Un Festival dai grandi numeri, e dai grandi contenuti
Alcuni appunti e alcune nostre considerazioni sugli eventi e sui relatori
Se può essere indicativo di
qualcosa, digitando "Festival dell'Economia" su «Google»
si trova la disponibilità di oltre un milione di
voci presenti sotto forma di link. Nel nostro piccolo, digitando
Festival dell'Economia accanto al nome Adigetto, troviamo la
risposta di 450 voci. D'altronde, in quattro
giorni, abbiamo scritto e/o pubblicato qualcosa come 155
interventi, distribuiti fra la prima pagina e le quattro
pagine dedicate al festival dell'Economia.
Le stesse visitazioni del nostro giornale online in questa
settimana sono più che raddoppiate e va da sé che ci aspettiamo che
rimangano a questi livelli.
Il maggiore interesse è stato nutrito dalla possibilità di accedere
alle manifestazioni in diretta tramite il nostro giornale. Chi non
poteva guardare una TV convenzionata, oppure era lontano dal
Trentino, poteva accedervi sul Web cliccando «Il
Festival in Diretta» sulla nostra prima pagina.
Al festival hanno partecipato personalmente settantamila persone.
Si sono svolti più di 86 eventi, accompagnati da
18 manifestazioni collaterali. Un
centinaio i giornalisti coinvolti dall'Ufficio Stampa del
festival. Unico neo, la scarsa partecipazione di relatrici
donne.
Per quanto riguarda i contenuti del Festival desideriamo ora
pubblicare un nostro commento sulle manifestazioni che secondo noi
meritano un cenno di commento a bocce ferme.
Il festival era cominciato con anticipazioni sulla posizione del
Premio Nobel Gary Becker, che cinicamente spiegava
come la pena di morte fosse la soluzione finale col migliore
rapporto costi benefici nella lotta tra il bene e il male.
Alla faccia del Capitale Umano e della sua ricaduta sul Capitale
Sociale… he he. Ma ognuno ha diritto di dire quello che pensa, e la
sua definizione si era volatilizzata con la stessa rapidità con cui
si era materializzata.
In effetti, il festival si è mosso per altre direzioni e su altre
portanti, e lo stesso intervento di Becker si è sviluppato sui
ruoli della conoscenza e della formazione continua del capitale
umano. Anche lui con uno sguardo verso le donne.
Va detto che molti relatori del festival si sono prodigati sul tema
delle discriminazioni tra uomo e donna, tra etnia e etnia, tra
immigrati e residenti. Un po' scontate a volte le analisi, quando
«scoprono» che la donna preferisce stare a casa perché «è più
adatta a fare da mamma», o piuttosto improbabili quando rilevano
che «sta a casa il coniuge che guadagna meno», cioè la donna. In
realtà le cose vanno come vanno, e il più delle volte le
circostanze sono dettate dall'insieme di fattori esterni sui quali
non ci sono ruoli da giocare.
Forse per questo la maggior parte ha preferito soffermarsi sulle
analisi, scegliendo di non esprimere previsioni né tanto meno
suggerimenti. Per Josè Dolado è una questione di
educazione, mentre per Nicola Persico una buona
legge avrebbe portato risultati dopo almeno 30 anni, meglio tra due
generazioni.
L'aspetto che ha stonato in questo contesto è, come abbiamo
accennato in premessa, che il festival era poco tinto di rosa.
Speriamo meglio per il futuro.
E' sempre stato un piacere ascoltare Tullio de
Mauro, e stavolta ha riportato i risultati di un'analisi
dell'Istat che esponeva la realtà della situazione educazionale
italiana, rapportata con quella europea. Così abbiamo scoperto che
nel nostro Paese l'«analfabetismo di
ritorno» (come lo chiama lui) si è portato
all'incredibile soglia del 5%, percentuale che comunque non è molto
più alta del resto d'Europa. Come dire che ogni 100 persone ce ne
sono 5 che non sanno distinguere una lettera da un'altra…
Ad una nostra domanda sull'«analfabetismo
funzionale», ci ha risposto che allora la percentuale
si impenna improvvisamente, portandosi al 33-34%. «E in questo
campo - ha precisato - l'Italia distacca di molte lunghezze il
resto d'Europa.»
