I negoziati tra Grecia ed Eurogruppo sono a un punto morto
Le parti sono in posizione di stallo e al momento la situazione è a rischio
Dopo una serie di alti e bassi, seguiti dagli inevitabili alti e bassi delle borse, i rapporti tra l’Eurogruppo e la Grecia sono arrivati a un punto morto.
Tsipras non vuole chiedere altri sacrifici alla sua gente, i creditori non intendono fare altre concessioni.
Dunque si è a un punto morto.
Forse è bene precisare a questo punto cosa sia l’Eurogruppo e chi siano i creditori.
L'Eurogruppo è un centro di coordinamento europeo che riunisce i Ministri delle finanze dei 19 Stati membri che adottano l'Euro, ossia la cosiddetta Eurozona.
Si tratta di una riunione informale che si svolge alla vigilia di un Consiglio dei ministri dell'Economia e delle finanze (Ecofin) e che permette di discutere di questioni economico-finanziarie legate all'Unione economica e monetaria dell'Unione europea (UEM).
L'organismo si è reso necessario in quanto, con l'allargamento dell'Unione europea a 28 stati, i 19 paesi che adottano l'Euro si trovano a rappresentare solo una parte, anche se maggioritaria, dell'Ecofin: gli incontri informali dell'Eurogruppo permettono di intensificare il dialogo sulle questioni connesse alle competenze specifiche che sono comuni agli stati dell'Eurozona.
Tra i principali creditori c’è il Fondo Monetario Internazionale, presieduto da Christine Lagarde, che intende incassare alla scadenza del 30 giugno il miliardo e mezzo che la Grecia deve restituire.
Il Fondo monetario internazionale (FMI) è un'organizzazione composta dai governi nazionali di 188 Paesi che ha le finalità di promuovere la cooperazione monetaria internazionale, facilitare l'espansione del commercio internazionale, promuovere la stabilità e l'ordine dei rapporti di cambio evitando svalutazioni competitive, dare fiducia agli Stati membri rendendo disponibili con adeguate garanzie le risorse del Fondo per affrontare difficoltà della bilancia dei pagamenti.
In relazione con detti fini si attiva per abbreviare la durata e ridurre la misura degli squilibri delle bilance dei pagamenti degli Stati membri.
In particolare l'FMI dovrebbe regolare la convivenza economica e favorire i paesi in via di sviluppo.
Tsipras ha deciso di sottoporre a referendum popolare la decisione di scegliere tra austerity e l’abbandono dell’euro.
Dal punto di vista della democrazia il principio non fa una piega, ma i creditori non gradiscono l’ipotesi, sia perché ritengono scontata la risposta negativa (anche se i sondaggi fanno pensare il contrario), ma soprattutto perché di fatto Tsipras sta chiedendo una ulteriore proroga in quanto il referendum potrebbe svolgersi solo il 5 luglio, cioè dopo la scadenza di fine mese.
Il ministro dell’economia italiano Padoan (che fa parte dell’Eurogruppo) ha dichiarato che per l’Italia non ci saranno problemi nel caso di un deprecabile default della Grecia.
Nessuno però allo stato è in grado di dire quali conseguenze potrebbe portare con sé il fallimento finanziario della Grecia. Non esistono modelli di riferimento ma solo ipotesi a tavolino.
Le considerazioni da fare sono dunque due.
La prima è che l’Europa dell’Austerity avrebbe dovuto cambiare marcia da tempo. Il fallimento di uno stato non è come quello di un’attività commerciale. Si tratta di milioni di persone che dovranno affrontare un periodo (di durata difficile da quantificare) di difficoltà imprevedibili. Se l’Europa è questa, abbiamo sbagliato qualcosa.
La seconda è che, da quando esiste l’economia, il creditore che non concede proroghe perde il proprio credito. Una Grecia che va in default comporterebbe la perdita totale del credito che il FMI vanta nei confronti di Atene.