Per Matteo Renzi un plebiscito vero e proprio: cambierà l'Europa
Rappresenta la terza generazione del PD e le nuove generaziono finora dimenticate dai tecnocrati europei
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Comunque la si voglia vedere, per Matteo Renzi è stato un plebiscito.
Partito alla carica quando ha corso alla segreteria del PD, non si è più fermato. Si è sostituito a Enrico Letta ha avviato le riforme.
Poi ha guardato all’Europa e l’ha conquistata.
Come si può spiegare e cosa può significare questo successo è presto detto.
Anzitutto, Matteo Renzi è giovane. Il che non è soltanto un fatto di età, ma significa l’appartenenza alla Terza generazione del PD. Il Partito democratico, nato dalla fusione degli antichi avversari storici DC e PCI, non aveva mai smesso di litigare al suo interno.
Per quanto appartenessero entrambi «allo stesso ceppo» (parole di D’Alema), le antiche rivalità ideologiche e funzionali non avevano mai cessato di esistere.
Renzi, invece, incarna appunto la terza generazione, quella che non è né comunista né democristiana. È un democratico e basta.
Quello che deve fare lo fa e basta, indipendentemente della collocabilità politica storica.
Per secondo, Renzi ha puntato tutto sulle riforme, senza le quali il suo stesso governo potrebbe essere messo in difficoltà.
La gestione del potere va rivista in tutti tre i campi dello Stato, legislativo, esecutivo e giudiziario.
Non è stato l’unico a pensarlo, né a volerlo. Prima di Lui Letta e prima ancora Berlusconi.
Berlusconi ha trovato l’intransigenza dello stesso PD che adesso appoggia le riforme di Renzi. Letta ha trovato l’intransigenza di tutta la sua maggioranza, che faceva fatica a stare insieme già senza spinte dall’esterno.
Renzi invece ha tutto il PD dalla sua (è stato eletto segretario a larghissima maggioranza) e non ha trovato l’intransigenza di Berlusconi, che evidentemente è più democratico del vecchio Partito democratico.
In altre parole, «Renzi lo fa perché può farlo».
Il terzo punto sta nella sua visione dell’Europa.
Già durante la campagna per la segreteria del Partito Democratico era stato chiaro in merito.
«L’Europa ci pone dei limiti inaccettabili? – Aveva detto nel suo intervento a Trento. – E allora andiamo in Europa a cambiarli!»
Insomma, Renzi rappresenta la voglia di riforme anche in Europa e il paese ha capito che il leader del PD potrebbe proprio realizzarle per i motivi suddetti.
Tra un po’ comincia anche il semestre europeo italiano, quello in cui il nostro Presidente del Consiglio guida un po’ tutti i Governi d’Europa. Noi siamo certi che lascerà ben più di una traccia, a partire proprio dalle condizioni di austerità che hanno messo in ginocchio, con la mancata ripresa, l’occupazione di tutti. In primis quella giovanile.
L’Europa è degli Europei e non degli Stati europei. Renzi l’ha capito e sarà il primo a riportare in carreggiata il sogno di De Gasperi, Schuman e Adenauer, che i tecnocrati della UE hanno ciecamente depistato.
Guido de Mozzi