Il futuro dei media e la libertà di stampa: Kampfner e Stille
«Stiamo assistendo alla balcanizzazione dell'informazione ma Internet non è una scusa per non informarsi»
«Il cane da guardia non abbaia più,
ma forse lo farà all'IPAD.»
Internet ha cambiato il mondo dei giornali, ha offerto gratis
notizie che prima bisognava pagare e ciò ha messo in crisi i
giornali di carta, che vivevano grazie ai lettori che lo compravano
e grazie alla pubblicità.
Ma ha messo in crisi anche il ruolo di garante della democrazia
svolto fino ad ora dall'informazione stampata?
L'informazione globalizzata ha messo la museruola al «cane da
guardia» del potere?
O dobbiamo forse pensare che il cane sta cambiando cuccia e che
abbaierà dai nostri monitor collegati alla rete?
Non è della «fine» dell'informazione che, moderati dall'inviato a
Londra di Repubblica Enrico Franceschini, hanno dialogato due
pluripremiati giornalisti «figli di Gutemberg» come John Kampfner e
Alexander Stille (che è anche figlio di Ugo, storico direttore del
Corriere della Sera), ma della fine dei giornali (quelli di carta,
ormai bollati come «inchiostro sugli alberi») e della qualità
dell'informazione.
«È chiaro che in quest'epoca ci sono più informazioni ed un più
ampio accesso grazie ad Internet - afferma Stille - c'è stata una
democratizzazione dell'informazione, ma indubbiamente molti
giornali, specialmente in Usa, sono in bancarotta. Il problema
quantitativo è anche qualitativo. Molti giornali in difficoltà
hanno infatti eliminato molte categorie di lavoro, hanno chiuso gli
uffici all'estero, si sono rannicchiati sulle notizie locali, più
redditizie, abbandonando le notizie nazionali e internazionali.
Quello finanziario è un problema serio, si è rotto il meccanismo di
pagamento e il problema allora diventa: come si imparerà?»
«Le informazioni non mancano - risponde Kampfner - il problema è di
migliorare la qualità dell'informazione. La principale sfida è
quella di continuare la lotta in difesa del giornalismo, trovare
informazioni che le persone al potere vorrebbero non venissero
svelate. Magari con una foto fatta con il cellulare, attraverso un
blog o anche continuando a praticare il giornalismo tradizionale su
piccola scala. C'è una crisi acuta, alcuni sopravviveranno, altri
no, e chi darwinianamente sopravviverà sarà colui che potrà dare
informazioni di grande valore.»
Domanda. Ma Internet come fa a sostenere i costi dell'informazione
on-line, a guadagnare abbastanza per sostenere un'azienda
giornalistica? Facendo ricorso alla pubblicità (che su Internet sta
crescendo ma che è ancora limitata), oppure facendo pagare le
news?
Ma non tutti fanno pagare.
Se lo fa il Times, i suoi lettori continueranno a comprarne le
notizie oppure si dirotteranno su altre fonti?
Stille su questo si dichiara agnostico.
«Non m'importa se la gente legge il giornale su carta o su monitor.
Il NY Times ha 20 milioni di lettori sul sito web, fino a due anni
fa guadagnava 800 dollari per ogni giornale stampato e oggi 8 per
ogni lettore sul web.
«Anche gli introiti della pubblicità sul web sono calati in questo
ultimo periodo. Si stanno sperimentando nuovi metodi di pagamento.
In media i giornali spendono solo il 15 % del proprio budget per il
prodotto editoriale, per i giornalisti, e i giornali sono diventati
più snelli.
«Bisognerà trovare un sistema che non sia né comprare un giornale
stampato né la pubblicità. Il mercato per il momento è strutturato
con l'informazione gratis ma rimane il problema di rimborsare chi
fornisce informazione. C'è molto spazio per far pagare ma deve
essere fatto in modo sistematico.»
Tra carta stampata e giornali on-line s'intravvede ora una terza
via, l'iPad.
