo a Washington.
Eppure la manifestazione di questi giorni a Mosca quello propone, l’esibizione di chi fa sapere che il Mondo resta multipolare al di là delle facili narrazioni e che l’alternativa è la Guerra.
Non esiste più una Pax Americana. Afganistan, Siria, Libia ed ora Kiev, sono scommesse già perse, da delle leaderships votate al passato.
Messaggio Forte e Chiaro. E noi? Noi che in un’Europa di Pace abbiam creduto per almeno un paio di decenni? Dove le guerre eran travestite tra terrorismi e interventi umanitari?
Noi abbiamo bisogno che London torni in Europa. Con i suoi interessi ed il suo atlantismo, a bilanciare ciò che ora, non domani, rischia di infrangere le ambizioni su cui tanti hanno investito.
Potenza marittima che trova una volta di più nell’Italia il presidio del Grande Mediterraneo e delle sue rotte.
La nostra forza. Oggi di più. Anche se forse il Mare Nostrum sarà meno nostro.
Il 1916 è meno lontano di quanto sembri ed è dalla rottura degli equilibri di Sykes-Picot che troppi delusi ci hanno regalato tante guerre per procura perché si possa pensare di restare vittime del provincialismo tedesco.
L’accordo del Quirinale firmato da Mattarella durante l’ultimo Governo Draghi e l’assenza di un ambasciatore USA a Roma non lasciano presagire per un Governo Meloni che vuole e deve essere ambizioso, facili vie.
Se l’idea è che si possa prendere, una volta di più, il sacco in cima, quei due signori a Mosca han detto chiaro ad una parte dei commensali che per loro non c’è alcun invito e che forse sono pure la pietanza.
Finché gli Stati Uniti vivranno la loro crisi di Democrazia, non sarà quella la sponda dell’Atlantico su cui far conto.
Non mentre il baricentro si è spostato sul Pacifico.
Cesare Scotoni