Come dire che nel nostro paese, su 100 persone ce ne sono 33-34 che
sanno un sacco di cose ma che non sanno cosa farsene di quello che
sanno. Ma non ci si riferisce solo alla capacità di comprendere il
significato di quello che si sta leggendo, ma anche il mettere a
frutto conoscenze derivanti da anni di studio scolastico e
universitario. Sono facili da recuperare gli «analfabeti
funzionali», ma resta una piaga che riduce di molto la capacità
operativa del Capitale umano.
Altro analfabetismo, del quale non si è parlato, è quello degli
immigrati provenienti da paesi dove, oltre a parlare un'altra
lingua, si usa un alfabeto diverso dal nostro. Basti pensare che se
un occidentale va in Tailandia, trova i cartelli stradali scritti
sia in thai che in inglese, mentre quando un
Tailandese viene in Europa trova solo il nostro alfabeto. Se non lo
conosce, è un analfabeta anche se laureato.
De Mauro si è infine complimentato per il sempre più crescente
numero di persone che in Trentino leggono libri. «Nel resto del
Paese, - affema sconsolato - la gente legge sempre di meno. Con
un'aggravante rispetto il passato: una volta si vergognava a di
dire che non leggeva, adesso lo conferma senza pudori.»
Tra le persone che più volentieri si ascoltano, Stefano
Rodotà, che ha esposto una riflessione sulle opportunità e
i rischi generati dalla tecnica, mettendo a nudo con la sua solita
chiarezza le incongruenze della legge in merito ai diritti del
corpo umano. Ai trapianti e al commercio di organi.
Il «corpo post-umano - come lo definisce
sottilmente lui - è perennemente modificabile e quindi perennemente
incompiuto.»
«Quando ci sono domanda e offerta - è la sua analisi - è
praticamente impossibile fermare il mercato. Se c'è qualcuno
disposto ad acquistare un rene, si trova sempre quello disposto a
venderne uno». La legge lo vieta? E allora assisteremo anche al
«nero». Gli organi costano? E allora assisteremo ai ricchi che
mangeranno il corpo ai poveri.
La cosa più triste emersa dal suo ascolto, è che dopo una certa età
le persone non possono neanche più entrare in lista d'attesa per un
trapianto…
Inevitabile il discorso sul capitale illegale, generato
costantemente dalle organizzazioni criminali. Rocco
Sciarrone è stato preciso su questo: «Va subito che il
capitale sociale non ha in quanto tale ne una valenza positiva ne
negativa.»
E' quando si trova nelle mani sbagliate che può fare dalli al
capitale umano.
Ma quello che avremmo voluto sentire nel dibattito è che cosa
potrebbe succedere se il «reddito» della Mafia venisse a cadere. Le
implicazioni sociali sarebbero devastanti, oppure la mancanza di
questi miliardi verrebbe facilmente colmata da un migliore
utilizzo?
Gian Antonio Stella era un po' la «star» del
festival, per via del suo libro «La
Casta» (che «continua a vendere», per usare il
termine adoperato da tutti i librai trentini cui abbiamo chiesto
l'andamento) che denuncia tutti i privilegi della «casta» dei
politici.
Ovviamente non si è fatto problemi ad attaccare anche i privilegi
dell'Autonomia Trentina, ma in questo caso il presidente Dellai ha
saputo rispondere puntualmente e con cognizione di causa.
«Perché - chiede Stella sicuro di sé - voi pagate un maestro
elementare più del suo collega che, abitando al di là del ponte,
non è più un dipendente della Provincia Autonoma di Trento?»
«Perché noi chiediamo ai nostri maestri di lavorare di più di
quelli dello Stato.» Risponde Dellai, che gli regala un libro
sull'Autonomia. «Forse è meglio che lo leggi. Valà…»
Allora Stella cambia bersaglio nel corso di un'intervista
«privata»
«Comprenderete anche voi - dice ai giornalisti - che se il Friuli
si trovava schiacciato a ridosso della ex Cortina di Ferro, adesso
non ha più motivo di godere della sua autonomia?»