Lo tieni in mano e giri le pagine con un dito, proprio come i
giornali di carta.
La salvezza? Stille è cauto.
«Presto per dirlo: da una parte l'iPad offre la possibilità di
reintrodurre il piacere di leggere i giornali on-line, offrendo una
maggiore soddisfazione estetica. Uno dei problemi della lettura
on-line è che i lettori spendono molto meno tempo (3 minuti) per la
loro lettura, mentre noi conosciamo il grande piacere di passare
un'ora a leggere il giornale di carta la domenica mattina mentre
facciamo colazione in giardino, sarebbe bello non perdere questa
abitudine ma non abbiamo ancora dati per dire se la domenica
mattina sfoglieremo l'I Pad.»
Va da sé che la lettura su iPad non è in alternativa a nessun altro
mezzo, ma complementare: farà aumentare la gente che legge e si
ingofma.
Anche l'ergonomia conta e Kampfner ne fa l'elogio.
«Potenzialmente è interessante lo sviluppo prefigurato dall'I Pad,
tra due o tre anni leggere un libro su uno schermo ci avvicinerà
alla carta stampata, ma anche allora si parlerà di ergonomia, ci
sarà uno sviluppo in tandem.»
Lo disse Mc Luhan: il medium è il messaggio, ed è sempre più
vero.
«Solo che oggi - osserva Stille - i nuovi mezzi, come le
televisioni via cavo, portano alla frammentazione informativa, ne
vediamo gli effetti destabilizzanti. In USA assistiamo a una
balcanizzazione dell'informazione con ogni stazione via cavo che
cerca una piccola nicchia: oggi captare il 5 % del mercato, fare
una televisione urlata, rissaiola, è un modello vincente.
«In Usa l'unico mezzo che cresce è la tivù via cavo, in particolare
Fox News. Il problema preoccupante è che l'ascoltatore o il lettore
può vivere tranquillamente dentro un ambiente ideologico protetto
in cui sente le voci con le quali è già d'accordo.»
Solo in USA? «Anche in Italia è così. I lettori dei giornali
polemizzano tra loro, rischia di scomparire la piazza generale,
nella balcanizzazione del mondo di oggi ci si insulta, è a rischio
l'idea che ci possa essere un terreno comune di dibattito e
confronto.»
Meno cupa l'analisi di Kampfner, che invita a guardare alle
differenze: in ogni paese c'è un canale che trasmette notizie 24
ore al giorno ma sono guardati solo dai giornalisti.
L'Italia è un paese in cui la battaglia politica viene combattuta
quasi esclusivamente attraverso la televisione, in Cina per contro
c'è la censura su Internet, in Regno Unito siamo fortunati con la
BBC che, anche se non ha più il coraggio del passato, rimane
comunque un cardine, quando c'è una crisi o un'elezione tutti
rientrano nel grembo della «zietta» BBC.
«Eppoi, gli ascoltatori calano anche nei paesi dove c'è un dialogo
nazionale.»
Conclusione? Non perdere soldi per poter continuare a fare un
giornalismo approfondito.
Più ottimisti o pessimisti sul fatto che il quarto potere possa
continuare a salvaguardare la democrazia facendo il cane da guardia
del potere?
Stille: «Viviamo come nel 1470, due decenni dopo la scoperta della
stampa, non sappiamo, in futuro scopriremo modi diversi di
raccontare storie, c'è un enorme potenziale positivo nella
tecnologia, credo che l'informazione sia un bene prezioso e credo
che in qualche modo si potrà continuare a produrla; i giovani di
oggi troveranno la soluzione ma sono cauto sulle previsioni.»
Kampfner: «Sono d'accordo con il pessimismo di chi avverte l'apatia
coinvolgente, la riduzione importante delle libertà pubbliche,
l'autocensura delle persone, ma c'è una sfida importante da
giocare: tornare al dibattito pubblico, concentrarci sull'aumento
della democrazia. Internet non deve diventare una scusa per non
informarsi. L'effetto anestetizzante, l'apatia, vanno
sconfitte.»
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