Vino, la frenata dei consumi – Di Giuseppe Casagrande

«Ma supereremo la crisi – sostiene Piero Antinori – 50 anni fa la considerazione dei nostri vini nel mondo era pari a zero. Oggi con i Grandi Marchi è vero il contrario»

Piero Antinori, uno dei padri nobili del Rinascimento del vino italiano.

Alla vigilia del 33° Merano WineFestival (8-12 novembre) Piero Antinori, uno dei padri nobili del "Rinascimento" del vino italiano, per decenni alla guida della Marchesi Antinori, l'azienda toscana oggi guidata dalle figlie Albiera, Allegra e Alessia assieme all’amministratore delegato Renzo Cotarella, ha fatto il punto sul momento difficile che sta vivendo il settore vitivinicolo mondiale.

Lo aveva sottolineato nei giorni scorsi anche «L'Adigetto» parlando di vistoso calo dei consumi (dai 120 litri a persona degli anni Sessanta del secolo scorso ai 30 litri di oggi) con i vini rossi fortemente penalizzati, predilezione delle nuove generazioni verso altre bevande (birra, superalcolici, cocktail) e stili di vita, il tutto aggravato dalla crisi economica, dall'inflazione e dai cambiamenti climatici con i sempre più frequenti e disastrosi eventi che sconvolgono il pianeta.


«Cinquant'anni fa, quando io ho cominciato ad occuparmi di questo settore e di questa azienda - racconta a WineNews Piero Antinori - la considerazione del vino italiano nel mondo era praticamente pari a zero. Il vino italiano era considerato il vino di più bassa qualità che si potesse reperire sul mercato. La strada è stata lunga, difficile e faticosa, però devo dire che, in questi 50 anni, l’immagine del vino italiano è radicalmente cambiata.»

 

Il Tignanello, uno dei vini-icona dell'azienda toscana Marchesi Antinori.
 
 L'Istituto Grandi Marchi: tra le 18 cantine anche la Tenuta San Leonardo 
Antinori ha pronunciato queste parole in occasione del lancio del docufilm per i 20 anni dell'Istituto Grandi Marchi, di cui è stato il primo presidente, istituto che riunisce 18 delle più prestigiose cantine italiane: oltre ad Antinori, la Tenuta San Leonardo, Ambrogio & Giovanni Folonari, Argiolas, Ca’ del Bosco, Carpenè Malvolti, Col d’Orcia, Donnafugata, Jermann, Lungarotti, Masi, Mastroberardino, Michele Chiarlo, Pio Cesare, Rivera, Tasca d’Almerita, Tenuta San Guido e Umani Ronchi. Aziende che, messe insieme, vantano un fatturato di oltre 600 milioni di euro.
 

La famiglia Marchesi Antinori, Piero Antinori con le figlie Albiera, Allegra e Alessia.
 
 Il Rinascimento del vino italiano agli inizi degli Anni Settanta del Novecento 
Piero Antinori ha fissato un periodo preciso in cui il cambiamento dell’immagine del vino italiano, oggi ai massimi livelli in tutto il mondo, ha preso le mosse.
«Se si vuole dare una data a quello che io chiamo il Rinascimento del vino italiano - ha precisato - bisogna risalire all’inizio degli Anni Settanta del Novecento, quando alcuni produttori si sono resi conto che anche in Italia vi era la possibilità di produrre vini di alta qualità. Fino a quel momento, per secoli, direi, l’obiettivo principale è stato quello di produrre quantità e non qualità. Il consumatore italiano aveva bisogno di bere grandi quantità di vino a prezzi molto bassi, ed i produttori seguivano questa tendenza».
 
«Agli inizi degli anni ’70, per tanti motivi, ci siamo resi conto che nelle nostre terre, e soprattutto nelle nostre colline, avevamo un grande potenziale per produrre qualità, e che il mondo richiedeva molto più la qualità della quantità. C’è stata una trasformazione anche nel consumatore, per il cambiamento dello stile di vita, per la maggiore possibilità economica delle persone che si sono rese disponibili anche a pagare un po’ di più per avere una qualità migliore. Questo è stato un po’ l’inizio di un periodo che gradualmente, anno dopo anno, ha visto questa straordinaria crescita della qualità e, quindi automaticamente anche dell’immagine e della reputazione del vino italiano».
 
Un percorso lungo cinque decenni, che ha vissuto grandi trionfi, ma anche momenti molto difficili. Come quello che il mercato del vino mondiale sta vivendo in questi mesi con il calo dei consumi, l'inflazione, le guerre, i cambiamenti climatici e gli stili di vita che frenano i consumi. E viene da chiedersi se il mescolarsi di queste criticità non crei più preoccupazione che in passato, per il settore.
 

Il marchese Piero Antinori nella tenuta di San Casciano Val di Pesa.
 
 «Dobbiamo puntare sulla qualità e puntare a quei mercati ancora vergini» 
Ma Piero Antinori guarda al futuro con fiducia: «Le preoccupazioni ci sono sempre state. La mia famiglia è nel settore del vino dal Trecento. In tutti questi secoli ci sono stati momenti facili e momenti difficili. L’importante è non scoraggiarsi, anche se questo è un momento di particolare difficoltà per tutti i motivi che sono stati detti. Però, io credo che è un momento che verrà sicuramente superato, ne sono certo, se si continua a puntare sulla qualità del prodotto, se si continua ad operare anche come Istituto Grandi Marchi, in maniera collettiva, facendo sistema e cercando veramente di operare nella stessa direzione, tra aziende che condividono gli stessi valori. È vero che in certi mercati il consumo del vino sta diminuendo, vi sono difficoltà di tutti i generi. Ma è anche vero che, nel mondo, vi sono grandi aree che ancora, in realtà, non hanno scoperto il vino. E che prima o dopo, sono sicuro, lo scopriranno, e si apriranno nuovi mercati che consentiranno di superare più facilmente un momento come questo».
Parola di chi, quando ha iniziato la sua brillante carriera, promuoveva un vino italiano che era considerato il peggiore del pianeta e oggi, invece, ha conquistato il mondo.

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Giuseppe Casagrande - [email protected]

I marchesi Anselmo e Carlo Guerrieri Gonzaga col direttore della Tenuta San Leonardo Luigino Tinelli.