Quindici anni fa «Tangentopoli». Una rivoluzione che fece fuori, insieme alla Prima Repubblica, una classe politica e dirigente
Tutto cominciò «per caso» nel 1992. Fino a quel momento sembrava che nulla e nessuno potessero fermare i potenti della politica. - Gli effetti, le condizioni e gli insegnamenti. Infine la nemesi dei giorni nostri
Anche se non si dovrebbe parlare di
una data precisa, ma solo dell'anno - il 1992 -
«Tangentopoli» viene fatta nascere il 17 gennaio 1992,
giorno in cui era stato arrestato l'ing. Mario Chiesa, presidente
della casa per anziani Pio Albergo Trivulzio, con l'accusa
di corruzione. L'inchiesta era stata coordinata da un procuratore
allora sconosciuto, il dottor Antonio Di Pietro. Chiesa era stato
beccato in flagranza di reato, mentre incassava il 10 percento di
un affare di 140 milioni di Lire. Il come si sia arrivati a lui è
raccontato da varie leggente metropolitane, delle quali raccontiamo
nel riquadro la più accreditata.
Allora si diceva che all'origine dell'inchiesta ci fosse stata una denuncia della moglie di Chiesa la quale, divorziando da lui, non era riuscita a farsi dare nulla di tutto ciò che l'ingegnere riusciva ad incassare illegalmente. E di cui la signora era perfettamente a conoscenza. Secondo questa versione, dunque, la grande rivoluzione che fu chiamata Tangentopoli sarebbe nata per colpa dell'avidità del primo arrestato. |
Comunque sia, di fronte al clamoroso arresto di Chiesa, il Partito
Socialista aveva espulso l'ingegnere. Ma le cose non si erano
fermate lì. Scoperto che nessuno aveva neppure provato lontanamente
ad impedire queste inchieste, si erano levate dal popolo un sacco
di denunce che coinvolgevano i cittadini più illustri che, a quanto
pare, credevano di poter restare impuniti in eterno. Infatti
risultò che questi politici e amministratori di malaffare non si
preoccupavano neppure di salvare la faccia, di nascondere le
tracce, di usare quel minimo di buonsenso che imponeva quantomeno
che i lavori che generavano tangenti fossero fatti a regola
d'arte.
Ai primi di maggio di quello stesso anno, gli ex sindaci di Milano
Tognoli e Pillitteri ricevono un avviso di garanzia, con un'ipotesi
di reato all'apparenza strampalata: ricettazione. In effetti fino a
quel momento era un reato vissuto come quello commesso dal
commerciante senza scrupoli che acquistava refurtiva sapendone la
provenienza. Ma in realtà il reato comprendeva perfettamente anche
quello commesso dagli amministratori dei partiti che accettavano
quattrini pur sapendo che erano di insana provenienza.
In luglio sono ben 73 le persone coinvolte da tangentopoli. Di
queste, 61 sono arrestate o agli arresti domiciliari. I politici
sono 43 (Psi, Dc, Psdi, Pri), gli altri sono dirigenti
d'azienda.
In settembre si suicida l'onorevole socialista Sergio Moroni.
Il 15 ottobre viene raggiunto da avviso di garanzia il segretario
amministrativo del Psi Vincenzo Balzamo. Colto da infarto, morirà i
primi di novembre.
A metà dicembre viene raggiunto da avviso di garanzia Bettino
Craxi.
Da quel momento le notizie si susseguono frenetiche. Vengono
coinvolti i nomi più altisonanti della politica, della finanza e
dell'imprenditoria del Paese. Emergono nomi di politici fino allora
sconosciuti, che invece gestivano i grandi flussi di danaro di
provenienza illecita. Citaristi, per esempio, segretario
amministrativo della DC, ha ricevuto 72 avvisi di garanzia.
Citaristi è stato un po' l'icona di tangentopoli. Morto a 85 anni
il febbraio dello scorso anno, non si fece neanche un giorno di
carcere. Stimato da tutti i politici, ha sempre sostenuto di non
aver mai ricevuto una sola lira per lui. E probabilmente è vero, se
Casini lo ricorda come un «uomo straordinario».
Nel dicembre del 1992 Craxi ricevette un avviso di garanzia. A fine
aprile dell'anno successivo la Camera negò l'autorizzazione a
procedere nei suoi confronti, ma il 5 maggio del 1995 se ne andò in
esilio in Tunisia.
