La volontà di ricercare la pace tra
le rovine dell'odio è stato questo il messaggio dell'assessore alla
cultura, rapporti europei e cooperazione Franco Panizza, oggi alla
cerimonia per la sepoltura dei due Kaiserschützen rinvenuti lo
scorso anno in Valpiana, sotto Punta San Matteo.
Ad accogliere le salme, l'area sacra del colle di San Rocco a Peio,
una cinquecentesca cappella con annesso ex cimitero austro-ungarico
della Grande Guerra, dal 2004 destinato ai soldati caduti in guerra
di qualsiasi nazionalità.
La cerimonia solenne (nella
foto sotto il titolo) si è svolta all'interno della
tradizionale commemorazione dei Kaiserschützen del Piz Giumella
che, ogni anno, unisce alpini e Schützen in una ricorrenza di
pace.
Numerose le autorità presenti (le vediamo nella
foto), ad affiancare l'assessore Franco Panizza vi
erano l'assessore alla salute e politiche sociali Ugo Rossi, la
consigliera Caterina Dominici, il vicesindaco di Peio Paolo
Moreschini, il presidente del Centro Studi Val di Sole Udalrico
Fantelli e il direttore del Museo di Peio Maurizio Vicenzi, nonché
la rappresentante della Croce Nera austriaca sezione Tirolo
Annemarie Wieser con il maggiore Christian Haager, dei Tiroler
Kaiserjäger, e Günther Elmar, dei Kaiserschützen 1921 di Imst.
Dal ministro per gli Affari Esteri Franco Frattini, invitato alla
cerimonia ma non presente, è arrivata una nota.
«Iniziative come questa possono essere di esempio alle giovani
generazioni e simbolo di pace e di speranza per i popoli.»
La cerimonia è iniziata poco dopo le 10, con la sfilata dei gruppi
accompagnati dal corpo musicale Città di Trento che hanno
raggiunto il cimitero di Peio.
Qui la messa officiata da monsignor Ernesto Menghini con il coro
Stella del Cornet di Romagnano, a cui sono seguiti i
discorsi ufficiali.
A mezzogiorno l'inumazione dei caduti ritrovati sulla vedretta di
Valpiana nel 2009, con la salva di fucile della Compagnia Schützen
Val di Sole.
Al termine delle solenni esequie, il corpo musicale di Trento,
diretto dal maestro Michele Cont, e il coro di Romagnano, guidato
da Luigi Forti, hanno presentato, in prima assoluta, «Heldentod»,
uno spartito musicale del 1916 ritrovato da Giovanni Terranova
dedicato ai Kaiserjäger del II Reggimento che in Galizia, nel 1914,
si sacrificarono per consentire la ritirata al resto dell'armata
austro-ungarica.

SCHEDA DI APPROFONDIMENTO
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La battaglia di Punta San
Matteo
Il tratto del fronte tirolese della Grande Guerra, tra lo Stelvio e
il Tonale, fu quello che si caratterizzò per gli scontri e i
presidi posti alle quote più elevate, mediamente 3.000 metri.
Allo scoppio del conflitto, nel maggio 1915, nessuno dei comandi
militari avrebbe immaginato che le alte montagne che separano la
valle di Peio dalle valli lombarde Camonica e Valtellina sarebbero
diventate teatro del conflitto, con presidi permanenti in
quota.
Nel primo anno di guerra esse furono caratterizzate soltanto da
movimenti di pattuglie sui ghiacciai, all'epoca ben più estesi
degli attuali. Con l'evolvere della guerra i due eserciti
cominciarono a misurarsi a queste quote e presso i luoghi
strategici delle creste più elevate vennero creati dei presidi più
o meno permanenti.
Punta San Matteo (3678 m) era uno dei presidi, ottimo punto di
osservazione per scrutare i movimenti italiani sul Passo Gavia,
sella di collegamento tra la val Camonica e l'alta Valtellina
Fu nell'estate 1917 che gli austro-ungarici occuparono la cima
della montagna scavando alcune trincee e ridotte, collegate tra
loro con gallerie nel ghiacciaio.
Un'ampia galleria nella neve serviva da ricovero per la truppa,
mentre la rete di teleferiche che gli imperiali allestirono lungo
tutto il fronte, permise ai soldati di sopravvivere a queste
quote.
Nel 1918, ultimo anno di guerra, con l'accorciamento del fronte
sulla linea Grappa-Piave, l'esercito italiano potè disporre di un
ingente numero di truppe da dislocare negli altri settori.
Con l'arrivo della primavera attorno al passo del Tonale
cominciarono una serie di operazioni per avanzare a tenaglia
attorno alla cintura dei forti che proteggevano il valico.
A sud fu conquistata Cima Presena e parte dei Monticelli, a nord
Punta San Matteo e il vicino monte Mantello.
Gli italiani conquistarono Punta San Matteo a metà agosto,
sbaragliando il presidio austriaco che consisteva in una trentina
di uomini.
La cima era fondamentale per la tenuta del settore, per questo gli
imperiali progettarono la riconquista, che fu condotta sul finire
del mese con circa 400 Kaiserschützen, che furono concentrati in
forze sotto la Vedretta degli Orsi.
