La conferenza sulla parità di genere è finita male
Qualche centinaio di persone ha contestato a priori gli assessori Segnana e Bisesti
La conferenza si intitolava «Donne e uomini. Solo stereotipi di genere o bellezza della differenza?» ed era indetta per le ore 18 di oggi in Sala Belli della Provincia autonoma di Trento.
Un titolo accattivante, dato che a conclusione di qualsiasi dibattito sulla pacifica parità di genere si dovrebbe pronunciare in tutta serenità il francesismo «Vive la différence!».
La locandina, però, invitava nientemeno che l’intera cittadinanza in una sala capace di contenere solo 70 persone. Un doppio errore.
Primo perché la conferenza non doveva essere ospitata in una sala della Provincia ma in un luogo pubblico, secondo perché c’era da aspettarsi un notevole afflusso di persone. Era un invito a nozze.
Un terzo errore è stata la presenza degli assessori provinciali della Lega Mirko Bisesti (Istruzione e Cultura) e Stefania Segnana (Salute e Politiche sociali) che, a dispetto delle sinistre, hanno vinto le elezioni.
Fatto sta che le persone intervenute sono state centinaia e tutte con l’intenzione di oltraggiare pesantemente i due assessori. Ovviamente il fatto che Bisesti e Segnana fossero orientati alla più assoluta parità di genere (ora non lo sapremo mai...) era del tutto ininfluente, perché rappresentavano un governo provinciale di destra. E tanto basta.
Per contro, a filtrare l’ingresso della Provincia erano state chiamate le forze dell'ordine. E questo lo troviamo piuttosto singolare, perché non ci ricordiamo altre occasioni in cui la Provincia fosse ricorsa per via preventiva a Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza.
Quella volta che gli animalisti invasero l’ufficio dell’Assessore alle foreste per l’uccisione dell’orsa, le forze dell’ordine furono chiamate «dopo».
Evidentemente stavolta gli organizzatori avevano capito che con la conferenza si andava a mettere il sedere nelle pedate, altrimenti non avrebbero chiamato la forza pubblica.
E così, quando i contestatori sono arrivati, si sono trovati la strada sbarrata.
Non è che i dimostranti fossero quattro «amici della parità», dato che erano venuti con tanto di megafoni, cartelloni e volantini prestampati volti a offendere un assessore, che doveva essere «legato e non più liberato», o – peggio ancora – la cui madre avrebbe fatto bene ad abortirlo…
E quando si sono trovati la strada sbarrata, hanno gridato «fascisti!». Un classico.
Polizia e Carabinieri hanno avuto il loro da fare per impedire che sfondassero, sicché alla fine li hanno fatti sloggiare dal corridoio che porta a Sala Belli. Qualche manganello, qualche contuso: per le sinistre le Forze dell’Ordine hanno «caricato» dei semplici e democratici dimostranti.
Ma, ripetiamo, il tutto era da prevenire, evitando gli errori che abbiamo indicato in premessa. Errori che ci permettiamo di sottolineare perché ci siamo fatti esperienza nel ’68 e comprendiamo al volo quando la rissa è stata cercata.
Ma siamo ben lontani al clima di 50 anni fa, quando un’intera generazione aveva deciso di tagliare con il passato. Non era una semplice intolleranza come quella che abbiamo visto oggi. Non cercavamo la rissa, volevamo la rivoluzione... Digli poco!
Allora sì le cariche della polizia erano devastanti...
Come si sa, la rivoluzione non ci è riuscita, però in 20 anni abbiamo cambiato la società.
Adesso che la libertà l'abbiamo conquistata, si è passati all'intolleranza.
Va da sé che, così come critichiamo le cattiverie gratuite espresse nei confronti di Bisesti, condanniamo gli interventi di quei consiglieri con incarichi istituzionali di alto livello che si sono permessi di gridare slogan di bassa lega (nessun riferimento).
Ovviamente non possiamo non rivolgere il pensiero a quanto potrà accadere a Verona il prossimo weekend, dove è stato organizzato il Consiglio dal Congresso mondiale delle Famiglie, con la benedizione del ministro leghista Matteo Salvini e con le distanze del Presidente Conte.
Se il buon giorno si vede dal mattino...
GdM