Storie di donne, letteratura di genere/ 355 – Di Luciana Grillo
Sara Rattaro, «Sulla sedia sbagliata» – Un racconto intenso, vero, che tocca tutti, che ci fa sentire qualche volta anche... sulla sedia sbagliata
Titolo: Sulla sedia sbagliata
Autrice: Sara Rattaro
Editore: Morellini 2020
Genere: Letteratura gialla
Pagine: 192, Brossura
Prezzo di copertina: € 15,90
Ho avuto il privilegio di conoscere Sara Rattaro, di trascorrere con lei un po’ di tempo, di presentarla al TrentinoBook Festival di qualche anno fa, di diventarle amica, di condividere pensieri e sentimenti.
Ho letto con attenzione i suoi romanzi e li ho recensiti con piacere… fino a quest’ultimo, che in realtà è un lavoro già pubblicato dieci anni fa e oggi ripubblicato in occasione del decennale.
È diverso dagli altri, è uno scritto possente che raccoglie, mescola, sovrappone voci dolori sangue ricordi, e ogni voce ha un suo timbro, una valenza particolare, una forza espressiva.
Francesca è una chirurga, suo figlio Andrea un assassino, la piccola Barbara è «un giovane corpo, massacrato da un martello, ritrovato nella nostra casa di campagna», Beatrice è la figlia di Teresa, «la signora alla quale portavo spesso gli abiti a rammendare», un «angelo sfortunato… il suo respiro era flebile e meccanico…, aveva i capelli rasati e gli occhi chiusi immersi in un viso ovale, l’espressione serena di chi non sente più nulla».
Rattaro legge nell’anima delle sue creature, individua pensieri profondi e sensi di colpa, quelli ad esempio che tormentano Francesca («…i miei ritardi alle recite scolastiche e alle riunioni con gli insegnanti… l’albero di Natale comprato fatto giusto alla vigilia…averti obbligato a studiare qualcosa che forse non ti piaceva…essere stata esattamente la madre che volevo, quella madre anticonformista, carrierista, indipendente e terribilmente forte anche da vedova…»), penetra nei dubbi di Teresa («Se l’avessi saputo ti avrei almeno stretta, ti avrei detto di stare attenta, magari avrei trovato la forza di sgridarti e di non farti uscire. Ti avrei messa in castigo e allora avrei potuto ascoltare le tue parole gonfie di rabbia perché non ti capivo, e non rispettavo i tuoi spazi. Se l’avessi saputo ci sarei andata io incontro al tuo destino»).
Altro personaggio è Paolo «rinchiuso dentro la prigione dei miei ricordi…almeno a scuola non c’era mia madre che strillava. Io ero malato e lei non ha mai smesso di ricordarmelo e di rammentarlo a tutti ogni giorno… Ero diventato una cavia… Erano gli anni nei quali avrei dovuto comprendere il valore della vita, mente io capivo solo quello della malattia», Paolo prigioniero di una mamma che «cercava la costante compassione di tutti quelli che la incontravano per la prima volta… Spesso quando restavamo nella sala d’aspetto dei vari studi medici non mi rivolgeva nemmeno la parola. Solo se era presente un altro paziente o un’infermiera allora mi abbracciava e mi chiamava povero piccolo mio».
E poi c’è Margherita, l’infermiera, «una delle persone più forti e concrete» che vede sua figlia Valeria spegnersi, «chiusa nella sua stanza senza luce a trasformarsi in uno scheletro, a odiarsi lasciandosi cadere dentro il peggio di sé, perché il meglio preferiva vomitarlo via», vittima di un amore sbagliato per quel Paolo che si era rivelato uno spietato matricida («Solo ora, mentre lei giaceva ai miei piedi senza vita, io mi sentivo libero»). E la madre di Barbara, che guarda Francesca, «mi guardava. Guardava l’altra madre. Quella fortunata perché un figlio lo aveva ancora. Avrei voluto parlarle… la realtà era troppo grande per essere spiegata. Ma lei capì tutto, anche il mio silenzio».
Solo Zoe, dopo tanta sofferenza, riprende a vivere serenamente, grazie a un trapianto, e Rattaro ci racconta che il pancreas e il rene sono quelli di Beatrice, la figlia di Teresa che, infine, ha compiuto un miracolo.
Brava, Sara Rattaro, e brava la Casa Editrice che ha festeggiato il decimo compleanno di questo romanzo ripubblicandolo e permettendoci di leggerlo!
È intenso, è vero, ci tocca tutti, ci fa sentire – qualche volta – anche sulla sedia sbagliata.
Luciana Grillo – [email protected]
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