Panico da borsa: «La lezione delle formiche delle Alpi»
Kirman: «La responsabilità degli economisti? La stessa dei fisici che studiarono la bomba atomica»
«Il mercato come singolo non esiste.
- dice il professor Kirman. - C'è un insieme di player, di agenti
che concorrono a determinare gli accadimenti. Purtroppo, l'economia
sembra non voler tenere conto che la realtà è complessa, fatta di
variabili, e continua a basarsi su modelli imperfetti, non corretti
che poi vengono presi a riferimento dalla politica.
«Da qui, - aggiunge - la scarsa capacità ad anticipare eventi e
fenomeni gravi, come le bolle e le crisi che spesso degenerano in
panico collettivo. Abbiamo l'obbligo di costruire modelli economici
diversi, dove l'interazione diretta tra gli individui è un dato di
fatto e dove i prezzi si spostano e non si stabilizzano. Nessun
modello adottato ha previsto una crisi e questo è folle.»
Nella sua analisi, per molti rivoluzionaria, c'è un mix di
sociologia, biologia, chimica e altre scienze che solitamente non
abitano le stanze algide di accademici ed economisti.
Il professor Frank Paul Weber spiega l'economia e le sue dinamiche
citando le formiche, le api e i topi cavia, perché è convinto che
nei comportamenti collettivi sta la chiave per capire le regole
reali dei mercati.
La fama di questo scienziato atipico e visionario è consolidata
come il suo curriculum: Alan Kirman, è professore emerito di
economia all'Università di Aix-Marseille III e alla Ecole des
Hautes Etudes en Sciences Sociales. Non solo, è stato eletto fellow
della Econometric Society ed insignito dell'Humboldt Prize e della
carica di Chevalier de l'Ordre des Palmes Academiques.
I suoi studi più recenti riguardano la relazione tra comportamento
economico individuale e collettivo ed ha lavorato sulla teoria
generale dell'equilibrio, del commercio internazionale, della
teoria dei giochi e matematica, informazione, welfare e public
decision-making economics.
Lo studioso non ha dubbi sulla responsabilità degli economisti
nelle crisi (economiche ma soprattutto finanziarie) degli ultimi
anni.
«Hanno la stessa responsabilità dei fisici che studiarono la bomba
atomica. Loro studiavano l'atomo ma sapevano degli effetti che
l'ordigno avrebbe causato.»
«Per troppo tempo - spiega Kirman - noi economisti abbiamo usato
modelli non corretti che venivano poi adottati dai politici e
troppe persone, soprattutto dentro la comunità finanziaria, si sono
comportate in maniera non corretta: in quei modelli, la crisi non
poteva verificarsi. C'è il caso della Grecia sull'orlo della
bancarotta, eppure se prendiamo ad esempio il modello standard
economico vediamo che le reti di banche non ci sono. Però tutti noi
sappiamo che nella realtà esistono ed operano.»
Il professor Kirman cita più volte uno dei grandi della finanza
internazionale.
Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve americana, l'uomo
che ha contrastato il crollo delle borse e delle banche degli
scorsi anni. Uno dei pochi che è passato incolume tra Bush e
Obama.
«Eppure - ricorda - nel 2004 Ben Bernanke scriveva che i mercati
non erano più volatili. Tutti noi abbiamo visto come è andata a
finire.»
Per analizzare i mercati finanziari occorre, quindi, molta
attenzione ed è qui che Kirman cita una nuova scienza: la neuro
economia.
«Gli economisti - spiega - sono troppo stressati dall'efficienza
mentre io continuo a pensare che il problema sia il coordinamento
tra le diverse azioni intraprese in campo economico.»
Ed è in questo contesto che Kirman cita le formiche.
«Nessuna formica ha una visione generale, ma tutte agiscono dentro
un contesto coordinato. Lo stesso fanno le api.»
Un buon modo è cogliere l'esternalità, ovvero capire le conseguenze
di un'azione sul contesto generale: è questo che diventa - secondo
Kirman - centrale.
«Per capire un mercato dobbiamo conoscere la rete di rapporti tra
banche e governi. Dobbiamo aumentare la capacità di calcolo degli
agenti. Dobbiamo pensare come le formiche che ragionano nella loro
esternalità, nella loro complessità.»
La maggior parte dei mercati si basa sull'ipotesi dell'efficienza,
dove gli economisti hanno già tutte le informazioni, i prezzi che
seguono un ordine preciso.
«Tutto questo non è vero - ripete Kirman, - noi non conosciamo i
prezzi futuri e non cogliamo i cambiamenti. Per questo motivo ci
comportiamo come un gregge, andiamo avanti per inerzia, come nel
caso dei derivati che sono stati generati sul principio della
diversificazione del portafoglio per ridurre il rischio…».
Quello che è poi successo è storia.