Penati: «Credo nella capacità dell'Italia di uscire da questa crisi»

«La recessione del 2008 sulle piccole e medie imprese è stata devastante e le banche non hanno reagito e hanno fatto finta di niente per 7 anni»

«Le banche sono un’industria in crisi che non fa più attività di investimento, con un’organizzazione vecchia di 20 anni, senza la possibilità di fare utili sui margini di interesse.»


Così al Festival dell’Economia il presidente del Fondo Atlante Alessandro Penati, il fondo nato per sostenere le banche italiane nelle proprie operazioni di aumenti di capitale e per favorire la gestione dei crediti in sofferenza del settore.
«La recessione del 2008 sulle piccole e medie imprese è stata devastante – ha detto Penati – le banche non hanno reagito e hanno fatto finta di niente per 7 anni, adesso il problema è ingigantito.
«Credo nella capacità dell'Italia di uscire da questa crisi, ma l'orizzonte deve essere la pazienza, per almeno 3-5 anni. Bisogna avere il coraggio di affrontare la situazione che non si risolve se le banche se non si rimettono a fare utili.
«Noi non siamo lì per gestire la banca ma per nominare un cda degno di questo nome e appoggiarlo dall'esterno per fare la ristrutturazione prima possibile e non è detto che non ci possano essere delle sorprese anche prima della fine dell'anno con un cash out parziale trovando un partner.»
 

 
«In queste settimane – ha detto ancora – come talpe abbiamo scavato sottoterra. Su come usare al meglio le risorse, ci siamo scervellati.
«Entro la prima metà luglio, sarei felice di farcela, una grande operazione Npl.
«Vogliamo concentrarci su un’operazione che sia un "template" anche per investitori internazionali. Che faccia capire cosa sia il mercato.»
Infine, rispondendo alle domande del pubblico sulle responsabilità della crisi del sistema bancario ha detto così.
«Non si può cercare solo da una parte. E’ responsabilità di Confindustria? Qualche responsabilità ce l'hanno anche i media e i sindacati, che non si sono accorti dei costi negli acquisti di sportelli.
«Poi ci sono responsabilità anche manageriali e degli azionisti.»