Il new deal: «In Trentino ci sono quattro alte stagioni»

Il turismo e la Gallina dalle uova d’oro: più investe in promozione turiistica e più la Provincia aumenta gli introiti

Abbiamo pubblicato ieri la presentazione della strategia che la Provincia autonoma di Trento e Trentino Marketing hanno deciso di adottare per sviluppare il turismo nei prossimi anni.
Chi l’ha letto, sa che il nuovo corso rappresenta un cambio di rotta diametrale, nel senso che la strategia non sarà più quella orientare il prodotto turistico Trentino alle richieste di mercato, ma viceversa inviterà i turisti a venire in Trentino per quello che il Trentino è e quello che offre.
È un alto riconoscimento nei confronti della nostra gente. Non dovremo più dire che il nostro speck è altoatesino, che i nostri vini sono migliori di altri, che le nostre piste valgono almeno quanto quelle austriache.
È un po’ - ci si perdoni se il paragone può sembrare irriverente – come il prodotto turistico offerto dalle Hawaii: «Così siamo, se vi pare».
 
Bisogna dire che è stata la domanda turistica a cambiare. I turisti vogliono conoscere le peculiarità dei vari territori. Voglio scoprire quello che ancora non sanno. Come se i veri Trentini non volessero condividere i propri tesori con gli estranei.
E, visto che il Trentino ha mille attrattive uniche e irripetibili nel mondo, il gioco viene da solo. Tutto il resto lo fanno i turisti. E i nostri operatori, che li soddisferanno.
Ai messaggi vengono affidati altri compiti: allargare i tempi. Lo slogan da adottare e trasferire in linguaggio pubblicitario è «Il Trentino ha quattro alte stagioni». Non ha senso tener chiuse le strutture nelle stagioni morte, che in Trentino non vanno mai in quiescenza.
E qui magari si dovrà ricorrere ai sistemi tradizionali della comunicazione.
 
Un punto è da chiarire, perché molti hanno osservato che la cifra annuale affidata alla promozione turistica è eccessiva: 35 milioni all’anno. «Tutti sono capaci a ottenere ottimi risultati con questi budget.»
E allora ci permettiamo di chiarire un paio di cose.
La prima è che non è assolutamente vero che basti avere i soldi per fare una buona operazione di marketing.
La seconda è che il meccanismo della nostra autonomia è tale da alimentare questa e altre operazioni autoctone.
Ci spieghiamo.
 
Il PIL generato dal turismo trentino è di circa 3,5 miliardi all’anno.
Con il solo gettito dell’IVA (è vero che il conteggio va solo sul valore aggiunto, ma è vero anche che la maggior parte dei costi proviene dal territorio), si parla di un introito per l’Erario di 770 milioni di euro all'anno. E, dato che la Provincia autonoma di Trento ne ricava i nove decimi, il rientro è di circa 700 milioni. Un settimo delle entrate totali del bilancio provinciale.
Per conservare quel reddito - e magari aumentarlo - ci pare più che giustificato investire il 2.45% del netto, pari all’1% del PIL turistico lordo. Un conto da ragioniere.

Ovviamente esiste un break even point, cioè il momento in cui il comparto ha dato tutto quello che può dare. E a quel punto si dovranno solo mantenere i livelli, spendendo molto meno. Magari tenendo in piedi la portante del turismo trentino, l’abbinata «sport-turismo».
Ma c’è ancora tanta strada da fare anche per noi. Per il momento vediamo come riempire tutto l’anno di turisti.
Spazio quindi allo slogan «In Trentino ci sono quattro alte stagioni».

Possiamo concludere con il paragone alla gallina dalle uova d'oro? Beh, grazie alla nostra preziosa autonomia potremmo dire così.
Un paio di mesi fa la Romagna è venuta in Trentino per fare business con i nostri tour operator.
In pubblicità - ci hanno detto - spendono molto ma molto meno del Trentino.
Perché? Perché i loro introiti non sono legati direttamente al PIL turistico del loro territorio.
In alto i calici!