Intervista a Herbert Hamak, di Arianna Tamburini

«OLTRE» - Mario Airò e Herbert Gamak, a cura di Giovanna Nicoletti. Dal 7 ottobre al 10 novembre 2007 alla Galleria Civica di Arco. La collega Arianna Tamburini l'ha intervistato (

La collega Arianna Tamburini ha colto l'occasione per una breve intervista all'artista, che recentemente ha lavorato per il Museo di Castelvecchio (VR).
Nella fotografia, l'installazione che ha realizzato nel fiume Sarca, visibile in questi giorni.

Dopo la mostra di Robert Bosisio (Trodena, 1963), la Galleria Civica «G. Segantini» di Arco ha chiamato altri due artisti ad indagare sul tema dell'«Oltre» come segno mentale, fisico, ideale e territoriale: Mario Airò (Pavia, 1961) ed Herbert Hamak (Unterfranken - Germania, 1952) presenteranno il loro lavoro sabato 6 ottobre alle 18.00.

In questi giorni Hamak ha visitato gli spazi della Galleria Civica di Arco e il territorio circostante, per pianificare l'esposizione di ottobre. Herbert Hamak lavora su quelle che lui definisce «pitture», ovvero «pure forme di colore tridimensionale che risultano da una fusione tra pigmenti naturali e resine sintetiche»; recentemente si è dedicato, in Italia, all'installazione «Ultramarinblau Dunkel Pb 29.77007» per il Museo di Castelvecchio a Verona. Alla Galleria porterà una sintesi del suo lavoro, oltre ad un progetto speciale che sarà ambientato nel fiume Sarca.

La sua visita ad Arco è stata spunto per alcune domande.
- Come nasce l'idea di questo suo lavoro, di questa pittura tridimensionale?
«In seguito ad alcune suggestioni dalla pittura romantica tedesca, ho iniziato a riflettere sulla qualità della massa del colore, su cosa succede quando il colore è trasparente o quando si deposita in un quadro, e su quanto è significativo il colore quando non è usato per un illusione ma è pura materia».
- Cosa l'ha colpita del territorio altogardesano?
«Non conoscevo Arco, se non nell'acquerello del Dürer, ma devo dire che il paesaggio della zona è davvero intenso».
- Cosa ci vuole dire del progetto del fiume?
«Lavorerò come per il progetto del Museo di Castelvecchio e, anziché dipingere un castello, dipingerò l'acqua. L'idea sarà quella di creare un ponte di colore nell'acqua, un ponte che dovrebbe esistere soprattutto nella nostra mente».
- I suoi progetti futuri?
«Sto lavorando sul cambiamento della forma e su come sperimentare altre visualizzazioni del colore, ad esempio su come sia possibile passare da una forma solida chiusa ad una aperta, che va a colloquiare con lo spazio.»
Proprio uno di questi nuovi progetti, un «dipinto» blu, aprirà la mostra della Galleria Civica «G. Segantini».