Da oggi il mondo è più triste: è morto Bud Spencer
Il figlio Giuseppe: «Papà è volato via serenamente alle 18.15. Non ha sofferto, aveva tutti noi accanto e la sua ultima parola è stata grazie»

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Bud Spencer si chiamava Carlo Pedersoli, era nato a Napoli il 31 ottobre 1929 in una famiglia benestante, da Rosa Facchetti, di origine bresciana, e da Alessandro Pedersoli, napoletano.
Era alto un metro e 92 centimetri, pesava 125 kg.
Si appassiona a diversi sport, in particolare al nuoto, per il quale dimostra una grande predisposizione, vincendo subito alcuni premi. Nel 1940, Pedersoli lascia Napoli insieme alla famiglia per motivi legati al lavoro del padre, e si trasferisce a Roma, dove inizia le scuole superiori ed entra a far parte di un circolo di nuoto.
Conclusi gli studi con il massimo dei voti, non ancora diciassettenne si iscrive all'Università di Roma, dove studia chimica. Nel gennaio del 1947 la famiglia si trasferisce nuovamente, questa volta in Sud America, e Pedersoli è quindi obbligato ad abbandonare gli studi.
In Brasile, lavora presso il consolato italiano di Recife.
Pedersoli torna in Italia verso la fine degli anni quaranta, dopo essere stato tesserato dalla S.S. Lazio Nuoto; si è affermato ai campionati italiani di nuoto nello stile libero e nelle staffette miste.
Nei cento metri stile libero è entrato nella storia per essere stato il primo italiano a infrangere la barriera del minuto netto: precisamente con il tempo di 59"5 nel 1950 sia a Salsomaggiore in vasca da 25 metri che a Vienna.
Nel 1949 ha esordito in nazionale e l'anno dopo è stato convocato per i campionati europei di Vienna dove ha nuotato in due finali, quinto nei 100 m e quarto con la staffetta 4×200 m.
Nel 1951 ai Giochi del Mediterraneo di Alessandria d'Egitto ha vinto due medaglie internazionali nel nuoto: secondo sia nei 100 m che con la 3×100 metri mista.
È stato giocatore di rugby come seconda linea. Nel frattempo approfitta per riprendere gli studi, infatti si iscrive nuovamente all'Università di Roma, alla facoltà di Giurisprudenza (successivamente studierà anche Sociologia), non portandoli però a termine.
Il suo fisico massiccio e imponente viene, però, notato dall'ambiente cinematografico. Il suo esordio, quasi casuale, avviene nella grande produzione hollywoodiana «Quo vadis?», un peplum nel quale impersonava una guardia dell'impero romano.
In seguito continuerà occasionalmente a recitare in piccole parti, la più nota delle quali è quella nel film di Mario Monicelli «Un eroe dei nostri tempi», che lo vede contrapposto ad Alberto Sordi nei panni di Nando, fidanzato manesco e nerboruto della giovane Marcella (interpretata da Giovanna Ralli). Nel 1954 figura, insieme a Raf Vallone, tra gli interpreti di «Siluri umani», film di guerra che rievoca alcuni aspetti particolari della guerra sul mare.
Contemporaneamente gareggia per i colori italiani ai Giochi della XV Olimpiade di Helsinki nel 1952 la gara dei 100 m stile libero. Dopo i Giochi olimpici, insieme ad altri promettenti atleti, viene invitato alla Yale University, e trascorre alcuni mesi negli Stati Uniti.
Nel 1955 viene convocato ai Giochi del Mediterraneo di Barcellona come pallanuotista, e in quell'occasione vince con la nazionale la medaglia d'oro.
L'anno dopo partecipa ai Giochi della XVI Olimpiade a Melbourne in cui nei 100 m stile libero è giunto ancora fino alla semifinale.
Dopo questi eventi, Pedersoli decide di dare una svolta alla sua vita, perché secondo le sue parole «ero stanco della vita ai Parioli» (quartiere benestante di Roma).
Pedersoli ritorna in Sud America, al quale era rimasto fortemente legato, e rivoluziona le sue priorità.
Per nove mesi lavora alle dipendenze di un'impresa statunitense impegnata nella costruzione di una lunga strada di collegamento tra Panamá e Buenos Aires (la celebre Panamericana), nel tratto tra il Venezuela e la Colombia.
