La nostra Via Micaelica/ 3 – Di Elena Casagrande
Lasciata Alençon attraversiamo la contea della Perche, passando dai boschi della sua «Silva pertica», tra colline, fiumi, mulini e castelli sorprendenti
Il mulino di Bourdinière a Coudray-au-Perche.
Link alla puntata precedente.
Il caffè delle suore di Alençon si trasforma in un’occasione di riflessione
Alla casa natale di Santa Teresina le suore, saputo che siamo pellegrini italiani, ci invitano a bere un caffè fatto con la moka. Ci fanno accomodare in un salottino privato, come degli ospiti d’onore e, poco dopo, arrivano con un vassoio abbellito dal pizzo di Alençon, le tazzine di porcellana, la caffettiera e i biscottini. Si siedono con noi e cominciano a chiedere del cammino e della nostra famiglia. Così, chiacchierando, finiscono per offrirci una catechesi personalizzata.
«Ma faranno così con tutti?» – bisbiglio a Teo.
«Non credo, ma è stato bello» – mi risponde.
Poi iniziamo la visita vera e propria a casa Martin. Salendo le scale rimango sorpresa da una voce di donna: «Thérèse, Thérèse!» si sente in sottofondo. È Zélie che chiama la sua piccolina. Con questo effetto sonoro, gli arredi antichi e le suppellettili, sembra proprio di venire a trovare la famiglia. E che emozione quando le suore, a fine tour, ci salutano con un «arrivederci»!
La casa natale di Santa Teresina ad Alençon.
A Mamers riposiamo in chiesa prima di riprendere per il Normandy Country Club
I chilometri da fare sono parecchi per cui bisogna partire presto. Percorrendo il GR 22 passiamo da Saint Paterne-Le Chevain, con il suo castello, fino a Villaines-la-Carelle, tra campi e foreste. Gli alberi sono infestati dal vischio. A Saint-Longis niente pranzo: è troppo tardi.
Non ci resta che proseguire. Oggi abbiamo lasciato la regione della Normandia (e il Dipartimento dell’Orne) e siamo entrati in quella del Centro-Valle della Loria.
A Mamers ci riposiamo in chiesa, davanti al mercato coperto della città. Manca ancora molto per Bellême, dove Teo ha trovato da dormire al villaggio del campo da golf. Ci arriviamo a pezzi. Sembra tutto «morto». Il bar-ristorante interno al club è chiuso.
«Ma come è possibile?» – sbotta Teo col receptionist.
«Fuori giocano e c’è anche il Par 4 Golf Fitting Tour!»
Niente da fare: è il giorno di riposo.
«Vabbè» – dico a Teo. - «Mangeremo le scatolette che abbiamo negli zaini. Io non salgo in paese».
Verso il castello di Feugerets.
Ci salva dalla pioggia il museo etnografico ubicato nel Priorato di Sainte-Gauburge
Il mattino seguente diluvia. Dopo aver aspettato un’oretta in casa, quando l’acqua si fa più sottile, infiliamo la cappa: il nostro incubo. Se va bene si suda e ci si deve fermare per toglierla, se va male l’acqua riesce a penetrare comunque, per cui ci si bagna in ogni caso. Imbocchiamo delle stradine minori verso il Castello di Feugerets, oggi location per feste e matrimoni.
La strada continua poi fino ai villaggi di La Chapelle-Souëf e Saint-Cyr-la-Rosière. Sembrano paesi disabitati e i due bar che ci sono hanno le serrande abbassate.
Nel frattempo l’acqua comincia a farsi strada dai polsini delle maniche dei pile. Urge un riparo. Lo scoviamo in un lavatoio a lato strada, prima della salita per il «Prieuré de Sainte-Gauburge».
Il complesso religioso è sede dell’«Ecomusée du Perche» (il museo etnografico della contea della Perche).
Al suo interno possiamo asciugarci e bere qualcosa di caldo, al provvidenziale distributore automatico.
Al Priorato di Sainte-Gauburge.
Nogent-le-Rotrou è una cittadina turistica con tanti locali aperti fino a tardi
Sono esposti il torchio del sidro, gli alambicchi, le botti ed ancora le ceramiche, gli attrezzi agricoli, gli strumenti del carraio ed i vestiti tipici, con le cuffie bianche delle signore. E, nella chiesa sconsacrata, hanno allestito una mostra temporanea di fotografia. Terminati gli scrosci d’acqua possiamo avventurarci verso Préaux-du-Perche e, poi, sulla strada dipartimentale D 9, fino a Nogent-le-Rotrou, nel Dipartimento Eure-et-Loir.
L’entrata in città non finisce più ed oramai è quasi buio.
Vediamo tanti motociclisti. Noi dormiamo al Lion d’Or. Prima di entrarci mi intrufolo in un supermercato, per comperare qualcosa da stivare nello zaino. Ma l’imperativo resta cenare, visto che, dopo la scatoletta di tonno di ieri sera, non abbiamo mangiato altro.
Per fortuna c’è una «brasserie» (tavola calda) e Teo prenota per noi. Il castello lo vedremo domani.
Teo davanti al castello di Nogent-le-Rotrou.
Gli stagni ed i mulini sono una presenza costante di quest’angolo di Francia
Al risveglio il tempo è sereno. Saliamo al castello da un camminamento nel bosco. Gli scarponi scivolano, per via dell’acqua di ieri. Il mastio, in origine un forte del X-XI secolo, fu incendiato durante la guerra dei Cent’anni e venne poi trasformato, in epoca rinascimentale, con le due torri d’entrata e il corpo centrale. È maestoso e merita davvero vederlo prima di riprendere la strada D 9.
