Giovani in azione: Mattea Gazzini – Di Astrid Panizza
Parla una ragazza in divisa: «Non siamo supereroi, siamo Vigili del Fuoco. Semplicemente diamo il massimo per aiutare chi è in difficoltà»
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Tu li chiami e loro accorrono immediatamente.
Sono i Vigili del Fuoco presenti in ogni situazione di pericolo, in ogni momento del bisogno, sempre pronti ad intervenire, giorno e notte, per qualsiasi evenienza.
Loro non si tirano mai indietro davanti a nulla. Loro sono forti nel fisico e pure nell’anima.
In effetti, in Trentino-Alto Adige quella dei Vigili del Fuoco Volontari è una realtà straordinaria, unica in Italia.
Un esempio di mutualità che le altre regioni ci invidiano e al contempo fanno fatica a comprendere perché da loro non esiste questa nostra antica tradizione di cura e di salvaguardia della gente e del territorio che affonda le radici in secoli di autonomia e di storia.
Per Mattea Gazzini, entrare nel corpo dei Vigili del Fuoco è sempre stato il sogno della sua vita, così come quello di indossare la divisa e dare il suo contributo quando c’è più bisogno.
L’intervista di questa settimana è dedicata proprio a lei, che in questo caso vuole rappresentare un “mondo” di cui spesso ci si dimentica, o che più semplicemente si considera un fatto acquisito del nostro sistema sociale, ma che in realtà è alimentato costantemente dal volontariato, dallo spirito di generosità che anima gli uomini e le donne che ne fanno parte.
Mattea è una ragazza di 19 anni che abita a Mori, fa la gelataia e al di fuori del lavoro la sua passione è proprio quella di aiutare le persone nei momenti di emergenza.
Il corpo dei Vigili del fuoco volontari di Mori.
Da dove è partita questa tua scelta in verità piuttosto singolare per una ragazza?
«Devo dire che sin da piccola mi ha sempre attirato chi faceva volontariato per aiutare coloro che avevano bisogno. Per questo motivo, già a 10 anni d’età avevo deciso di intraprendere un corso come allieva nei Vigili del Fuoco di Mori.
«Da allora in poi la passione mi è sempre rimasta dentro e mi ero ripromessa di tornare come volontaria non appena raggiunta la maggiore età.
«E così è stato, ho ricominciato un anno fa, non appena compiuto i 18 anni.
«Per quanto poi riguarda il tuo stupore nel vedere una ragazza in divisa da Vigile del Fuoco, a dire il vero in caserma a Mori non sono l’unica. Infatti siamo in tre [su di un totale di 60 volontari – NdR] e per il momento io sono comunque la più giovane.»
Come ti trovi in una situazione in cui oltre ad essere una delle poche donne, sei anche la più giovane e alle prime armi?
«Non è sempre facile, anzi. Devo dirti, però, che a Mori tutti veniamo trattati nello stesso modo, nel senso che non esistendo solo la parte interventistica, i turni in caserma in attesa di eventuali chiamate, mettono, per così dire, tutti sullo stesso piano.
«In questi casi ognuno fa la sua parte, come a dire, ad esempio, che non è che ci sia solo una persona, magari donna, che pulisce o che cucina: maschio o femmina qui non conta. Tutti contribuiscono al buon funzionamento della struttura e nessuno è diverso da questo punto di vista.
«Ovviamente quando c’è da svolgere un lavoro fisico che richiede tanta forza, a noi ragazze viene dato un aiuto in più rispetto agli uomini e può capitare che alcuni di loro pensino: ecco, una donna non può fare quanto noi.
«Sinceramente, questo può essere vero fino a un certo punto. Perché se è sicuro che mediamente gli uomini sono più forti, è anche vero che noi donne possiamo arrivare là dove in genere loro non arrivano. In quei particolari, anche importanti, che gli uomini non vedono e che fanno parte di una sensibilità che abbiamo in particolare noi donne.
«Questo, tuttavia, non significa che siamo deboli, perché alla fine essere in mezzo agli uomini ti costringe a tirare fuori il carattere. Se c’è da rispondere, io rispondo, non rimango certamente zitta.»
Domanda di rito: cosa succede quando venite chiamati per un intervento?
