«Creatività nuova leva di sviluppo industriale»

I dati presentati da Ivan Lagrosa e le considerazioni di Irene Tinagli e Pier Luigi Sacco

 

Ammonta a 47 miliardi l’anno in Italia, pari al 2,9% del Pil, il valore economico dell’industria creativa e culturale in base a un’indagine condotta dal network Ernst&Young nel 2014.


Di questi l’ 86% è prodotto in maniera diretta. Un tasso che supera quello del settore delle telecomunicazioni, di poco inferiore a quello dell’industria automobilistica.
È occupato nell’economia della creatività un milione di persone, pari al 4% della forza lavoro del nostro Paese.
Una cifra di poco distante dal tasso di occupazione nel settore delle costruzioni e dell’accoglienza e ristorazione. Inoltre il settore dell’industria creativa ha un altissimo tasso di capitale umano.
A fornire questo dati è stato Ivan Lagrosa,coordinatore del Centro per l'Eccellenza e gli Studi Transdisciplinari (CEST) di Torino, promotore dell’incontro La mappa della creatività.
Tra gli 11 settori dell’industria creativa, indagati da Ernst &Young, Lagrosa ha evidenziato che quello delle arti visive dà lavoro a 240.000 persone in Italia, e che la sezione di tv e home entertainment, in particolare, genera più valore in assoluto con 12,2 miliardi di euro di fatturato nel 2014.
Il 41% degli occupati dell’industria creativa e culturale è formato da giovani tra i 15 e i 39 anni. Nel 37% di questi il gap di genere è assente e per il 46% sono donne sia in Italia che in Europa.
Con l’avvento del digitale sono emerse anche nuove figure professionali: creatori di app, web blogger, youtuber, sociale planner.
 

 
Lì dove ci si può esprimere liberamente al di là degli stili di vita tradizionali, scardinando anche le regole del lavoro al desk dalle 9 alle 17, l’indice di creatività è più alto.
Ad affermarlo è stata l’economista e parlamentare Irene Tinagli sulla scorta di un’indagine condotta negli Stati Uniti nel 2011 sui dati occupazionali e mirata a verificare le diverse tipologie di lavoro e quanto di creatività vi fosse contenuta.
Inoltre nell’indagine veniva considerato anche il tasso richiesto di talento nel trovare soluzioni innovative a contesti complessi.
L’indagine di Tinagli rientrava nell’ambito delle nuove teorie dell’urbanista americano Richard Florida, che ha inventato il nuovo indicatore sociale di «classe creativa» riferito alla fascia di persone impegnata in lavori diversi fra loro. In questo ambito un altro indicatore, quello della «tolerance», è stato determinante che capire cosa potesse stimolare la creatività.
Questo indicatore evidenziò che più un luogo permetteva alle persone di vivere esprimendo se stessi al di là dei canoni tradizionali più si verificava un tasso maggiore di creatività.
Legato a questo un altro indicatore: il «gay index».
«Scoprimmo una forte correlazione – ha affermato Tinagli – tra il gay index e la creatività. Un’indagine ripetuta anche in Europa che confermò la forte correlazione tra il fatto di sentirsi liberi di vivere con uno stilemi vita non stereotipato creava un’onda di creatività diffusa.
 
«Creatività e produzione industriale grazie all’avvento del digitale non sono più in antitesi.»
È quanto ha sostenuto Pier Luigi Sacco, docente di economia della cultura allo Iulm.
«Oggi tutti sono nelle condizioni di produrre contenuti creativi – ha osservato Sacco – diventando co-creatori e abbattendo la forte distinzione tra chi produce e chi fruisce.
«I modelli tradizionali dell’industria culturale sono scardinati grazie alla diffusione ampia di contenuti culturali che a sua volta favorisce una fruizione sempre maggiore.
«Così più si fruisce, più si afferma un nuovo modo di produrre contenuti culturali basato sul valore della più ampia partecipazione.
«Oggi i Paesi più efficaci nell’innovazione sono quelli che sono in grado di diffondere la capacità di partecipare.
«Per Luciana Lazzaretti, docente di Economia e gestione delle imprese all’università di Firenze, anche l’attrattività del territorio gioca la sua parte nel favorire la funzione di leva di sviluppo della creatività.
«Più un territorio presenta centri specializzati, dalla ricerca all’innovazione sociale, più è in grado di attirare nuovi talenti, più l’industria creativa diventa remunerativa.
«Al di là dei luoghi comuni che la mettono in contrapposizione con il profitto economico.»