Storie di donne, letteratura di genere/ 426 – Di Luciana Grillo
Paola Corrente, «Dioniso e gli dèi morenti - Storia della morte e resurrezione divina nelle antiche mitologie mediterranee» – Un testo interessante e complesso
Titolo: Dioniso e gli dèi morenti. Storia della morte e resurrezione divina nelle antiche mitologie mediterranee
Autrice: Paola Corrente
Editore: Mimesis, 2021
Pagine: 320, Brossura
Prezzo di copertina: € 24
Fin dalla prefazione, l’autrice manifesta il proposito di parlare di divinità che possono morire e rinascere, facendo riferimento all’opera più nota (e contestata) di James G. Frazer, «Il ramo d’oro».
Paola Corrente si ripromette di dedicare maggiore attenzione a Dioniso, a Inanna/Ishtar e Baal, alla morte, alla catabasi e al sonno degli dèi, senza trascurare ovviamente Osiride, Adone, Attis, Demetra e Persefone.
Dioniso, figlio di Zeus, «universalmente conosciuto come il dio del vino e dell’estasi generato da questa potente bevanda, è anche, secondo alcuni miti e riti, un dio che muore e risorge».
Varie sono le testimonianze (Filodemo e Diodoro, I sec a.C.) e le tradizioni che hanno a che fare con Dioniso: secondo Apollodoro, «il dio nasce dalla coscia del padre Zeus, viene allevato da Ino e Atamante, perseguitato da Era e sottratto alla sua ira da Zeus»; secondo un’altra tradizione, il piccolo Dioniso, dopo tante trasformazioni per sfuggire ai Titani, «viene intrappolato e smembrato dai crudeli assalitori» quando assume l’aspetto di un toro; secondo Firmico Materno, nel IV sec. d.C., in un’immagine di Dioniso viene inserito il cuore del piccolo Bacco ucciso, fatto a pezzi e mangiato dietro incitamento di Giunone.
Tanti potrebbero essere gli approfondimenti su Dioniso, l’autrice fra le fonti cita Diodoro Siculo, Plutarco, Pausania, Aristofane.
Ci sono luoghi indicati come tombe del dio: Delfi o Tebe o il Parnaso, e ci sono anche tante tradizioni relative alla rinascita del dio: c’è Demetra che ne ricompone il corpo, c’è lo stesso Dioniso che ascende al cielo dopo la sepoltura, e c’è anche la tradizione secondo cui è lo stesso Zeus a riportarlo in vita.
Se poi, invece che di morte parliamo di sonno, Corrente ricorda il circolo poetico orfico, i rituali dionisiaci di Delfi descritti da Plutarco e Pausania e un’iscrizione di Rodi che celebra due riti, il risveglio e il sonno del dio.
Altri sono i luoghi delle feste, per esempio Creta e Argo; altri sono i riferimenti alla terra, all’ambiente, all’agricoltura, alla fertilità, e questa volta anche per Attis, dal cui sangue nascono le viole, e per Adone, dal cui sangue sbocciano le rose, come da Dioniso i melograni. Tutti e tre, per altro, sono di stirpe reale.
Ma l’accomunarli diventò motivo di critica per Frazer, accusato di aver mescolato «tradizioni e divinità che appartenevano a culture differenti e che erano molto distinte le une dalle altre».
Il mito di Adone è presente presso i greci, i fenici e gli egizi e il suo culto si trova in centri importanti come Sidone, Antiochia, Alessandria, Atene, Argo, eccetera.
Sarebbe nato dall’amore incestuoso di Teante e della figlia Smirna, trasformata nell’albero della mirra perché il padre non la uccidesse.
Dalla corteccia di questo albero sarebbe nato Adone, bimbo bellissimo affidato da Afrodite a Persefone, conteso tra mondo terreno e inferi, infine sbranato da un cinghiale.
Persefone, che secondo Esiodo è figlia di Demetra, diventa simbolo dell’amore che unisce madre e figlia; da sposa di Ade viene ritrovata da sua madre dopo «nove giorni di angoscioso pellegrinaggio».
Solo allora Zeus decreterà che la ragazza trascorra sei mesi negli Inferi con Ade e sei con sua madre sulla terra.
Quanto a Baal, secondo la tradizione che riguarda divinità orientali, «il dio muore durante le lotte con altre divinità (o forse quando si reca nell’oltretomba per incontrare Mot, che poi lo divora) e torna in vita», mentre Attis, il pastore Frigio che ha una relazione con una dea come Cibele, sarebbe stato ucciso da un cinghiale, proprio come Adone.
Invece Inanna/Ishtar – divinità dal doppio nome, il primo sumerico, il secondo accadico – avrebbe causato la sua morte essendo scesa agli Inferi per salvare suo marito.
Questo racconto, presente sia nella tradizione accadica che sumerica, non sarebbe stato noto a Frazer, eppure aveva paragonato questa vicenda alla storia di Orfeo ed Euridice.
Osiride, dio egiziano dei morti, era rappresentato come un corpo senza testa, avvolto nelle bende come una mummia oppure con corona, bastone e frusta fra le mani.
Anche il suo corpo era stato smembrato, ma il dio tornò in vita grazie all’intervento della moglie Iside che recuperò quasi tutto il corpo e gli ridiede la vita.
Ma insomma, alcuni dèi muoiono e risorgono, o no? «La questione rimane abbastanza complicata», forse più che di una risurrezione si tratta di un ritorno dagli inferi.
Certamente c’è una notevole corrispondenza fra tradizioni di civiltà diverse e lontane fra loro; sono in genere i figli che prendono la supremazia sui loro padri, come ci racconta ancora Esiodo, secondo cui Zeus mangia «la prima moglie Meti perché sa che lei gli darà un figlio più forte del padre».
E quanto alla morte e alla resurrezione di un dio, i miti relativi sono presenti in Grecia, in Mesopotamia, in Fenicia, in Egitto, e così via, ma non nelle regioni settentrionali dell’area medio-orientale.
Dioniso, pertanto, «sembra un concentrato di tutti essi, e, quindi, un dio morente e risorgente a tutti gli effetti».
A questo testo interessante e complesso, Corrente aggiunge una bibliografia davvero imponente.
Luciana Grillo - [email protected]
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