Seconda conferenza stampa: Petrini, Van Winden e Benabou

Crisi, ritorno alla terra e psicologia di massa. Per tutti, comunque, il demone è l'avidità



Roland J.M. Benabou, Frans Van Winden e Carlo Petrini (nell'ordine, da sinistra, nelle foto) sono intervenuti stamattina alla conferenza stampa al palazzo della Provincia per presentare i temi dei rispettivi appuntamenti. Presente durante la parte iniziale anche Giuseppe Laterza.
Petrini ha ricordato che il progetto «Terra madre» dall'ottobre dell'anno scorso ha già creato 200 orti didattici, indirizzati far conoscere le modalità di produzione e coltura sostenibile di semi e frutta. «Contiamo di realizzarne altri 300.»
Una prospettiva interessante che ha avuto una notevole amplificazione mediatica dopo che, sempre tramite «Terra Madre», Michelle Obama ha realizzato l'orto bio nel giardino della Casa Bianca.
«Serve un ritorno alla terra, per la costituzione di una globalizzazione virtuosa che influenzi gli stili di vita - ha detto Petrini - e al recupero di un nuovo Umanesimo e a quel senso della misura che pure aveva dato origine ad uno dei più meravigliosi momenti di progresso dell'Umanità.»

Successivamente ha parlato il prof. Frans Van Winden.
«Non va dimenticato - ha detto introducendo il tema "Perché dobbiamo fidarci degli stranieri?" - che in economia non si può sottovalutare il ruolo delle emozioni. La diffidenza verso gli altri è un segnale di un preciso processo psicologico che va compreso e ricostruito al fine di creare una catena che ci porti a prenderci cura ed a fidarci vicendevolmente.»
Van Winden ha anticipato qualcosa della sua relazione in programma domenica pomeriggio al palazzo della Provincia autonoma di Trento. Parlerà delle dinamiche legate alla «gratitudine» e alla «diffidenza» e di come la «neuroscienza» possa sondare questi ambiti, per arrivare infine a comprendere a livello macroscopico le relazioni fra uomini e fra banca e cliente: un rapporto che la crisi ha minato alla base e che chiede ora di essere ricostruito, e che il professore delineerà meglio nella sua discussione di domani.

Ha infine introdotto il proprio argomento il prof. Roland Benabou che al Festival farà il punto degli studi sulla relazione fra economia/credito e le nuove forme di comunicazione e di influenza sui comportamenti di massa.
«È possibile - questa la domanda che sosterrà la conversazione - che lo sfruttamento dei meccanismi economici e dell'esuberanza irrazionale che ha causato la bolla speculativa, alla tara delle istanze di rimborso, porti a una ricostituzione della fiducia sia fra banche e massa che all'interno della massa stessa?»

Dopo la presentazione, abbiamo chiesto a tutti tre se «avevano previsto la crisi», esentando dal rispondere Carlo Petrini, che con l'economia non ha molto a che fare. E invece ha colto l'occasione per esprimere la propria soggettività, quasi che non attendesse altro.
«Solo un cieco non poteva attendersi la crisi. - Ha commentato. - Non si può vivere solo per sfruttare, depredare, arricchirsi, correre verso il demone dell'avidità, la vergogna dello spreco. Ma lo sapete che si getta la metà di quello che si porta in tavola? Prima invocavamo un ritorno all'umanesimo - ha ricordato. - Questo perché abbiamo per secoli considerato la natura la nostra prostituta. L'abbiamo usata e abusata. Adesso non dobbiamo meravigliarci se ci presenta il conto!»

Frans Van Winden e Roland J.M. Benabou hanno affermato di non aver previsto la crisi perché non era il loro compito.
«Però nessuno l'ha predetta. - Ha aggiunto il primo. - C'erano solo delle Cassandre che restavano inascoltate come il mitico personaggio.»
«Ma se non ci sono regole - ha aggiunto il secondo, - è inevitabile che si giunga a un punto di rottura, perché l'avidità è uno dei mali che accompagnano la condizione umana.»

Su questo spunto abbiamo chiesto di approfondire l'argomento «avidità» e il suo ruolo nella crisi che si sta attraversando.
«L'avidità è insita nell'uomo, - ha ricordato Van Winden. - Ed è alimentata dallesoddisfazioni che l'uomo riesce a raggiungere. Non può essere combattuta perché proprio perché parte integrante dell'essere imano. - Ha ripetuto. - Quindi non c'è che una cosa da fare: darle altri obbiettivi. Non è sbagliato il concetto del "Nuovo umanesimo" di cui ha accennato Petrini, - conclude indicando il collega, - perché se la gratificazione all'avidità venisse da valori umanistici invece che materiali, l'uomo riuscirebbe ad appagarsi senza fare danni.»

«L'uomo della strada ha continuato ad investire come se non ci fosse un plafond all'arricchimento. - Ha detto invece l'americano Benabou. - Il guaio è che gli operatori, i tecnici, la struttura che gestisce il credito, hanno continuato ad alimentare questa sete sfrenata verso la ricchezza. Naturalmente non hanno scusanti i professionisti, perché non possono dire "non potevamo immaginare che finisse così". Ma anche inq eusto caso la psicologia di massa ha avuto il sopravvento, Gli azionisti volevano guadagnare come gli altri istituti speculatori e hanno incentivato i propri manager a far soldi, e subito. È peculiare - conclude Benabou, tornando alla sua specializzazione nella psicologia comportamentale, - studiare i tratti psicologici che portano al predominio delle emozioni sulla razionalità calcolatrice. Il rischio è un tratto tutto da indagare, per recuperare il senso del limite delle nostre facoltà cognitive.»

Petrini ha voluto trarre le conclusioni, ribadendo che l'avidità va arginata proprio per ricercare questo limite, come stava già cuore del pensiero di San Benedetto.
«L'educazione al senso della vita e della felicità deve passare per la comprensione del limite, dal momento che storicamente e culturalmente è stato proprio questo pensiero a plasmare l'Occidente.»

A questo concetto, Benabou ha voluto però ricordare che per i Paesi orientali, soprattutto Cina e India, è prima necessario innalzare gli standard di vita: sono quelle le priorità su cui innestare, ma solo in seguito, le basi di un nuovo umanesimo.

GdM