Nel luglio del 1993 Raul Gardini si suicidò. Nessuno può dirlo, ma
tutto fa pensare che l'abbia fatto in seguito all'inchiesta aperta
sulla maxi-tangente pagata per l'affare «Enimont», dove si parlò di
una cifra sui 800 miliardi di lire.
Anche Trento e Bolzano non rimasero indenni da questa rivoluzione
cruenta chiamata Tangentopoli, ma sarà oggetto di un altro servizio
specifico.
Negli anni a seguire, saranno più di 25.000 gli avvisi di garanzia
emessi, più di 4.500 i personaggi arrestati, più di mille i
politici coinvolti e infine 10, purtroppo, i suicidi
registrati.
I risultati del terremoto di tangentopoli furono devastanti.
Scomparvero tutti i partiti coinvolti, tra i quali la gloriosa
democrazia Cristiana, dalle cui correnti nacquero altrettanti
partiti. Ma vennero sciolti anche il partito Liberale, il partito
socialista, il partito Repubblicano, il partito
Socialdemocratico.
Il partito Alleanza nazionale non venne neppure sfiorato, per la
semplice ragione che era sempre stato tenuto fuori da qualsiasi
tipo di «banchetto». Con AN la maggioranza non mediò mai neppure un
solo disegno di legge.
Il Partito Comunista Italiano, da poco divenuto PDS, aveva deciso
di rimanere alla finestra a guardare, attendendo che arrivasse il
loro momento.
Alla base di tutto, secondo
noi, ci furono i grandi eventi internazionali che avevano
profondamente sconvolto il mondo. Il Muro di Berlino era stato
abbattuto perché era caduto il comunismo. Con il comunismo era
caduto anche l'anticomunismo. Di questo se ne accorse subito il
PCI, che cambiò storicamente il nome in PDS, Partito dei
Democratici della Sinistra. La Democrazia Cristiana invece rimase
seduta sulla prova storica di aver «avuto ragione» ad avversare il
comunismo. Per questo non si accorse che era giunto il momento di
cambiare storicamente direzione, e per questo venne travolta dalle
stesse forze di potere che la tenevano in piedi. |
Fatte salve le solite eccezioni, i comunisti di allora avevano
scelto in maniera compatta la linea di appoggiare l'azione della
magistratura. Nessuno pensò mai di alzare un dito neanche per
opporsi a fenomeni del tutto inaccettabili, al punto che il partito
storicamente anti-forcaiolo rischiò di passare per giustizialista.
Insomma, le iniziative giudiziarie di tangentopoli vennero accolte
apoditticamente con favore e plauso da parte di un partito che
passo a passo si sentiva giungere al tanto agognato momento di
andare al potere.
I magistrati naturalmente non se lo erano fatti dire due volte, sicché iniziò un'altra fase giudiziaria come quella delle Brigate Rosse, dove nessun magistrato giudicante se la sarebbe mai sentita di assolvere quello che il PM accusava di essere brigatista militante. Forse il paragone suonerà un po' irriverente, ma in entrambi i casi il Paese aveva diritto di vedere una magistratura davvero super partes grazie alla propria terzietà. |
Fu così che sorse il cosiddetto «partito delle Procure».
Ma all'orizzonte si presentò quella che subito venne chiamata da
entrambe le parti come una sorta di «interferenza indebita». Silvio
Berlusconi decise di scendere in politica.
Immediatamente venne scatenato il «partito delle Procure», nella
certezza di cavarsi di mezzo quello che poteva sembrare un serio
imprevisto, anche perché sembrava che Berlusconi potesse
rappresentare il vero cambiamento. Nel bene o nel male poco
importava alla gente, l'importante è che fosse un cambiamento
radicale. La vera fine della Prima Repubblica.
Berlusconi si trovò così a subire decine di processi, che peraltro
si risolsero sempre a suo favore. Questo almeno è il nostro
pensiero.
Sicché nel 1994, quando venne eletto a formare il suo primo
governo, Berlusconi sembrò coronare il sogno degli Italiani che in
quella maniera, - ripetiamo, nel bene o nel male - credevano di
aver voltato pagina. Ma anche per lui i sogni caddero prima
dell'alba, perché l'allora presidente della Repubblica Oscar Luigi
Scalfaro riuscì a convincere la Lega ad abbandonare la maggioranza.
