Modi de dir 'n trentìm/ 8 – Di Cornelio Galas
Ecco l'ottava puntata dei modi di dire e frasi fatte della tradizione dialettica trentina
AVER EL MAL ZALT – Sintomi dell’itterizia.
AVER EL MAL DE LA PREDA – Non si tratta di dover scappare da un predatore. Vuol dire essere afflitti dalla renella, avere i calcoli (piccole pietre?) alla vescica.
AVER EL MALCADÙ – Epilessia. Convulsioni. Frequenti perdite di coscienza e conseguenti cadute.
NO LA ARDE E NO LA SBRUSA – Quando uno stato di malessere non si decide ad avere il proprio picco. Tipico di certi raffreddori, di influenze mal curate.
TANT CHE FREGARGHE ’L CUL A L’ASEN QUANDO ’L GH’A LA SGHITA – Un rimedio che serve a ben poco. Come lisciare il culo all’asino quando ha la cacarella, appunto.
AVER ZIGAMENT DE RECIE – Fischi negli orecchi. Proprio come se qualcuno gli gridasse (o fischiasse) dentro.
AVER ’N DENT CAROLÀ – Carol non è nome proprio ma, in dialetto trentino, significa tarlo. Di qui le carie…
MAGNAR LA FRITOLA – Mangiare la frittella. Ma di solito ci si riferisce a ben altro. In campo sessuale.
ESER DE RIVA MA AVER LE GAMBE A ARCO – Non è l’auspicio della fusione tra i due maggiori centri della «Busa». Semmai un modo ironico per dire che le gambe – non in perfetta linea – appartengono allo stesso corpo.
AVER EN STRAZ DE MARÌ – Come dire: altro non c’era in giro quando mi sono sposata. Bisogna accontentarsi. Piuttosto che restare zitella…
ESSER SU ’L CAVAL DE ’L MAT – Follie giovanili. Quando si seguono i propri bolloi …
FAR NA RESTA – Avete presente i russi che buttano giù la vodka in un sorso e poi spaccano il bicchierino per terra? Ecco, in trentino far na resta è uguale. Solo che il bicchierino poi non viene rotto, ma riempito più volte ancora.
ENTANT GRAZIE... al Guido de Mozzi, capo de tut l'ambaradàm de l'Adigetto.it, che 'l m'ha dàt nei dì passài tre-quatro drìte bone.
E zà che ghe sém spieghém anca cossa vol dir e soratut quando se dìs de solit ENTANT GRAZIE. Equivale ad una sorta di «pagherò», di cambiale (non ben databile nel tempo). Nel senso che, al momento in tasca si ha solo un «grazie» per il favore o il frutto del lavoro altrui.
Poi più avanti – se ghe sarà l'ocasióm, se sa – non è detto che...
E VIA CHE LA VAGA – (cfr «Via col vento»). Invito a non fossilizzarsi sull'ineluttabilità del destino. Ci si prefigge di non tener conto dell'eventuale immobilità contingente. Sperando, anzi di più, avendo la certezza che solo la fluttuazione, la mobilità, vada sempre e comunque favorita.
LA SIA CALDA, LA SIA FREDA, NON SENTARTE SULA PREDA – La pietra trasmette al corpo effetti devastanti, sie da calda che da fredda. Insomma un modo di dire per la salute, come quello che segue.
SOL DA VEDRI E ARIA DE FESSURA, PORTANO ALA SEPOLTURA – Deriva da antichi e mai contestati luoghi comuni poi assimilati dalla medicina moderna.
Spifferi e raggi di sole concentrati oltre che resi micidiali e precisi da lenti vitree costituiscono un pericolo certo per la salute. Tra gli effetti collaterali: il decesso non da Covid.
CHI SI ADDORMENTA SULLA FESSURA È A DUE PASSI DALLA SEPOLTURA – Altra versione dedicata alla fessura, laddove talvolta si può intravedere anche un significato verbale (sol a parole) a sfondo sessuale (il finale è contrassegnato nella tradizione popolare anche da un due di picche).
QUANDO SE SLONGA LA VISTA SE SCORTA EL BATISTA – Il suo esatto contrario: il famoso MAL DE L'AGNEL, SE SCORTA LA PANZA, SE SLONGA...