Il maltempo tuttavia fece ritardare le operazioni, stremando gli
uomini; a inizio settembre i soldati raggiunsero la posizione del
Piz Giumella, dove per accoglierli furono scavate due gallerie nel
ghiacciaio, per poi avanzare e riconquistare, la sera del 3
settembre 1918, Punta San Matteo, presidiata assieme al monte
Mantello da una forza di circa 200 alpini.
Sulla montagna si scatenò un violento fuoco di repressione
dell'artiglieria italiana che lasciò vincitori e vinti in
condizioni disperate.
Le granate causarono valanghe di ghiaccio che si riversarono
violentemente in basso, distruggendo ciò che rimaneva sulla cima
della montagna e impedendo l'invio a valle di prigionieri e feriti,
alcuni dei quali rimasero sepolti dal crollo delle caverne di
ghiaccio.
Il conto delle perdite alla fine della battaglia fu di un centinaio
di caduti, molti dei quali trovarono l'eterna sepoltura nel
ghiacciaio che li avvolse e che oggi, con il suo ritiro, li
restituisce alla memoria.
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Il ritrovamento
Il 13 settembre 2009, in località Vedretta Valpiana (3400 m) alle
pendici di Punta San Matteo, nel comune di Peio, sono stati
recuperati i resti di due soldati, incompleti e non in connessione
anatomica.
Accanto anche parti di uniforme ed equipaggiamento che testimoniano
la loro appartenenza all'esercito austro-ungarico.
Analisi hanno permesso di definire che si tratta di un individuo di
20-25 anni e di uno di 30-35 anni, entrambi con tracce di ferite
perimortali, vale a dire ricevute in occasione del decesso.
Il contesto del ritrovamento rende assai probabile che il decesso
dei due soldati sia da mettere in relazione con la battaglia per il
San Matteo, alla fine dell'estate del 1918.
I resti molto parziali di un terzo soldato, relativi agli arti
inferiori, sono stati rinvenuti in località Vedretta degli Orsi
(3450 m) sempre nel territorio del comune di Pejo.
In considerazione del fatto che è possibile che la parte rimanente
della salma sia rimasta nel ghiaccio, si preferisce attendere la
verifica della effettiva presenza di altri resti dello stesso
individuo, prima di procedere alla sepoltura.
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Il progetto Punta
Linke
Punta Linke con i suoi 3.631 metri di altitudine fu uno dei centri
nevralgici più alti e più importanti del fronte nel gruppo
Ortles-Cevedale durante la Prima Guerra Mondiale.
Dotata di un doppio impianto teleferico, era collegata da una parte
al fondovalle di Peio e dall'altra al presidio del ghiacciaio dei
Forni.
Il vicino rifugio Mantova al Vioz era allora la sede del comando di
settore dell'esercito austro-ungarico. Sotto Punta Linke il
ghiaccio ha conservato l'intero sistema di apprestamenti che
dovevano garantire il funzionamento dell'importante centro. Il
riscaldamento globale e il conseguente scioglimento repentino dei
ghiacciai alpini ha portato all'affioramento di numerosi resti
nell'area di Punta Linke.
L'area di Punta Linke si trova attualmente sul confine
amministrativo tra la Provincia autonoma di Trento e la Provincia
di Sondrio.
Per questo motivo sono stati presi contatti con le istituzioni
lombarde che tutelano i beni relativi alla prima guerra mondiale al
fine di definire un progetto interregionale di ricerca pluriennale
da condurre in modo condiviso che attualmente è in corso di
elaborazione.
Dal 2005 al 2008 il Museo di Peio 1914-1918 La guerra sulla
porta ha operato quattro interventi di recupero di materiali
mobili su siti in alta quota pertinenti al primo conflitto mondiale
rispettivamente presso il Monte Mantello, Piz Giumella, Punta
Cadini e Punta Linke (versante trentino), dal 2007 collabora in tal
senso con la Soprintendenza per i beni librari archivistici e
archeologici della Provincia autonoma di Trento.
Nel corso del 2009 la Soprintendenza ha condotto un intervento
d'urgenza per recuperare manufatti fuoriusciti dalla coltre
glaciale ed esposti al saccheggio ed al degrado. Il metodo adottato
è stato quello dello scavo di tipo archeologico, che garantisce
raccolta e documentazione accurate.
Alla luce di questo intervento, la Soprintendenza ha programmato
per il 2010, assieme al Museo di Peio, un intervento archeologico
di ricerca iniziato in agosto con l'obiettivo di mettere in luce
parte del sito di Punta Linke.
L'obiettivo è quello di tutelare e conservare il patrimonio
appartenente alla Grande Guerra che può essere soggetto a perdita
totale sia in relazione alla precarietà del sito, sia per il
pericolo di alterazione e predazione da parte di soggetti non
autorizzati.
I reperti di Punta Linke potrebbero restituire dei dati
straordinari sulla vita in guerra a quelle altitudini e, nella
migliore delle ipotesi, potrebbero consentire di realizzare un
itinerario museale in quota di grande impatto emotivo.
Con il 1° settembre affiancano gli archeologi anche alcuni
glaciologi delle Università di Pisa, Roma, Milano e Padova che da
anni lavorano in area alpina e che svolgono attività di ricerca
nell'ambito del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, con
il compito di ricostruire la storia glaciale geomorfologica e
paleoambientale del sito di Punta Linke.
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