Nel 1995 Berlusconi si dovette dimettere e al suo posto si insediò
il primo governo Prodi.
Un colpo di coda del vecchio sistema, e tutto era tornato come
prima. Una rivoluzione così cruenta come tangentopoli, che aveva
fatto fuori un'intera classe politica e una classe dirigente, non
era servita a nulla, perché trovammo nuovamente alla presidenza
delle camere un (ex) democristiano e un (ex) comunista.
Gli anni passarono, e la storia riportò Berlusconi a Palazzo Chigi
per cinque anni.
Poi l'alternanza, con Prodi reinsediato al posto di Berlusconi. E
siamo ai giorni nostri, dove - guarda caso - ritroviamo ancora un
(ex) comunista alla presidenza della Camera e un (ex) democristiano
alla presidenza del Senato. Ancora una volta, più il mondo cambia e
più resta uguale? Beh, in un certo senso sì. Ma con dei distinguo,
perché la storia non abbandona mai la sua nemesi.
Nell'estate di due anni fa, due furono gli scandali che coinvolsero
la politica: il caso della Banca Popolare di Lodi e il caso Unipol.
I fatti - in qualche modo fra loro intrecciati nello scandalo per
presunte irregolarità nelle scalate della banca Popolare di Lodi e
della Unipol alla Banca Nazionale del Lavoro - finirono
nell'inchiesta della magistratura romana e milanese, che abbiamo
conosciuto sotto il nome di «Bancopoli».
Quest'anno è stato proprio quello scandalo a turbare da vicino, e a
scoppio ritardato, il mondo della politica italiana. Nel corso del
processo per le persone coinvolte in Bancopoli, giunse il momento
in cui i PM si trovarono in condizione di dover depositare agli
atti le risultanze di centinaia di intercettazioni. In queste,
molti politici - anche di rilievo - figuravano in rapporto
dialettico con persone coinvolte nello scandalo. I PM chiesero al
parlamento l'autorizzazione a produrre questi materiali, aspetto
sul quale per ora non ci sono stati pronunciamenti ufficiali ma
solo dichiarazioni di principio. La tesi degli inquirenti era
tuttavia che il testo delle intercettazioni poteva essere
tranquillamente depositato in quanto non c'era nulla contro i
politici in questione, e comunque il materiale era sottoposto a
«segreto istruttorio».
Queste le frasi rese
pubbliche dagli atti del processo, nel quale la Procura ha messo a
disposizione le intercettazioni senza chiedere l'autorizzazione al
Parlamento. |
In verità, quando del materiale così delicato viene consegnato ad
un centinaio di persone (tra magistrati, indagati, avvocati e
collaboratori vari). è praticamente impossibile che non arrivi
anche alla stampa. Ma è anche andata peggio, perché copie delle
intercettazioni arrivarono alla stampa prima che nell'aula del
tribunale.
Ovviamente i partiti i cui dirigenti erano coinvolti (ma, si badi
bene, senza avere ruoli di rilievo), si ribellarono. Solo che
stavolta, sempre secondo i magistrati, non era necessario avere «il
luogo a procedere» dalla Camera. Il ministro della Giustizia
Mastella ha annunciato l'ennesimo provvedimento a tutela della
riservatezza degli atti, ma sarà il solito «cancello da chiudere
quanto i buoi sono ormai scappati».
A settembre riprenderà il processo, e ci sarà il dibattito
parlamentare sulla posizione dei giudici che per l'ennesima volta
si sono mossi indipendentemente dal volere del potere
giudiziario.
In tutto questo, la Nemesi storica. Quella macchina inarrestabile
che negli anni '90 era stata lasciata diventare la Magistratura
«per convenienza» dai partiti all'opposizione per abbattere la
maggioranza al governo, adesso quelle stesse forze politiche ne
subiscono gli effetti. Ironia della sorte, solo il nemico
Berlusconi si è trovato a difendere dalla Magistratura i politici
coinvolti.
Proprio a partire da questo mese di settembre vedremo dunque come
andranno a evolversi le cose. Vedremo se la magistratura tirerà
diritto con quella sorta di «indipendenza» divenuta «onnipotenza»,
oppure le la politica tornerà a impossessarsi del potere
legislativo.
«Tangentopoli» si affacciò anche in Trentino, ma molto dopo. Ma proprio per questo ne parleremo solo il prossimo anno. |