Confronto fra giovani «start upper» di successo

Startup di successo e venture capital come leve per ridurre le disuguaglianze

Forse è da ricordare che la mortalità delle start-up supera il 95% del totale, per cui se è giusto assistere a un confronto tra start upper di successo, non sarebbe stato male attivare una tavola rotonda tra quelli che invece non ce l’hanno fatta.
Dai loro errori ci sarebbe stato tanto da imparare.

C'è il caso di Luca Benatti, amministratore di una startup nel campo farmaceutico, che è riuscito a produrre un nuovo farmaco per combattere il Parkinson, oppure l'esperienza di Paola Marzario che nel 2012 ha creato un'azienda che ha come scopo quello di portare le imprese del settore fashion nel mercato online e oggi lavora con i più grandi brand internazionali, oppure l'avventura di Ugo Parodi Giusino, partito dalla spiaggia di Mondello in Sicilia con una startup per produrre, gestire e distribuire i video su internet e oggi, grazie a un finanziamento iniziale di capital venture pari a 650.000 euro, ha creato una piattaforma che coinvolge 800 milioni di perone in tutto il mondo.
Sono i giovani «start upper» che si sono confrontati oggi presso la Facoltà di Sociologia di Trento, per capire come startup e capital venture possano diventare leve di sviluppo.
Partire, mettersi in moto, con una nuova idea che diventa poi una nuova impresa, questo è il significato del termine inglese «startup» ormai entrato nel comune linguaggio dell'economia.
Ma un'idea, per trasformarsi in un'impresa, ha bisogno di un capitale ed ecco che entra in gioco il «venture capital» ovvero il capitale di un finanziatore che investe per sostenere la crescita di una nuova azienda, convinto delle potenzialità di sviluppo dell'idea che sta alla base del tutto.
 
Alcuni protagonisti di queste esperienze, di successo, nel settore delle startup, si sono confrontate oggi al Festival dell'Economia. Secondo l'economista Innocenzo Cipolletta, presidente dell'Università di Trento, le startup sono il luogo dove le idee si concretizzano e possono determinare alcuni rovesciamenti sociali.
«Le grandi imprese – ha detto Cipolletta – non riescono ha produrre innovazione, perché in un certo senso l'innovazione è "eversiva" e rischia di determinare un sovvertimento delle posizioni acquisite, per questo le startup possono essere un elemento di crescita per il Paese e anche una fattore di mobilità sociale, perché attraverso una buona idea, ben finanziata, qualcuno può emergere e salire la scala sociale.»
 
L'investimento sulle startup è un po' mancato negli ultimi anni in Italia, è stato detto nel corso del dibattito, ma adesso grazie anche al sostegno delle istituzioni, le cose stanno migliorando.
«Esistono grandi opportunità – ha detto Massimiliano Magrini di United Ventures – a patto che chi apre una startup, abbia l'ambizione di crescere e diventare grande.
«Il venture capital – ha aggiunto Andrea Di Camillo di P101 – può garantire il ricambio della classe imprenditoriale italiana e questo può avvenire anche in tempi molto rapidi.»