Il cammino portoghese/ 4 – Di Elena Casagrande
Dopo la visita alla città romana di Conímbriga, ci godiamo Coimbra, la sua Università e la sagra della cipolla, prima di tornare nel Portogallo rurale
Vigneti lungo il cammino.
(Puntata precedente)
Il Museo di Rabaçal documenta il passato romano di questi territori
Questa mattina c’è vento forte e pioviggina fino a Lagarteira. Nella cittadina di Ansião il tempo migliora.
Stanno rifacendo la pavimentazione. Grazie alle passerelle riusciamo a raggiungere la pastelaria (pasticceria) Diogo.
Salutiamo due pellegrini in bici, intenti a caricare le borse. Non si fermano a parlare perché devono “correre”. C’è sempre una certa “distanza” tra pellegrini a piedi e pellegrini in bici.
Dopo una pausa a base di pasteis de nata, si riparte tra querceti ed oliveti sino ad Alvorge.
Al mercato compero il famoso formaggio che profuma di fiori e che si produce a Rabaçal, la meta della tappa di oggi. Mancano 9 km all’arrivo.
Dormiamo al Centro di Promozione Turistica, nell’ultima stanza rimasta, accanto al Museo della Villa Romana.
La receptionist ci permette di visitare il museo, ma mette subito in chiaro che questo pomeriggio non accompagnerà nessuno alla villa, fuori dal paese. Dice che è mal pagata e si lamenta.
A cena prenoto al Ristorante Ruinas (oggi O Bonito). Ci rifaremo domani, alla città romana di Conímbriga.
Il sito archeologico di Conímbriga.
All’ingresso delle rovine romane sento che qualcosa non va
Per fortuna che al Museo c’è un distributore di caffè e dolcetti, sennò niente colazione alla partenza. Anche stamane le nubi dell’Oceano portano una pioggerella fresca, sottile, simile all’orballo galiziano, che accompagna i nostri passi. Ciuffi di pini marittimi, sulle colline, si alternano ai campi di olivi e viti.
Cominciano a spuntare anche i cipressi, come sull’Appia antica. La signora di una casa al margine del bosco ci vede passare e ci fa entrare in cortile.
È emigrata in Francia, a Lyon, ma l’estate torna sempre a casa. Chiama anche il marito e le sorelle. Ci offrono una bella moka di caffè!
Teo ci scatta una foto: il loro sorriso, ancora oggi, mi riempie il cuore. C’è ancora tanta gente buona in giro! Arriviamo alle rovine poco dopo le 9 del mattino.
Lo scarpone destro mi dà noia. Nell’attesa che apra il parco archeologico me lo tolgo: “Ecco cos’era, guardala lì, una vescica proprio sul mignolo.”
La Villa del Cantaber.
La visita a Conímbriga non delude le aspettative, malgrado un timido sole
Lasciati gli zaini alla biglietteria entriamo a Conímbriga, la vecchia Coimbra romana (che, per ragioni
difensive, venne abbandonata e ricostruita a 16 km da qui, ove oggi sorge l’attuale Coimbra). Peccato che il cielo sia ancora grigio e che i colori dei pavimenti musivi non risaltino come vorrei!
Sono molto belli, da quello della cruz gamada (croce uncinata), a quello della casa de los esqueletos (scheletri), ma i luoghi sorprendenti sono la Villa del Cantaber (un aristocratico della città), estesa su una superficie di 3.300 mq e la Villa de los Surtidores (zampilli), con i suoi giardini acquatici, semplicemente splendidi.
Il foro è in parte ricostruito e l’anfiteatro, purtroppo, è stato demolito e usato come cava di pietre per la costruzione delle mura.
Vi sono anche le insule (simili ai nostri condomini) e la palestra con le terme.
Sembra sia stato portato alla luce solo un terzo dell’antica città, ma ciò che vediamo è sicuramente sufficiente per farcene ammirare la grandezza.
Al Museo riconosco un busto di Augusto: il “mio” imperatore.
«Grande Roma!» – Esclamo.
L’ingresso a Coimbra dal ponte sul Mondego.
Coimbra, colta ed elegante, mostra anche un volto popolare e scanzonato
Attraversate alcune pinete e una serie di paesini quasi addossati al sito archeologico, iniziano i saliscendi, abbastanza duri, per Coimbra.
