Dopo gli economisti, alla sbarra controllori e politici

Processo alla crisi, responsabilità cercansi L'accusa chiede «una sanzione reputazionale». Per la difesa le responsabilità vanno cercate altrove

Se la sentenza del primo processo alla crisi ha detto che gli economisti sono più colpevoli (in sei dei capi di accusa) che assolti (in tre), come potrà andare domani - dopo la lunga camera di consiglio dei giovani giurati - per i controllori e i politici, chiamati oggi alla sbarra? Staremo a vedere.
Di certo l'accusa (un brillante Luigi Spaventa, un ex ministro a tratti perfetto Perry Mason) e la difesa (Andrea Prat, che se non fosse docente alla London School of Economics, potrebbe tranquillamente aspirare ad essere attore e Pier Carlo Padoan, vicepresidente Ocse, flemmatico quanto convincente) non si sono risparmiate.

Riuscendo, malgrado la vastità del tema e l'alto numero dei testimoni chiamati a deporre (chi dal vivo, chi dal video sono state ben otto le voci autorevoli messe in campo: Francesco Caselli, Alberto Giovannini, Giovanni Majnoni, Christopher Morris, Salvatore Rossi, Jean Tirole, William White, Luigi Zingales) ad assicurare momenti assai godibili, degni di un vero e proprio processo.
Ancora Massimo Gaggi, inviato del Corriere della Sera, nei panni del presidente.
Sotto accusa appunto i controllori e i politici per il ruolo svolto (soprattutto: per quello non svolto) nei confronti della crisi. Tema che offre tali e tanti spunti, ed evoca tali e tanti fatti (e nomi), che il rischio della lunghezza appare quasi scontato.

Come detto, però, accusa e difesa hanno però svolto brillantemente il loro ruolo. Le richieste alla giuria? L'accusa ha chiesto una «sanzione reputazionale» nei confronti dei regolatori del sistema finanziario e degli stessi politici «per non avere fatto il loro dovere».
La difesa dice che «le responsabilità vanno cercate altrove, che va considerata la crisi di un sistema e comunque che va individuato non soltanto chi è responsabile ma quali sono i pesi relativi».

Per arrivare alle loro richieste, Spaventa da una parte e Padoan & Prat dall'altra hanno citato documenti, prodotto articoli di giornale, elencato riunioni di organismi di controllo (che controllavano assai poco, a quanto pare), fornito parecchie suggestioni alla giuria.
Spaventa, carte alla mano (FMI, G20, Federal Reserve…) ha detto che i sintomi e le cause degli accumuli finanziari erano ben visibili, che lo straordinario aumento del prestito era documentato, che si potevano conoscere gli accumuli di squilibrio.
Bastava impiegare normali strumenti ispettivi. Ma ci sono state «condotte gravemente omissive, specie nelle banche» e questo ha generato «morte e desolazione».
La spiegazione di questi comportamenti? Sbagli in buona fede connessi alle attività imprenditoriali? No. C'è stato un continuum patologico, un «non so non ho visto se c'ero dormivo» per dirla con il titolo di una piece all'italiana. Era lo Zeitgeist, lo spirito del tempo degli anni d'oro in cui tutto andava bene. Fin che è andata bene…

La difesa. Certo, la noncuranza sulla regolazione dei nuovi strumenti finanziari c'è stata, i regolatori hanno grosse colpe, ma «vi chiediamo di giudicarli insieme ad economisti e finanza, che hanno più colpe».
Poi, «la crisi ha origine lontane, il regolatore applica regole che gli vengono date, gli stessi macroecomisti, a rileggere i loro articoli, mai una volta hanno parlato di bolla, rischio, regolamentazione».
E ancora, vogliamo dirla tutta? «I poteri regolatori dipendono pur sempre da chi fa le regole. Non solo: sono state le agenzie di rating e i revisori dei conti a dare informazioni fuorvianti.»

Resta da dire in effetti che più di una voce si è alzata, durante il processo, a tuonare contro le agenzie di rating accusate di avere distribuito «triple A» come se piovesse, scombussolando la loro parte il mercato finanziario.
Adesso non resta che aspettare la seconda sentenza, che è prevista per domani a mezzogiorno.

Domani, giornata conclusiva del Festival, dove ci sarà anche il terzo e ultimo processo alla crisi. Sotto accusa, la finanza.
Secondo molti, a sentire le voci attorno all'aula del tribunale, proprio quell'«altrove» dove vanno cercate le vere responsabilità.