Inaugurata a Palazzo Roccabruna, è aperta fino al 3 febbraio
La mostra «Le opere d'arte nella collezione della Camera di commercio di Trento» sarà visitabile a Ingresso libero
Cesarina Seppi. Rocce e ghiaccio 1960.
Acquisire un'opera d'arte apporta un valore aggiunto e un arricchimento estetico, che assume spesso valenze emozionali.
Da ciò può nascere una forma di collezionismo privato segnato da componenti fortemente soggettive in base al gusto, alla cultura artistica, all’orizzonte economico del suo acquirente.
Se ciò avviene per la collezione di un Ente, la domanda da porsi è anche se il complesso delle opere raccolte nel tempo sia frutto della casualità oppure sia il risultato di un progetto meditato.
Nel caso delle opere d'arte di proprietà della Camera di Commercio di Trento – istituita nel 1851 a Rovereto e dal 1945 con sede a Trento nello storico palazzo di via Calepina – si può ipotizzare un criterio a mezza via tra volontà e occasionalità.
L'assenza di una documentazione d'archivio non consente di definire il modus operandi adottato dall'Ente per acquisire le oltre cento opere che formano la collezione (a cui si aggiungono una decina di carte geografiche storiche, escluse da questa breve trattazione), ma è certo che dagli anni cinquanta ai pri anni novanta, nel salone al piano terreno e nei grandi spazi del piano scantinato della sede camerale si vennero organizzando con una certa regolarità mostre d'arte che videro la partecipazione non solo di artisti trentini, ma anche di artefici da fuori provincia, provenienti principalmente dall'area veneta.
Un’ammirevole vicinanza al mondo dell'arte moderna e contemporanea, se si pensa che negli anni del secondo dopoguerra Trento soffriva di una carenza di luoghi espositivi, che si contavano sulla dita di una mano: la saletta del «Caffè Specchi» in via Manci, la sala al primo piano di Torre Vanga e quelle di Palazzo Pretorio, il Centro Culturale Fratelli Bronzetti, la «Sala Colonne» di Palazzo Sardagna (anch’essa in via Calepina), le sale della Ragione, saltuariamente il salone di Palazzo Galasso in via Manci e le gallerie d'arte che sorsero nel decennio dei sessanta («Il Castello» di Aurelio Gualazzi, 1960; L'Argentario di Ines Fedrizzi, 1962).
Gino Pancheri. La mietitura 1933.
Su questo tema, già nel 1965, Bruno Passamani nell'introduzione al catalogo del «Premio Trento» sollecitava così:
«Auspicabile sarebbe che il Premio Trento contribuisse a rendere più vivo il problema di una Galleria d'Arte Moderna nel capoluogo della Regione, già centro attivo di cultura e per tradizione e per recenti iniziative emananti dagli enti autonomi».
A raccogliere tale istanza sarebbe stato il Museo Provinciale d'Arte, inaugurato nel 1981 nella sede di Palazzo delle Albere.
Di quest’intensa – e ancora non sufficientemente studiata – missione artistica della Camera di Commercio di Trento è testimonianza qualche raro documento quali opuscoli e cataloghi, di cui rende conto il regesto negli apparati di questo volume.
Ricordiamone solo le tappe principali: nel 1953 si allestirono la «94ª mostra di Fortunato Depero», protagonista il grande futurista roveretano, e la «Collettiva Incisione e scultura» ove accanto agli artisti trentini si affiancano nomi fondamentali del panorama nazionale, Giovanni Barbisan, Mario Dinon, Tranquillo Marangoni.
Seguirono la «Collettiva incisori veneti» (1954); la Quinta mostra di arti figurative (1956); la collettiva «Artisti trentini 1959» e le successive edizioni, aperte come detto all'ambito extra regionale e in qualche caso nazionale.
Nel 1961 fu la volta della «Mostra provinciale d'arte figurativa»; nel 1962 la «Prima Mostra Regionale d'Arte Sacra per la Casa»; una personale di Umberto Savoia (1963); nel 1965 la prima edizione del «Premio Trento» e ancora, dagli esordi sino ai primi anni novanta, numerose mostre di singoli artisti.
Fortunato Depero, Il mio studio a New Milford 1948.
