Storie di donne, letteratura di genere/ 382 – Di Luciana Grillo
Natalie Haynes, «Il canto di Calliope» – Iliade. Si esalta il coraggio delle donne, non ci sono solo lamenti, ma anche forza, energia e... resilienza»
Titolo: Il canto di Calliope
Autrice: Natalie Haynes
Traduzione: Monica Capuani
Editore: Sonzogno 2021
Pagine: 320, Brossura
Prezzo di copertina: € 18
Chi da giovanissimo/a ha studiato l’Iliade ed ha parteggiato per i Troiani o per i Greci, tifando per Ettore o per Achille, se prende tra le mani questo libro, non lo lascia finché non arriva alla fine.
I protagonisti sono ben noti, così come le vicende: dal cavallo di Troia che scatena discussioni tra chi vuole portarlo dentro le mura e chi invece ne ha paura, alle donne troiane in attesa di essere ridotte in schiavitù dopo aver perduto il padre, il marito, il figlio… «Le donne aspettavano, inermi e distrutte. Cosa succede dopo la fine del mondo?... Andromaca aveva sposato Ettore ed era diventata una di loro. Il suo bimbo le poggiava la testa sul petto… Quando finisce una guerra, gli uomini perdono la vita. Le donne perdono tutto il resto».
Creusa muore prima di arrivare al mare, Teano convince il marito a tradire, Priamo si rabbuia al pensiero della morte di Ettore, Cassandra vede parla grida e sua madre Ecabe la minaccia: «Sta’ zitta, o ti taglio la lingua con le mie mani», Pentasilea, l’amazzone, uccisa da Achille, «cade in ginocchio. La testa di Pentasilea si piegò all’indietro, e il suo elmo cadde a terra. Solo allora il più grande guerriero vivente si accorse di aver ucciso una donna. Provò un improvviso moto di vergogna».
Penelope – moglie inconsapevole di un vincitore, Ulisse – gli scrive lunghe lettere, gli ricorda che «sono davvero trascorsi dieci lunghi anni da quando salpasti da Itaca… Mi sembra impossibile che tu sia lontano da così tanto tempo. Non hai mai visto tuo figlio camminare, non l’hai ma sentito parlare, non l’hai mai guardato dondolarsi dai rami bassi del vecchio pino… Sei stato via troppo a lungo, Odisseo, ed è ora di tornare a casa».
Poi, passato un anno, scrive ancora: «Dicono che hai spiegato le vele da Troia… dicono che sei in trappola» e racconta di Polifemo e dell’accecamento, e firma: «Tua moglie, che ti ama».
In un’altra lettera, Penelope constata che «tutti i poeti cantano il coraggio degli eroi e la grandezza delle vostre imprese: è uno dei pochi elementi della vostra storia su cui sono concordi. Ma nessuno canta il coraggio richiesto a quelle di noi che sono state lasciate a casa… Aspettare è la cosa più crudele che io abbia mai sopportato. E’ come un lutto, ma senza alcuna certezza».
Dunque, Penelope esalta il coraggio delle donne, non ci sono solo lamenti, ma anche forza, energia, capacità di resistere alle umiliazioni.
E Criseide ne è una prova, quando ricorda: «le mani dei padroni, gli sguardi lascivi, le risate beffarde…», come Briseide che «lavò Patroclo, e lo vestì con i suoi indumenti più pregiati. Per quell’uomo, suo rapitore e padrone, poté fare ciò che non le era stato concesso per suo marito. Ma non pianse. Non pianse quando Patroclo fu posto sulla pira funeraria. Né pianse quando Achille, furioso come un leone privato del suo cucciolo, tornò in battaglia per vendicare l’amico morto… E non pianse quando Achille tornò dal campo di battaglia con un cadavere massacrato legato alle ruote del carro, dopo aver trascinato per tre volte il corpo di Ettore intorno alle mura della città….Tre sere dopo, era in ascolto quando l’anziano re di Troia…venne a supplicare Achille di restituirgli le spoglie del figlio…Dopo così tanto tempo in cui aveva trattenuto le lacrime, Briseide non pensava che i suoi occhi ricordassero come fare. Ma molti giorni dopo, davanti alla pira funeraria di Achille…allora sì, pianse. E pianse per tutti tranne che per lui».
Anche Teti, la madre di Achille, piange per il figlio perduto, e le sue lacrime «si mescolarono con l’acqua di mare».
Quante donne vittime della guerra di Troia! Haynes non le dimentica, ci fa ritrovare Ifigenia, Cassandra, Elena, Andromaca, Clitennestra. Di tutte, parla, anzi canta Calliope, a tutte dà voce…e si ribella a Omero:
«Se mi chiede un’altra volta di cantare, credo che potrei dargli un morso. È incredibile la presunzione di questi uomini...
Cantami, o Musa, ha detto, e io ho cantato.
Ho cantato di eserciti e ho cantato di uomini.
Ho cantato di dèi e mostri, ho cantato di storie e menzogne.
Ho cantato di morte e di vita, di gioia e di dolore.
Ho cantato di vita dopo la morte.
E ho cantato delle donne, le donne nell’ombra. Ho cantato di chi è stato dimenticato, ignorato, non raccontato.»
«Hanno aspettato che si raccontasse la loro storia, e io non le farò più aspettare…
La storia delle donne sarà raccontata, qualunque sia il tempo che ci vorrà. Io sono senza età, immortale: per me il tempo non ha importanza».
Luciana Grillo – [email protected]
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