CHE TE PIANZI O CHE TE GODI, STA LONTAM DAL PONT DEI VÒDI – Il modo di dire era nato a Trento verso la fine della Seconda Guerra mondiale. Gli alleati bombardavano tutti i giorni il «Ponte dei Vòdi», quello lungo ferroviario che sorge a fianco dell’Adige per passare la foce dell’Avisio. Veniva ricostruito la notte dai tedeschi, ma in verità non lo colpivano quasi mai: le bombe finivano nei dintorni… Da cui il detto.
GAVER LA TESTA A... (metti il nome della tua città) E LE GAMBE AD ARCO – L'equazione non cambia, basta che il secondo fattore resti al suo posto, cioè ad arco.
QUANDO LA PAGANELA LA G’HA EL CAPEL, O CHE PIOVE O CHE FA BEL – Sta a indicare che le previsioni del tempo sono incerte. O quantomeno lo erano ai tempi dei nossi veci.
A PAROLE NO SE SGIONFA DONE – Sta a indicare che le parole con contano nulla se non sono seguite dai fatti.
MOGLI ZOVENE CORNI E CROS, MOGLI VECE PETI E TOS – Era un modo per avvertire chi stava per sposarsi che il matrimonio non è una passeggiata. Da notare che il detto vale per entrambi: sia per l’uomo che per la donna.
TEGNIR LA CA’ COME ’N BOMBO – Massima pulizia. Perfezione. Tenere la casa come un confetto. «Ah no stè vardàr en giro neh che g’hò ancora da méter a posto stamatina» (per far notare che è già tutto uno splendore, un bello e impossibile).
SEMPIO – Non scempio. Sta per «a un solo filo, semplice». Però si può usare anche come insulto o come buffetto amichevole («Che sémpio che te sei…»).
STROPOL – Significa tappo. Si dice di persona bassa di statura. Si usa con i bambini: «Vèi chi stròpol che te ghe dài en baso al nono … no? Alora bàsete el cul». Un modo vernacolese che si usava prima che grillo uscisse con il suo slogan
CAGABAS – Vedi voce precedente. Vuol dire che si è bassi. Anche con il sedere evidentemente.
TESTA SBUSA – C’è un buco nel cranio. Dal quale sono usciti i neuroni. Sta per ignorante.
TE SEI ’N MASACRO – Non sta per serial killer. Sei una frana. Che può combinare “disastri” (“Ma che disastro hat fat su po’?”)
NO AVERGHE DE MI, DE TI, DE VOI – Insapore. Non saper di niente. Nemmeno di una moltitudine di sapori assemblata da altri commensali.
VALA’ PAGNACA – Da pagnotta. Sta per scimunito. Molle. Flaccido e poco sveglio.
BACUCO – Scemo. «L’è ‘n vecio bacuco»: demenza senile.
MACABALE – Da macàr (ammaccare) e bàle (palle). Rompiscatole.
LAMENTARSE DE OGNI PET DE CUL – Lagna continua. Ogni occasione è buona per… soffiare sulla polemica.
TI PARLA QUANDO CHE PISSA LE GALINE – In pratica vuol dire Stai zitto!, dato che le galline quando evacuano non separano i liquidi dai soliti.
FAR NA PISADA SENZA 'N PET, L'E' COME SUONAR EL VIOLIN SENZA L'ARCHET – Lo dice di solito chi sta facendo la pipì.
NAR A PASCOLAR LE GALINE DE L’ARZIPRET – Sta per morire. Nel senso … pastorale del termine.
NO FARME NAR ZO’ QUEL CHE NO GO’ – Di solito proferita dalle donne. È riferita ad organi sessuali maschili.
GNANCA BOM – Frase generica da rivolgere ai fanfaroni.
AVANTI COI SCAVI – Tirem innanz. Adelante. Carry on. Insomma, dai, che ven sera e continui a dirmi le stesse cose.
BECOLAR QUALCOS – È il modo di mangiare delle galline (anche sbezolàr) cioè prendere il cibo di qua e di là con il becco. Spiluccare. Becolàr può anche voler dire raggranellare quattrini, qualcosa… sempre di qua e di là. Per intenderci, la spigolatrice di Sapri avrebbe potuto essere la «becolatrice».