Conclusa questa esperienza passa alle dipendenze dell'Alfa Romeo di Caracas, nella quale lavora fino al 1960 e con cui disputa, come pilota, la Caracas-Maracaibo.
Nel frattempo partecipa con la squadra venezuelana di nuoto in numerose gare nazionali e internazionali.
Nello stesso anno torna a Roma e partecipa alle Olimpiadi di Roma 1960.
Successivamente sposa Maria Amato, di sei anni più giovane e conosciuta ben quindici anni prima. Il padre della moglie è il noto proprietario di sale cinematografiche, nonché produttore cinematografico, Giuseppe Amato (detto Peppino), ma inizialmente Carlo non sembra interessato al grande schermo.
Ciò nonostante firma un contratto con l'etichetta musicale RCA, scrivendo i testi per noti cantanti italiani, come Ornella Vanoni e Nico Fidenco e anche qualche colonna sonora.
L'anno seguente, 1961, viene alla luce Giuseppe, il primo figlio, al quale segue nel 1962 Christiana.
Nel 1964 il suo contratto con la RCA scade e il suocero muore.
La situazione spinge Pedersoli a cambiare attività, diventando un produttore di documentari per la Rai.
Nel 1967 Giuseppe Colizzi gli offre un ruolo in un film che accetta dopo qualche esitazione.
Pedersoli racconta infatti di avere inizialmente rifiutato la parte a causa della paga offerta di sole 1 milione di lire, di fronte alla sua richiesta di 2 milioni di lire dovuta alle quattro cambiali in scadenza.
Anche il colloquio con il regista non era andato particolarmente bene: non si faceva ancora crescere la barba e non sapeva andare a cavallo.
Nonostante questo, il regista non riuscì a trovare nessuno con la sua struttura fisica, pertanto dopo qualche tempo lo richiamò e gli offrì la parte alle condizioni che Pedersoli aveva richiesto.
Sul set conosce il suo partner di lavoro, un altro giovane attore con al suo attivo varie pellicole ma in ruoli secondari e sconosciuto al grande pubblico, Mario Girotti, il futuro inseparabile compagno meglio noto come Terence Hill.
Il film «Dio perdona... io no!» è la prima pellicola della coppia, diventata poi nel tempo inossidabile per questo genere di produzioni.
Alle due star nelle presentazioni in locandina viene consigliato di cambiare i propri nomi, considerati «troppo italiani» per un film western e per fare colpo a livello internazionale; inoltre, questa trovata avrebbe reso più appetitose le opere e i personaggi interpretati.
Carlo Pedersoli si crea quindi il suo pseudonimo, ovvero Bud Spencer (in omaggio all'attore Spencer Tracy e giocando con ironia sul nome della birra Budweiser, commercializzata in Italia come Bud) mentre Mario Girotti sceglie il suo da una lista di venti nomi inventati.
Bud e Terence hanno girato insieme 18 film, 16 dei quali come coppia protagonista.
Nel 1970 la coppia gira lo spaghetti-western «Lo chiamavano Trinità...», per la regia di E.B. Clucher (pseudonimo di Enzo Barboni), diventato nel tempo un vero e proprio film cult, non solo in Italia: in Germania in particolare, ha riscosso un grandissimo successo.
L'anno seguente arriva la consacrazione definitiva con il sequel del film «...continuavano a chiamarlo Trinità», sempre con la regia di E.B. Clucher, che riesce a replicare il successo al botteghino in tutta Europa, elevando Bud e Terence al rango di star internazionali.
Bud Spencer sperimenta anche altri generi cinematografici: il thriller, lasciandosi dirigere da Dario Argento in «4 mosche di velluto grigio» (1971), e il dramma di denuncia civile con «Torino nera» (1972) di Carlo Lizzani, ma ovviamente il successo è sicuramente minore rispetto alla popolarità internazionale che riguarda le pellicole che lo accoppiano a Terence Hill.
Nel 1972 nasce Diamante, la terza figlia di Bud, che diverrà anch'essa attrice, lavorando col nome d'arte di Diamy Spencer insieme al padre in «Superfantagenio» (1986) di Bruno Corbucci e «Un piede in paradiso» (1991) di E.B. Clucher.
L'anno seguente inaugura la fortunata tetralogia di «Piedone lo sbirro» (cui seguiranno Piedone a Hong Kong del 1975, Piedone l'africano nel 1978, e infine Piedone d'Egitto del 1980), nata da una sua stessa idea e che lo vede protagonista assoluto (senza quindi la compagnia dell'amico Terence) per la regia di Steno, indimenticato re della commedia all'italiana.