Anche se la si vede, ci vuole più di un’ora e mezza per arrivarci, dopo esser passati sotto l’antico acquedotto romano e dopo aver fatto un tratto di nazionale.
Il Convento di Santa Clara La Vehla (la Vecchia) ci preannuncia la città. Entriamo attraversando il fiume Mondego.
Alloggiamo in una pensione nella parte bassa, vicino alla Piazza del Commercio.
Lasciati gli zaini in stanza saliamo alla Cattedrale antica, imponente come una fortezza e alla sede dell’Università, che fa di Coimbra la capitale culturale del Portogallo.
Meritano la torre da Cabra (“della capra”, per il suono della sua campana), la biblioteca Joanina e la terrazza-patio das Escolas, con vista sul fiume.
La parte alta di Coimbra è bianca ed elegante: solo as Repúblicas (le case ad affitto agevolato per gli universitari) la colorano un po’, coi loro stendardi e coi loro striscioni irriverenti.
La Igreja de São Tiago.
La sagra della cipolla ricorda l’antica sagra di San Bartolomeo
In Piazza del Commercio c’è la sagra della cipolla, retaggio di quella di San Bartolomeo. Trecce di cipolle, gialle e bianche, invadono il selciato e lo dipingono coi toni del sole.
È tutto molto pittoresco e l’atmosfera è accogliente e informale.
La facciata della Chiesa romanica di Santiago, inondata della luce del tramonto, fa da quinta teatrale alla piazza e ci ricorda il motivo del nostro pellegrinaggio.
Agli stand di assaggi tipici proviamo il pica pau (spezzatino di maiale agro-dolce), il chouriço assado (salsiccia alla paprika arrosto), le sardinhas fritas (sardine fritte impanate) e il bolo de bacalhau (crocchetta di baccalà).
In stanza mi faccio un bel pediluvio con dell’aceto, utile per curare e “seccare” la mia vescica. Sono tranquilla: domani mi aspettano solo 22 km.
La sagra della cipolla in Piazza Commercio.
Mehalada partecipa alla gara delle 7 Meraviglie della cucina portoghese col leitao
Il giorno dopo arriviamo senza faticare a Mehalada, “scortati” da un cagnolino sino a Santa Luzia.
«Saprà ritornare a casa?» – Chiedo a Teo, preoccupata.
«Sì, tranquilla.»
Alla caserma dei pompieri non ci possono accogliere, perché è morto un giovane vigile e c’è la camera ardente. Tutti sono tristi. Anche noi, ma vai a pensare un fatto del genere!
In ogni caso ci aiutano, indicandoci la pensione Castela.
Per cena vogliamo provare la specialità del posto, che, tra l’altro, partecipa alla competizione gastronomica delle 7 Maravilhas da Gastronomia: il leitao da bairrada (il porcellino da latte cotto al forno a legna di eucalipto, infilzato su una lunga pertica di metallo).
Abbiamo visto talmente tanti cartelli pubblicitari e azulejos a tema, lungo la strada, che non vediamo l’ora di gustarcelo.
All’ufficio del turismo ci indicano vari ristoranti. Scegliamo il Pic Nic.
Azulejo col leitao da bairrada a Mehalada.
Ci andiamo nel tardo pomeriggio, tanto è sempre aperto. C’è la coda per avere un tavolo.
Il maialetto è buonissimo: supera il cochinillo (il maialetto) del mitico ristorante Candido di Segovia! Viene servito con patatine fritte casalinghe, insalata e una salsa al pepe nero che lo esalta in maniera superlativa.
È venduto a peso, solitamente 300/400 grammi a testa.
Come dessert non resisto al budino Molotov, che fa bella mostra di sé nel frigo: una delizia soffice di albumi montati e caramello alto più di 20 cm.
All’epoca non lo sapevamo, ma saremo tornati qui con nostra nipote Giulia, al termine del suo cammino di Santiago, nel 2017. Ed anche lei è rimasta estasiata dal leitao.
Elena Casagrande
(La quinta puntata del Cammino portoghese sarà pubblicata mercoledì prossimo 28 dicembre)
Il maialino al forno del Ristorante Pic Nic.