Una programmazione assai intensa, dunque, spesso influenzata dagli eventi artistici nazionali, e non era insolito che in queste occasioni l'artista segnalato o premiato lasciasse in dono l'opera o che fosse L'Ente a provvedere all'acquisizione.
Nel caso di mostre personali, invece, l'artista poteva cedere una o più opere in cambio dell'affitto della sala. In tal modo, per quanto riguarda il quarantennio 1950-1990, la Collezione è cresciuta gradualmente nel tempo e questo volume – che accompagna l'omonima mostra nelle sale di Palazzo Roccabruna – vuole esserne la dimostrazione.
Negli anni, questi appuntamenti con l'arte hanno permesso di arricchire il patrimonio di opere destinate a essere collocate negli ambienti di rappresentanza dell'edificio, seguendo un atteggiamento legato più a scelte di arredo o di abbellimento, e che non sottendeva una coerente idea collezionistica.
Peraltro così è stato in situazioni analoghe anche per altri enti del territorio. Basti pensare alla nutrita collezione della Regione autonoma Trentino-Alto Adige (oltre 1.200 opere) – implementata sin dal secondo dopoguerra da acquisti diretti a sostegno di molti artisti trentini e sudtirolesi – o alle importanti collezioni di alcuni istituti di credito.
Delegando ai musei del territorio una missione che non rientrava nelle norme statutarie dell'Ente Camerale, vi era tuttavia un certo compiacimento nel possedere opere che contribuivano a elevare il tono degli ambienti comuni come le sale riunioni, gli uffici di presidenza e di direzione.
E, con una certa frequenza, la rivista «Economia Atesina» (poi «Economia Trentina»), edita dalla Camera di Commercio dal 1952, pubblicava articoli e approfondimenti sull'arte, molti dei quali a firma di Guido Polo.
Quanto premesso, non deve trarre in inganno sulla qualità di una buona parte della Collezione, in cui spiccano alcuni nomi significativi del Novecento: a partire da Alcide Davide Campestrini con il «Ritratto di Giuseppe Grazioli» (p. XX) databile al 1904, unica tela di inizio secolo posseduta della Camera di Commercio e sicuramente presente anche nella sede roveretana.
A tale incipit si aggiungono i nomi di Elmo Ambrosi, Marcello [Iras] Baldessari, Carlo Bonacina, Mauro Cappelletti, Bruno Colorio, Fortunato Depero, Gino Pancheri, Guido Polo, Cesarina Seppi, Aldo Schmid, Riccardo Schweizer, Dario Wolf, Remo Wolf e molti altri.
Michelangelo Perghem Gelmi, Tre cestini al mercato 1980.
Una summa dell’espressione artistica di quegli anni. Artisti e artiste che, con approcci, sensibilità e percorsi formativi diversi, hanno creato l'arte trentina e sono stati protagonisti di importanti eventi espositivi in musei e gallerie, sia in vita che dopo la loro scomparsa.
E di questo – sospendendo il giudizio critico che non è lo scopo di questa nota – rendono conto, pur sinteticamente, le note biografiche a fine volume.
Come si sottolineava nel testo introduttivo al catalogo della mostra «Chiamata a raccolta. Collezioni private in mostra» alla Galleria Civica di Trento nel 2014, le collezioni pubbliche o private come quelle di proprietà di banche o enti hanno meriti indiscutibili.
Molte Casse Rurali (Trento, Rovereto, Arco, Tuenno, Pergine Valsugana, Valle di Fiemme e altre), la Cassa Centrale Banca, il Mediocredito Trentino-Alto Adige, altre banche storicamente presenti sul territorio come la Banca di Trento e Bolzano (ora Banca Intesa) e Sparkasse, ma anche la compagnia assicurativa ITAS, la Fondazione Cassa di Risparmio ed enti come la Provincia Autonoma di Trento e la Regione Trentino-Alto Adige, possiedono collezioni d'arte di varia e vasta portata, incrementate in decenni di acquisizioni.
Risultato di una politica di sostegno culturale attenta soprattutto all’arte del territorio, tali collezioni hanno il merito di presentare un panorama quanto mai variegato dell'arte trentina, senza disdegnare gli artisti debuttanti o recuperando figure del passato cui il destino riservò una minore fortuna critica, facendoli conoscere e diffondendone l’operato con monografie stampate in occasione di mostre o tramite strenne dono.
