Flat Tax, finalmente i «Partita Iva» sono trattati con dignità
Per anni sono stati considerati imprenditori a tutti gli effetti anche se il più delle volte si trattava dell’unico modo di lavorare per chi non voleva assumere
Abbiamo letto che molti si lamentano che con la Flat Tax le Partite IVA pagheranno meno dei lavoratori dipendenti.
Per fare due conti, a parità di incasso, il lavoratore autonomo che fattura in un anno gli 85.000 euro previsti come soglia massima pagherebbe meno imposte per 6.500 euro rispetto al dipendente.
Il lavoratore autonomo non deve più caricare l’IVA all’imponibile ma solo una marca da bollo da 2 (due euro).
Rimangono invece costanti i contributi che entrambi devono versare per assistenza malattia e pensione.
L’aspetto positivo del lavoratore autonomo che opta per la contabilità forfettaria, però, sta nella semplificazione degli aspetti burocratici che, come si sa, per i lavoratori dipendenti li deve seguire il datore di lavoro.
L’aspetto negativo è che l’autonomo non si può scaricare nulla, né come Iva né come costo.
L’idraulico, ad esempio, non solo non può scaricarsi la quota di ammortamento dell’auto né la benzina per recarsi dai suoi clienti. Ma neanche i pezzi di ricambio che gli servono in tutte le prestazioni.
Queste le nostre considerazioni.
Anzitutto rileviamo che per anni il sistema ha considerato privilegiato il lavoratore autonomo, tanto vero che tutti gli sgravi che si sono succeduti nel tempo non hanno mai preso in considerazione la posizione dell’autonomo, come se fosse un imprenditore a tutti gli effetti. Cioè un «padroncino».
In realtà la maggior parte delle Partite Iva che sono state aperte negli ultimi decenni sono state volute dai datori di lavori che volevano il servizio fornito senza doverlo assumere come dipendente.
Ci sembra quindi giusto che finalmente il legislatore abbia preso in considerazione la posizione precaria dell’autonomo che fattura l’equivalente di uno stipendio.
Un ultimo aspetto che la gente spesso dimentica è che al lavoratore dipendente importa solo la cifra che si trova nella busta paga. Le ritenute fiscali e contributive deve svolgerle il datore di lavoro.
Quando chiede l’aumento gli interessa il netto e non gli importa che per avere 100 euro dovrà riceverne almeno il doppio.
E, in quanto dipendente, è protetto dai contratti di lavoro collettivo, che gli consentono di lavorare solo 40 ore di lavoro alla settimana, di fare il suo giusto mese di ferie e di ricevere la liquidazione al fine rapporto.
Altro aspetto - che in questa sede conta poco, ma che va preso nella giusta considerazione – il voucher.
Secondo noi è un modo per rispettare nei piccoli casi gli obblighi contribuitivi dei precari.
Gli studenti, per esempio, ne traggono vantaggi ed evitano il nero.
Quanto agli utilizzi perversi di Flat tax e Voucher, contiamo che gli organi di controllo sappiano garantire che tutti i diritti voluti dalla legge vengano rispettati.