«In Italia informazione a rischio. Occorre mobilitarsi compatti»

L’intervento del segretario generale Fnsi, Raffaele Lorusso all’ultimo giorno di lavori del 28° Congresso Fnsi,a Levico Terme

«Ringrazio tutti per la qualità del dibattito offerto in questi giorni, salvo qualche evidente caduta di stile.»
Ha detto il segretario generale della Fnsi Raffaele Lorusso, aprendo la replica conclusiva agli interventi dei delegati al 28° Congresso nazionale della Stampa italiana.
«Si può criticare tutto, ma libertà d'espressione non significa libertà di insultare.»
«Ribadisco – ha proseguito – che la scorta non è un privilegio e i colleghi a cui è stata assegnata ne farebbero volentieri a meno.
«Chi ha sollevato polemiche in merito, dovrebbe semplicemente scusarsi.»
 
«Mai come in questo momento – ha detto ancora – dobbiamo interrogarci su dove stiamo andando noi e il Paese.
«La libertà di stampa in Italia è a rischio e il governo non perde occasione per delegittimare la nostra categoria agli occhi dei cittadini.
«Un chiaro esempio di questo sono i recenti attacchi dalle istituzioni alla stampa, accusata di non aver seguito nel modo giusto il festival di Sanremo.»
 
Viviamo in un contesto internazionale dove dobbiamo tenere conto di dove stiamo andando noi e il Paese stesso.
«Anche per questo – ha spiegato Lorusso – è difficile parlare di lavoro con un governo che nei confronti delle forze sociali ha un atteggiamento di avversione.
«Anche a chi ha amministrato prima, in particolare all'onorevole Luca Lotti - che ringraziamo per averci almeno ascoltato e per aver messo in campo risorse per gli sgravi pubblicitari e per favorire l'uscita anticipata con i prepensionamenti - abbiamo contestato il fatto che le misure fossero indirizzate alla distruzione del lavoro, senza quindi obblighi per le aziende ad adottare una strategia per il ricambio generazionale e per creare nuova e buona occupazione.»
 
Per il segretario generale uscente, «urge un nuovo confronto serio dove ognuno rispetti il ruolo dell'altro.
«Rimane poi aperto – ha rilevato – il confronto con gli editori con un contratto da riprendere e portare avanti. Maggiore precarietà e appalti esterni senza rispetto delle regole significano tornare indietro.
«L'innovazione va declinata sulle nuove piattaforme, con nuove mansioni e una rinnovata visione sul futuro della professione.
«Va riconosciuto che il lavoro del giornalista è usurante, con retribuzioni sempre più basse e sviluppato su più ambiti da ricoprire contemporaneamente.
«Ecco perché serve un rinnovato confronto con gli editori e una presa di posizione chiara da parte dei direttori.»
 
La nostra categoria, ha proseguito Lorusso, «si salva se ci riconnettiamo con il Paese, con le forze sociali e civili sul territorio.
«Dobbiamo mettere il noi davanti agli interessi personali, specialmente in un momento storico come quello attuale dove, qualora passasse la proposta di legge sulla rappresentanza, il nostro ruolo e la nostra forza sarebbero fortemente a rischio.
«Dobbiamo portare avanti un'idea d'inclusione anche di tutti i colleghi che lavorano nel nostro settore. Rimettiamo al centro la nostra memoria condivisa, per lottare compatti verso un'unica direzione.»
 
«Non va dimenticata un’altra forma di minaccia ai cronisti, subdola, ma non meno pericolosa, – ha ricordato Raffaele Lorusso. – È quella costituita dalle cosiddette querele bavaglio e dalle richieste di risarcimento in sede civile a mero scopo intimidatorio.
«Se i magistrati e i pubblici ufficiali hanno l’obbligo di tutelare il segreto istruttorio, è dovere dei giornalisti pubblicare tutte le notizie che hanno una rilevanza sociale. Quelle notizie, cioè, la cui pubblicazione è essenziale per soddisfare il diritto dei cittadini ad essere informati.
«Anche su questo punto, l’indirizzo della Corte europea dei diritti umani è chiaro e inequivocabile: i giornalisti hanno il diritto-dovere di pubblicare le notizie che hanno rilevanza per l’opinione pubblica, anche quelle coperte da segreto. Per gli enti della categoria si pone il problema della coerenza tra pensiero e azione.»