Come no? diciamo noi. Per 30 anni disseminiamo il Friuli di basi e
servitù militari, di fortificazioni d'arresto, di arsenali
(pericolosi, per quanto «intelligenti»), di basi americane come
quella di Aviano (tanto autonome rispetto la popolazione friulana
da avere all'interno del proprio territorio perfino un campo da
golf), di zone addestramento mezzi corazzati e per truppe speciali…
Poi cade il Muro di Berlino e diciamo loro «Scusate, è tutto
finito. Tutti i militari tornino a casa. E a questo punto vi
togliamo l'autonomia.
Ditelo a Gorizia, adesso che senza frontiere gli Sloveni la stanno
praticamente «saccheggiando»…
Cogliendo sottilmente uno dei punti più delicati del tema «Capitale
umano, Capitale sociale», Paola Monzini ha parlato
di «domanda e offerta» della
prostituzione, per denunciare lo sfruttamento delle donne
extraeuropee portate come schiave sulle strade italiane. Molto
interessante l'analisi economica.
«La prestazione sessuale costa oggi - informa la Monzini -
esattamente come 15 anni fa. Il che vuol dire che l'offerta è
aumentata molto di più della domanda.»
E il più delle volte si tratta di forzate del sesso, cioè di povere
disgraziate che vengono sradicate da una parte del mondo e portare
qui da noi. Alla faccia del Capitale umano che si rivela come
Capitale sociale.
La Monzini, peraltro, intervistata da noi, ha ammesso di non
conoscere la legge Merlin (quella che aveva fatto chiudere le case
di tolleranza), che quest'anno peraltro compirà 50 anni. Ne
parleremo noi in occasione del prossimo 20 settembre, riprendendo
l'argomento del capitale umano recuperato da quella legge.
Pienone per Umberto Galimberti,
che secondo noi ha rappresentato il Pensiero Filosofico del
Festival. E' partito dagli antichi pensatori Greci che invitavano a
spogliare il ragionamento da interferenze emotive e sentimentali
(anticipando quel pensiero contemporaneo dominate che oggi dovremmo
combattere), per poi portarsi al rinascimento italiano (generato
dalla fuga di cuori e cervelli emigrati dal caduto Impero Romano di
Oriente) che aveva riscoperto l'uomo e le sue facoltà armonicamente
sviluppate. Ha citato Galileo come simbolo del cambiamento
filosofico per cui «la scienza doveva passare dalla qualità alla
quantità», e infine giunge ai giorni nostri, dove tutto viene
dominato dalla «dittatura del pensiero calcolante», dove il
Capitale umano è diventato schiavo del profitto.
Il Teatro Sociale e gli altri spazi collegati non sono bastati per
accogliere i suoi uditori che volevano sentire come l'«Economia,
figlia della filosofia e della scienza, e superata dalla tecnica,
rischiasse di subire la sottomissione all'Intelligenza
Binaria».
Galimberti ha concluso auspicando di «disporre sempre
di un pensiero alternativo,
per evitare che il pensiero calcolante tolga la soggettività
dominando la nostra vita.»
Più interessante che utile la conferenza sui «politici e i tecnici»
che Cipolletta e Panara avevano
introdotto e condotto insieme con Abete,
Brunetta, Letta e
Rossi.
Interessante l'idea di Letta che addebita agli anni '80 le origini
del grande deficit pubblico del nostro Paese, periodo in cui gran
parte dell'economia aveva conosciuto un vero e proprio boom, anche
se non assimilabile a quello degli anni '60. Forse sarebbe valso la
pena disquisire sulla relazione tra «deficit ed espansione
economica».
Che Berlusconi e Prodi siano sostanzialmente dei tecnici, è una
affermazione un po' tirata per i capelli. Io avevo intervistato
Prodi più di 30 anni fa, quando era insegnante di economia
all'Università di Trento, e devo dire che già allora il suo
pensiero era quello di un politico. Berlusconi, più che tecnico è
un imprenditore e come tale un creativo. Non condivido
l'affermazione che entrambi abbiamo fatto più danni che benefici,
come ha detto qualcuno.
