Storie di donne, letteratura di genere/ 545 – Di Luciana Grillo
Giustina Selvelli, «Capire il confine - Gorizia e Nova Gorica...» – Un resoconto appassionante e documentato cosa significa abitare una terra di frontiera.
Titolo: Capire il confine. Gorizia e Nova Gorica: lo sguardo
di un’antropologa indaga la frontiera
Autrice: Giustina Selvelli
Curatrice: Martina Napolitano
Editore: Bottega Errante Edizioni, 2024
Genere: Socio-antropologico
Pagine: 184, Brossura
Prezzo di copertina: € 20
L’autrice racconta i luoghi in cui è nata, la cortina di ferro che separava quel lembo orientale d’Italia da un mondo «altro», il suo allontanamento e il suo ritorno.
Questo testo non è, però, una autobiografia, ma una autoetnografia, «basato sulla raccolta di dati qualitativi relativi alla mia vita».
La sua infanzia è trascorsa in un piccolo paese, Pieris, attraversato dal fiume Isonzo che divide la provincia di Udine, dove si parla il friulano, da quella di Gorizia dove si parla un dialetto di origine veneziana, il bisiaco.
I genitori spesso varcavano il confine e la bimba notava non soltanto la presenza di una vegetazione ricca, ma anche l’architettura «brutalista sovietica», fatta di enormi anonimi casermoni.
A Nova Gorica i prezzi erano più convenienti che a Gorizia, si compravano «snack improbabili come le barrette di cioccolato e fragola, le caramelle PEZ…, la tanto agognata birra Lasko Zlatorog originale».
Dopo il paesello, l’autrice ha vissuto a San Diego, in California, dove ha trovato un altro confine assai vicino, quello con il Messico, paese di origine della mamma, mentre il padre era nato a Costantinopoli, da una madre italo-armena e un padre italo-dalmata.
Andare in Messico da San Diego era attraversare un altro confine, «tramite il valico di San Ysidro, uno dei più trafficati al mondo… Il contrasto tra i due paesi era davvero impressionante…», era passare fra realtà molto diverse, tra il nord e il sud del mondo, come il confine tra Gorizia e Nova Gorica rappresentava la frontiera tra capitalismo e socialismo.
Selvelli cerca di ricostruire la grande Storia anche ripercorrendo le piccole storie familiari, descrivendo i nonni paterni – la nonna nata al tramonto dell’impero asburgico e il nonno alla fine di quello ottomano, – le abitudini alimentari della famiglia, l’irredentismo del bisnonno che combatté durante la prima guerra mondiale in divisa austriaca, il blocco dei ciclisti che durante il Giro d’Italia del 1946 furono fermati dagli operai dei cantieri di Monfalcone che «auspicavano l’assegnazione dell’intera Venezia Giulia alla Jugoslavia di Tito».
E scrive poi di istruzione, delle scuole separate per italiani e sloveni, della «repressione della minoranza slovena durante il fascismo», dei campi di internamento e delle foibe, di cui comunque non si parlava perché si tentava di negare il passato, della lingua tedesca che «costituisce una delle quattro lingue ufficiali riconosciute e tutelate, assieme a italiano, sloveno e friulano», dei tentativi di italianizzazione degli sloveni che furono costretti a modificare i loro nomi e cognomi.
Dagli anni ’90 del secolo scorso la Slovenia ha cominciato a pensare di entrare nell’Unione Europea e quando finalmente la pratica è stata conclusa, nel 2004, l’autrice festeggiò «in maniera spontanea con i miei amici, la notte del 30 aprile, l’ingresso della Slovenia nell’U.E.».
Dunque il confine sempre «visto» e considerato normale, viene abolito, fra le diverse comunità fioriscono pregevoli attività culturali transfrontaliere, dedicate alla letteratura, all’arte contemporanea, alla musica, al multiculturalismo e al multilinguismo e, recentemente, alla sostenibilità e all’inclusività. Eppure, i confini resistono, nella mente delle persone…
Selvelli analizza la sua esperienza personale e capisce che «se gli irrigidimenti identitari di queste terre a ovest del confine avevano segnato il mio mondo giovanile, creando frustrazioni, evocando mancanze, relazioni troncate, rizomi spezzati, con il tempo avevo saputo tessere queste fratture in orditi volti a ricongiungere i nessi tra le parti… compresi che era anche in situazioni di incontro come quella in cui avevo la fortuna di trovarmi che si giocava il futuro di quella frontiera: assieme, con le nostre identità plurime e in costante movimento, stavamo contribuendo a costruire un futuro diverso per Gorizia e Nova Gorica. C’era un nuovo sogno in cui credere e c’era una ragione per essere ottimisti, finalmente».
Questo saggio è completato da inserti relativi alla Storia dei luoghi e da una rigorosa Cronologia che dal 1500, quando Gorizia diventò terra di dominazione asburgica, arriva al 21 ottobre 2023, quando viene sospeso il trattato di Schengen e vengono reintrodotti i controlli ai valichi di confine, a causa del conflitto israelo-palestinese.
Luciana Grillo - [email protected]
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