«La chiamata parte da chi ha bisogno componendo il numero 112. La telefonata arriva in centrale a Trento, viene valutata e poi girata al Corpo dei Vigili del Fuoco più vicino al luogo dove è necessario intervenire. In quel momento suona il cercapersone dei pompieri che appartengono a quel Corpo.
«Può suonare in qualsiasi momento. Puoi essere a dormire, come sotto la doccia, oppure in alcuni casi si è già in caserma per il proprio turno. Il suono è seguito dalla descrizione sommaria del bisogno, per esempio se è urgente o meno.
«A quel punto corriamo tutti in caserma, mentre chi è già lì risponde alla radio e verifica la situazione. Arrivati, ci mettiamo in fretta la divisa e partiamo immediatamente.»
È stato difficile all’inizio partecipare agli interventi veri e propri, non più alle esercitazioni come facevi quando eri allieva?
«Sì, mi ha scombussolato un po’ perché di solito, come è ovvio, non si vedono cose piacevoli. È necessario, in quei casi, staccare la spina delle proprie emozioni per non farsi prendere dalle emozioni, se non dal panico. Di solito cerco di fare come se tutto ciò che vedo in quei momenti non stia succedendo per davvero e mi concentro solo sul mio obiettivo da raggiungere.
«Aiuta tanto, devo dire, anche l’adrenalina e soprattutto lavorare in squadra, ognuno con il proprio compito. In questo senso i miei compagni e i miei superiori mi hanno spesso dato consigli utili su come agire. In un certo modo mi hanno anche protetta in occasione di interventi pesanti, dove persone hanno perso la vita in maniera tragica.
«Con il tempo, comunque, si impara a non lasciarsi troppo coinvolgere emotivamente. È chiaro che non siamo supereroi, siamo umani ed è già capitato che non riuscissimo a salvare qualcuno. Ma il nostro massimo lo diamo sempre in ogni momento.
«Essendo in squadra devo ammettere che ci aiutiamo l’uno con l’altro, ci diamo forza. Le idee e le forze si mettono in comune e si realizza un progetto assieme.
«È anche questo il bello di fare il pompiere, perché non sei mai da solo.»
Inutile chiederti, allora, se ti sei mai pentita di essere entrata nei Vigili del Fuoco?
«Infatti, ti rispondo di no, non mi sono mai pentita. Lo rifarei altre mille volte. Alle ragazze che vorrebbero provare, ma sono incerte, dico di buttarsi: è una bellissima esperienza.
«Io mi diverto un sacco perché oltre al fatto di fare il pompiere, in caserma siamo come una grande famiglia e lì ci passiamo spesso le serate o il fine settimana, ci mangiamo la pizza, guardiamo la tv o giochiamo a carte.
«In altre parole, non ci troviamo solo quando ci sono interventi e suona il cercapersone, ma anche per stare insieme, siamo una compagnia di amici e per qualsiasi problema loro ti danno una mano a risolverlo.
«Praticamente la caserma diventa una seconda casa e il Comandante [quello di Mori è Mauro Maltauro – NdR] un secondo papà perché è pronto a risolvere qualsiasi nostro problema, a volte è quasi come fosse addirittura uno psicologo!»
Quali sono i momenti più gratificanti dell’essere pompiere?
«Indubbiamente il momento più bello è quando un intervento riesce con successo nel migliore dei modi e le persone coinvolte ti ringraziano per quello che hai fatto per loro. Riempie veramente il cuore. Credo sia proprio questo che dà la forza a tutti noi pompieri di andare avanti e dare sempre il meglio.
«Per quanto mi riguarda, farò tutto il possibile per portare avanti questo mio impegno, sento qualcosa che lega me e la caserma di Mori in maniera indissolubile. Non riuscirei mai a lasciarla, come non sarei in grado di lasciare i miei compagni.
«Non sempre è facile, questo è vero, siamo in sessanta e talvolta, come in tutte le comunità, può capitare che ci siano anche delle piccole liti, dei malintesi.
«Tuttavia, al di là di questi momenti particolari, io voglio bene a tutti i miei compagni d’avventura, ci vogliamo bene proprio come in una grande famiglia.»
Astrid Panizza – [email protected]
(Puntate precedenti)
«L’esempio dei Vigili del Fuoco non si spegne mai, accende per sempre i cuori della gente le cui vite hanno salvato.»
(Susan Diane Murphree)