Quanto ai politici di estrazione tecnica, abbiamo sentito parlare
bene di molti. Amato, Ciampi,
Padoa Schioppa e tanti altri. Indubbiamente gente
di livello superiore. Ma nessuno ha parlato dei tecnici che hanno
fatto danni, a partire dal Governo
Badoglio del 1943…
Il mistero su Sergio
Romano. Non eravamo riusciti ad essere presenti al suo
dibattito, «Politica ed economia nelle crisi internazionali», per
cui abbiamo dovuto affidarci al resoconto che ci è arrivato
dall'ufficio stampa. In questo veniva riportato l'esempio del
conflitto del Kippur, quando nel 1973 il presidente egiziano
dichiarava guerra ad Israele. «Accadde che i Paesi petroliferi
alzarono il prezzo dell'«oro nero» - si legge - per guadagnare di
più e appoggiare così l'Egitto. Ciò provocò un vero e proprio shock
internazionale: il costo del greggio aumentò del quadruplo in poco
tempo ed è per questo che paesi come la Francia cominciarono a
puntare sul nucleare.»
Le cose non andarono proprio così. Anzitutto non fu solo l'Egitto
ad entrare in guerra. Ma poi accadde che i produttori di petrolio
chiusero le vendite di petrolio per mettere in ginocchio
l'Occidente ed automaticamente i prezzi si impennarono. Certo è che
nessun paese arabo lo aveva fatto per aiutare l'Egitto. Visto che
non accadde più, quella chiusura dovette costare cara
anche ai paesi produttori…
Poi si legge che nel 1979 la Russia «diventa prodigiosamente ricca
grazie allo shock petrolifero. Il presidente Nikita Krusciov non fa
nulla per cambiare le cose e in preda ad una vera e propria
euforia economica, invade l'Afghanistan.»
Balle: Krusciov (Nikita Sergeevic Khrušc?v, in russo ??????
????????? ??????) era morto nel 1971, mentre era stato Bresniev a
invadere l'Afghanistan. Leonid Il'ic Brežnev, in russo ?????´?
????´? ???´????, era salito al potere nel 1964, succedendo a
Kruscev.
Leggeremo dagli atti come sono nati questi errori.
Molto interessante l'introduzione di Romano Prodi
all'auditorium Santa Chiara, prima che venisse interrotto dai
contestatori della caserma Dal Molin di Vicenza. Prodi aveva
espresso il suo piacere di essere a Trento, ricordando che
«30 anni fa, qui metà della gente moriva di
fame… Se questo non è l'esempio di come l'economia e
la politica possano produrre risultati più che soddisfacenti…».
Un peccato che il premier a quel punto sia stato interrotto, anche
perché tutto quello che ha detto dopo (compresa l'utilissima
analisi sul futuro del Mondo, con un terzo dell'umanità in piena
espansione economica - rappresentata dalla Cina e l'India - con
un'Europa che si dimostra vincente sono quando opera davvero
unita), è stato sommerso dal clamore della sceneggiata del
microfono passato per un minuto alla rappresentante dei
contestatori.
Infine, vogliamo spendere una parola per Paolo
Piccoli, notaio trentino e presidente riconfermato del
Notariato nazionale italiano. Piccoli è stato mio compagno di
scuola, ma ero andato ad ascoltarlo per vedere come potesse il
notariato spendere due parole utili per combattere «l'ingiusta e
intollerabile lentezza della giustizia».
«Il notariato - ha detto Piccoli, mentre ormai stavano già
smontando le telecamere, a dimostrazione che pochi pensavano al
ruolo positivo dei notai nel tema - svolge l'importantissima
funzione della giustizia preventiva. Un
buon contratto chiaro e preciso (e pagato poco, conti alla mano)
firmato prima, fa certamente risparmiare risorse sia in termini di
Capitale umano il quale, alla fin dei conti, è il Capitale della
nostra società.»
GdM