Ciò ha permesso negli anni di creare una nutrita e preziosa serie di strumenti di lavoro, spesso relativa ad artefici minori ma fondamentali per capire l'arte trentina nella sua globalità.
Opere editoriali altrimenti impossibili da realizzare, considerati gli orientamenti delle politiche museali.
Che non vi sia un mero atteggiamento di estemporaneità in questo genere di collezioni – si potrebbe dire di «opere nascoste» – lo dimostra il fatto che in molti casi (ITAS, Cassa Centrale, Regione, Fondazione Cassa di Risparmio, Cassa Rurale di Trento, Cassa Rurale Alta Valsugana...) si è fatto un passo in più, affidando a studiosi la catalogazione e l'inventariazione delle opere con la finalità di mettere a disposizione del mondo dell'arte e dei curatori, di musei e collezionisti i propri tesori per mostre o pubblicazioni.
Carlo Bonacina. Pescatore 1955.
Per tornare alla Camera di Commercio di Trento, risulta interessante la commessa affidata nel 1991 all'artista Remo Wolf di una cartella di 18 opere xilografiche, pubblicata in duecento copie e introdotta da un testo del carismatico Aldo Gorfer.
Il maestro trentino propose, come era nelle sue corde, un ciclo di xilografie a due colori che raccontano il territorio trentino sotto molteplici aspetti (pp. XX).
Con le parole di Gorfer:
«Wolf corre sul filo melodico del 'tumulto' dei paesaggi umanizzati, quindi storici della sua terra. Vi si scoprono realismo e allusioni, favole e allegorie, mai illusioni o sarcasmi [...] Si tratta di una nuova sequenza narrativa, di una rappresentazione del Trentino in due 'atti' scenici. Il primo fissa l'immagine, personalissima, del lavoro umano; il secondo traccia i profili naturali e storici sui quali il lavoro umano si muove».
Nulla di più coerente per un committente come la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento, che con lungimiranza commissionò l'opera, destinandola a omaggi particolari (5).
Nel volume il lettore troverà due sezioni di opere. Un corpus legato ai grandi nomi, ossia alle opere esposte in mostra, e un nucleo di artisti che con una certa cautela definiamo minori, non tanto sulla base di un giudizio estetico (del quale il curatore si assume la responsabilità), ma piuttosto per la scarsità di notizie biobibliografiche.
Non una divisione artificiosa o meritocratica, ma piuttosto l’intento di mostrare l'interezza di un patrimonio artistico così come è venuto a costituirsi negli anni.
Agli inizi del millennio la Camera di Commercio ha acquisito Palazzo Roccabruna, la casa dei prodotti trentini, destinando dopo un accurato restauro l'intero primo piano a sede espositiva.
Pur organizzando mostre legate a tematiche inerenti l'attività camerale, in molte occasioni sono state presentate anche mostre d'arte.
Tra le tante si ricordano Manifesti dello spumante italiano con prestigiosi prestiti dalla Raccolta Salce del Museo di Treviso (2004), che inaugurò la nuova sede espositiva; Le mele nell'arte di Paolo Vallorz e Luciano Zanoni (2005); I prodotti della terra. Artisti trentini tra Ottocento e Novecento (2008); Frammenti di vita. 65 scatti di Gios Bernardi (2018); Dentro la Natura. Albino Rossi (2020): Negli Studi. Volti e luoghi dell'arte contemporanea in Trentino (2020); Acqua. Matteo Boato (2022); Dialéctica. Mauro Cappelletti e Olaf Nehmzow (2023), nonché la serie di esposizioni legate alle collezioni del Museo nazionale della Montagna di Torino, allestite in occasione del Film Festival di Trento, e diverse mostre fotografiche.
Si riallaccia in tal modo quel dialogo con l'arte che nella prestigiosa sede di via Calepina, finestra di visibilità per tanti artisti della nostra terra, si era interrotto alla fine degli anni ottanta.
Quest’esposizione, se da un lato intende documentare al meglio quel periodo tanto fecondo, dimostra altresì la volontà della Camera di Commercio di restituire all’arte un nuovo contesto valorizzante.
Nell'auspicio che il volume che l'accompagna possa diventare strumento di lavoro e conoscenza non solo per gli studiosi, ma anche per chi riesce ancora ad emozionarsi davanti a un'opera d'arte.