Passano molti camion e, quel che è peggio, non c’è una banchina.
Si marcia concentrati e, questo, sfianca. Cerchiamo un po’ di tranquillità allo stagno di Souancé-au-Perche. I pescatori sono già in azione. Peccato solo per il vento, freddino, che ci obbliga a rimetterci subito in cammino, tra mulini e corsi d’acqua, fino ad «incrociare» l’autostrada A 11 Parigi-Nantes.
«Magari c’è qualche locale aperto» – azzarda Teo.
Ha ragione. Poco dopo, infatti, ad Authon-du-Perche vedo l’insegna del ristorante «Le Point Du Jour».
«Ha pure il menù del giorno!» – Esclamo: da non credere, nella Francia rurale, in agosto.
Lo stagno di Souancé-au-Perche.
La ragazza dell’Ufficio Turistico di La Bazoche-Gouet ci trova un bungalow
In 9 chilometri arriviamo a La Bazoche-Gouet. Timbriamo alla «Mairie» (municipio) e cerchiamo da dormire all’«Office de Tourisme» (ufficio del turismo). La «gîte» (l’alloggio) del paese è occupata, ma il Comune affitta un bungalow al Camping municipale La Rivière, distante un paio di chilometri dal paese. Per noi va bene. Al campeggio, come promessoci all’ufficio turistico, ci accoglie Pierre, il custode. Con dedizione ci mostra la casetta e i servizi, fornendoci anche delle informazioni su una pizzeria «vicina», per la cena.
È felice che siamo italiani, perché le sue auto preferite sono quelle prodotte da noi. Passerà domattina a salutarci. Il posto è frequentato da pescatori. Qui accanto, infatti, ci sono due stagni molto grandi. Gli altri campeggiatori hanno personalizzato i loro prefabbricati, con aiuole, gingilli e recinzioni, una diversa dall’altra. Ci osservano circospetti e incuriositi.
«Ma tu faresti mai tutte le tue vacanze qui?» – domando a Teo.
Il bungalow fuori La Bazoche-Gouet.
Ogni tanto, incomprensibilmente, capita che i chilometri da fare volino
Partiamo presto. Lungo i 2 chilometri per tornare al paese ci affianca Pierre. Ha una Alfa Romeo rosso fiammante ed insiste per farci salire e per accompagnarci in auto al «Café». È orgoglioso della sua auto! Il barista non ha i croissant, ma ci invita a comperarli alla «boulangerie» (panetteria) e a mangiarli da lui, senza problemi.
«Che complicazioni, questi baristi francesi! Ma non possono comperarli loro, i croissant?» - chiedo a Teo.
In ogni caso riusciamo a fare colazione e buona parte della tappa «vola»: ogni tanto ci vuole. Dopo essere passati da Chapelle-Royale, in un blitz siamo ad Arrou.
Vicino alla chiesa ci sediamo un attimo per una pausa alla pasticceria. Mi gusto un bel dolce alla vaniglia.
La pausa alla pasticceria di Arrou.
Peccato che a Châteaudun il cielo sia grigio come il mio umore
Nei pressi di Saint-Denis-les-Ponts passa la ciclovia 41 – «Chemin de Saint Jacques» (Cammino di Santiago) proveniente da Chartres.
Decidiamo di seguirla anche noi, fino Châteaudun. Al nostro arrivo troviamo il circo, cammelli compresi, sul prato di fronte all’Aldi. Poco più avanti il castello. Peccato, però, che il cielo sia così grigio, come il mio umore: non mi sento bene. In compenso troviamo subito il nostro alloggio. Ci danno una tripla al
Saint-Louis, dicendo che la doppia prenotata on-line non c’è.
«Vabbè, lo faranno per farci pagare un qualcosina in più» - dice Teo - «sembra vuoto».
In piazza la Farmacia è aperta, ma non possono aiutarmi più di tanto, senza ricetta e l’ospedale di Chteaudun è stato chiuso. Per fortuna all’ufficio del turismo, sullo stipite della porta d’entrata, fa bella mostra di sé un mosaico con conchiglia e pellegrino: per me è un bel segno.
Il castello di Châteaudun.
Le campagne prima di Orléans ricordano paesaggi spagnoli
Dopo un tratto di strada, vicino ad una linea ferroviaria abbandonata, camminiamo tra pale eoliche ed enormi distese di barbabietole, cipolle e coriandolo fino a Liconcy. Quasi quasi sembra di essere in Spagna. Un signore anziano, con un alano molto malato, vedendoci arrivare sudati ed accaldati ci offre dell’acqua.
Chiediamo se la «gîte» (l’alloggio) sia aperta. Riesce a contattare i gestori al telefono, ma purtroppo gli dicono che è fuori uso. Per noi è un bel guaio, dato che abbiamo letto che sarà chiuso pure a Tournoisis, dove volevamo finire la tappa.
Sembra, infatti, che le «Relais Saint Jacques» (albergo San Giacomo) - in cui confidavamo molto - oggi abbia il turno di chiusura settimanale. Che fare?
Dopo 25 chilometri non ce la faccio ad arrivare ad Orléans e farne più di 40. Sento che ho la febbre e, i piedi, non vanno.
Elena Casagrande - [email protected]
(La quarta puntata sarà pubblicata mercoledì prossimo, 6 novembre)
Sulla strada per Tournoisis.