Negli stessi anni il collaudato sodalizio con Hill prosegue il proprio cammino trionfale, girando pellicole come «...più forte ragazzi!» (1972), «...altrimenti ci arrabbiamo!» (1974) e «Porgi l'altra guancia» (sempre del 1974), che si piazzano immancabilmente ai primi posti dei film più visti nelle sale cinematografiche italiane.
Sei anni dopo il successo dei due Trinità, i due tornano ad essere diretti da E.B. Clucher in «I due superpiedi quasi piatti» (1977), riscuotendo ancora una volta un buon successo di pubblico.
Negli anni successivi girano altri due film insieme, «Pari e dispari» (1978) e «Io sto con gli ippopotami» (1979), un altro film cult, diretto da Italo Zingarelli.
Sempre nel 1979, Bud riceve il premio Jupiter come star più popolare in Germania. L'anno seguente torna al genere western dieci anni dopo l'ultima esperienza con la pellicola «Occhio alla penna».
Nel 1999, pochi giorni dopo il trionfo di Roberto Benigni a Los Angeles nella notte degli Oscar per «La vita è bella», la popolare rivista statunitense TIME, sulla scia dell'evento, pubblica una classifica degli «attori italiani più famosi del mondo» nella quale Bud Spencer occupa il primo posto, seguito da Terence Hill al secondo.
A una decina d'anni dal loro ultimo film insieme (Miami Supercops - I poliziotti dell'8ª strada, del 1985), nel 1994, dopo diversi progetti andati a vuoto, la coppia si riunisce (senza troppa fortuna) sul set di «Botte di Natale», un western diretto dallo stesso Terence Hill.
Nel frattempo però, Bud Spencer riscuote un grande successo con le serie televisive Big Man (1988), «Detective Extralarge» (1991-1993) e «Noi siamo angeli» (1997). Nello stesso anno fa un cameo nel film di Pieraccioni «Fuochi d'artificio».
Nel 1989 riceve il Telegatto per «Big Man», ritenuto il miglior telefilm italiano della stagione.
Nel 1992 si aggiudica un Telegatto - stessa motivazione del precedente- per «Detective Extralarge», e un altro assieme a Terence Hill per l'altissimo share dei film della coppia trasmessi in Tv nel 1991.
Parallelamente al cinema, Spencer porta avanti le sue passioni, fra le quali c'è anche quella del volo.
Nel 1975 consegue la licenza di pilota di elicottero per l'Italia, la Svizzera e gli Stati Uniti.
Da non dimenticare anche l'amore per la musica. Nel 1977 scrive alcune canzoni per il suo film «Lo chiamavano Bulldozer» insieme ai fratelli De Angelis (in arte Oliver Onions), delle quali una viene da lui stesso interpretata durante il film.
Nel 2010 ha pubblicato la sua biografia ufficiale, intitolata «Altrimenti mi arrabbio: la mia vita».
Nel 2011 ha pubblicato la seconda parte della biografia espressamente per il mercato tedesco.
Nel 2014 è apparso il suo terzo libro, «Mangio ergo sum», in cui mescola filosofia e gastronomia.
Bud Spencer un tempo aveva dichiarato: «Non temo la morte. Dalla vita non ne esci vivo, disse qualcuno: siamo tutti destinati a morire. Da cattolico, provo curiosità, piuttosto: la curiosità di sbirciare oltre, come il ragazzino che smonta il giocattolo per vedere come funziona.
«Naturalmente è una curiosità che non ho alcuna fretta di soddisfare, ma non vivo nell'attesa e nel timore. C'è una mia canzone che racchiude bene la mia filosofia: «Futtetenne», ovvero fregatene».
La sua morte è avvenuta oggi 27 giugno del 2016 ed è stata annunciata dal figlio Giuseppe così: «Papà è volato via serenamente alle 18.15. Non ha sofferto, aveva tutti noi accanto e la sua ultima parola è stata grazie.»
Grazie lo diciamo anche noi a lui per le bellissime ore che ci ha fatto passare guardando i suoi film, dove era l’omone che pestava i cattivi per noi che non eravamo in grado di farlo.
Si ringrazia Wikipedia per le note e le immagini che ci ha lasciato attingere.