Ultimo Pro e Contro: «Sì all’imposta di successione»
Il 53% ha risposto positivamente, il 36% si è detto contrario I ll 9% si è astenuto e il 2%... si è rifiutato di rispondere
Imposta di successione sì o no? Il dibattito dell'ultimo «Pro e
contro» organizzato dalla rivista online «lavoce.info», nell'ambito
del Festival dell'Economia di Trento, non poteva essere più vivace,
al punto da segnare significativi scostamenti nel voto del pubblico
prima e dopo la discussione.
Se inizialmente i favorevoli erano al 45% e i contrari al 43%, al
termine del dibattito non vi erano dubbi: il 67% degli astanti si
sono pronunciati a favore di questa imposta patrimoniale, perché
può contribuire a redistribuire la ricchezza e in definitiva a
raggiungere una società più equa.
A confrontarsi Graziella Bertocchi (favorevole), professoressa
presso la Facoltà di Economia dell'Università di Modena e Reggio
Emilia, e Alessandro De Nicola (contrario), presidente dell'Adam
Smith Society, moderati da Alberto Orioli, vicedirettore de "Il
Sole 24 Ore", e introdotti da Tullio Jappelli, professore di
Economia all'Università di Napoli e direttore del CSEF, Centre for
Studies in Economics and Finance.
Il primo voto del pubblico, non orientato dal dibattito, ha visto i
favorevoli all'imposta di successione al 45%, i contrari al 43% e
gli astenuti all'11%.
Quindi la parola è passata a Tullio Jappelli, professore
dell'Università di Napoli, che ha illustrato le peculiarità
dell'imposta di successione e il suo iter in Italia rispetto a
quello di altri paesi.
Questa imposta era stata abolita nel 2001 e pertanto per tutte le
successioni che si sono aperte dopo tale data e fino al 2006 non
veniva più versata.
Con la nuova finanziaria del governo Prodi è stata reintrodotta, ma
in forma attenuata: è stata infatti elevata la franchigia a un
milione di euro per successioni tra genitori e figli e a centomila
euro per successioni tra fratelli, l'aliquota è del 4%.
A favore dell'imposta di successione Graziella Bertocchi, che ha
portato alcuni esempi autorevoli, come Luigi Einaudi e Warren
Buffet (il secondo uomo più ricco del mondo).
«Attualmente l'imposta di successione è ai minimi storici - ha
commentato Bertocchi - nei fatti è pagata solo dai più ricchi e
colpisce non il reddito bensì il patrimonio che, in Italia, è
distribuito in modo molto più diseguale del reddito.
«La disuguaglianza della ricchezza si sta allargando: in Italia la
ricchezza è infatti ampiamente ereditaria e non è dovuta al merito,
ovvero alla capacità individuale di produrre reddito e
risparmiare.
«Siamo in una situazione ingessata. L'imposta di successione ha un
intento redistributivo e favorisce equità sociale.»
Incisiva l'arringa di Alessandro De Nicola, che è partito da alcuni
esempio autorevoli, come Adam Smith padre della moderna economia,
per smontare la tesi proposta da Graziella Bertocchi.
«La tassa di successione è costruttivista, ovvero è imposta da
politici e burocrati per i loro fini. - ha commentato De Nicola. -
È inefficiente, perché non c'è nessuna certezza che possa
contribuire a redistribuire la ricchezza o ad aumentare la mobilità
sociale, anzi alcuni paesi del Nord Europa dove la mobilità è fra
le più alte hanno abolito questa tassa.
«Senza considerare che favorisce l'evasione fiscale, presenta
elevati costi di enforcement e causa una diminuzione dello stock
complessivo di ricchezza con evidenti ripercussioni sugli
investimenti.
«È ingiusta ed iniqua perché abbiamo già pagato le tasse, abbiamo
versato l'imposta di registro, le imposte sul reddito, in questo
paese che è quello con la maggiore tassazione.»
Infine, prima della seconda votazione, le domande dei 30 studenti
del focus group, selezionati in tutta Italia, che hanno fornito
spunti interessanti al dibattito.
La seconda votazione del pubblico ha incoronato la tesi di
Graziella Bertocchi: il 67% dei presenti si è pronunciato a favore
dell'imposta di successione, rispetto al 31% dei contrari, solo il
2% gli astenuti.
In chiusura Marco Malgarini ha presentato una ricerca ISTAT del
maggio 2011 su un campione di 2.000 italiani, selezionati su base
geografica e demografica.
Leggermente diversa la domanda presentata al campione di
intervistati, ai quali è stato chiesto di rispondere se si era a
favore di una maggiore progressività dell'aliquota dell'imposta di
successione, ovvero di una tassa più elevata per i patrimoni
maggiori.
Il 53% ha risposto positivamente, il 36% si è detto contrario, il
9% si è astenuto e il 2% si è rifiutato di rispondere.
Poche le differenze fra gli intervistati con figli o senza figli,
mentre significative le differenze a seconda del tasso di
scolarizzazione: il 74% dei laureati ha infatti risposto di essere
favorevole all'imposta, rispetto al 50% delle persone in possesso
del diploma.
Tanto di cappello a coloro che si sono «rifiutati di
rispondere».