Catoline di Bruno Lucchi: Sardegna, le grotte di «Is Zuddas»

Un'opera d0arte. Uno scenario fantastico creato dall’acqua, ccome nelle fiabe

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La Sardegna riesce a sempre a sorprendere.
Dai colori, alla trasparenza del mare alla natura selvaggia. Gli uomini dai visi bruciati dal sole e segnati dal lavoro e dal tempo cercano di addomesticarla per poterci convivere ma lei in qualche modo riesce sempre a essere sé stessa.
Libera e in certi angoli invalicabile.
Tradizioni, siti archeologici impressionanti, nuraghi, tombe dei giganti, domus de janas, necropoli, dolmen e i menhir, siti fenicio-punico, siti romani.
 
Spiagge incredibili a volte lunghissime e con la sabbia argentea, a volte rosa invase dai coralli a volte scogliere che cambiano colore, aranciate o nere come la pece.
Le nuvole che velocemente mutano di forma e colori e il cielo in divenire. Talvolta sembra impazzito.
«Talvolta sembra che ci voglia dire «questo è l’inferno» infuocato al tramonto e «questo è il paradiso» del blu, cobalto, blu di Persia, blu marino, zaffiro e via con tutte le tonalità conosciute e sconosciute.
 
La Sardegna mi ha sorpreso anche sotto terra.
Avevo già visitato qualche grotta ma non ero mai entrato in quelle di Is Zuddas a Santadi a sud-ovest. Create dall’incessante forza dell’acqua.
Un capolavoro sotterraneo in mezzo a rocce dolomitiche risalenti a circa 530 milioni di anni fa, due volte più antiche delle nostre dolomiti nelle alpi.
Uno scenario fantastico creato dall’acqua, come nelle fiabe.
 
In centinaia di milioni di anni in un reticolo di cavità carsiche che si trovano sotto un colle alto appena 240 metri, il monte Meana.
L’ingresso scoperto negli anni sessanta attraverso un cunicolo naturale e usato come cava di alabastro calcareo, più tardi, fu aperto un cunicolo artificiale e solo nel 1985 fu aperta al pubblico.
Il percorso lungo mezzo chilometro si snoda fra spettacolari stalattiti, stalagmiti e colate simili a cascate pietrificate.
 
La vera unicità sta nelle sottilissime «canule» e nelle delicatissime aragoniti aciculari, cioè ciuffi di cristalli simili ad aghi che crescendo hanno formato candide forme arborescenti chiamate dagli speleologhi «Fiori di grotta».
La sala delle Eccentriche dove si trovano queste forme sorprendenti di aragonite costituite da un intreccio di filamenti che si sono sviluppati in ogni direzione senza essere influenzate dalla forza di gravità con le loro forme bizzarre, uniche in Italia.
Diventano il simbolo della grotta e ancora sono oggetto di studi. La loro formazione è ancora avvolta nel mistero.
 
La visita guidata dura un’ora e a parte il terreno un po’ scivoloso per via dell’umidità al 100% è accessibile senza difficoltà.
Tutto questo raccontatoci da una preparata guida che ci accompagna nella visita di questo incredibile luogo.
Come al solito la preparazione di quest’ultima va oltre il visibile.
È arricchita da meravigliosi aneddoti che portano la mente di ognuno a fantasticare sul fantastico e inaspettato.
 
Io, ad esempio, mi sentivo osservato. Un pittoresco personaggio nascosto per bene dietro un’aragonite, ha deciso di attirare la mia attenzione strattonandomi per i pantaloni.
Incredulo mi scosto dal gruppo e mi fermo ad ascoltare. Un chiacchierone, anzi un vero e proprio imbonitore.
Mi propone di partire per un viaggio al centro della terra. A questo punto mi sento picchiettare su una spalla.
 
Era la mia Graziella che mi riportava alla realtà dicendomi di muovermi per uscire alla luce del sole. Meno male che c’è lei.
Ogni qual volta che la mia mente comincia a vagare come un aquilone, lei è il mio filo di alta qualità che mi tiene ancorato a terra.
 
Bruno Lucchi
 




























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