Giovani in azione: Giacomo Battisti – Di Astrid Panizza

Diciotto anni e un’irrefrenabile passione per la lavorazione del legno. Un’attività affascinante che dà l’idea di dove si colloca il confine fra l’artigiano e l’artista

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Di solito, al compimento dei 18 anni il primo pensiero in assoluto di ogni neo-maggiorenne è quello di voler fare la patente.
Non pare essere così per Giacomo Battisti, il nostro protagonista di oggi, che da poco tempo ha raggiunto anche lui il fatidico traguardo. La scelta di fare la patente (sempre più costosa, a dire la verità) non è per il momento contemplata a breve all’interno dei suoi progetti: «Ho altri investimenti da fare per ora, devo ampliare il mio banco macchine».
Macchine, attenzione, che non sono automobili, ma veri e propri apparecchi tecnologici di falegnameria, la grande passione che è parte integrante della vita di questo giovane di Besenello.


 
Giacomo, come mai questa passione sfrenata per il legno e tutte le forme che esso può assumere? È una cosa quanto meno curiosa per un giovane della tua età, no?
«Non saprei di preciso come ho iniziato, è stato un caso. So solo che sono sempre stato appassionato nel creare cose di ogni genere e anni fa ho trovato proprio nel legno il materiale con cui potermi esprimere nella maniera migliore.
«Devi sapere che mio nonno lavorava in una segheria, ma non l'ho mai conosciuto. Purtroppo non ho avuto l'occasione di farmi tramandare il suo sapere, ma chissà, forse quella per la lavorazione del legno è una passione genetica che grazie a lui ho nel sangue.
«Per via di questo mio interesse, ho scelto di intraprendere un percorso di studi nel settore che è terminato nel 2018, dopo 4 anni in cui ho frequentato un istituto professionale proprio improntato sulla lavorazione del legno.
«Al momento, oltre a ciò che progetto e realizzo in proprio, sono occupato da qualche mese in una falegnameria in Vallagarina. Mi trovo bene, mi piace, ma la mia passione è ciò che produco proprio qui, nel laboratorio di casa mia.»
 

 
Parliamo allora di progetti. Cosa stai ideando e realizzando in questo periodo?
«Ora come ora sto creando dell'home decor artigianale, ovvero oggetti che decorino la casa con design e qualità usando legno massiccio del luogo, possibilmente in maniera ecosostenibile.
«Sono convinto di questa scelta perché secondo me al giorno d'oggi la falegnameria tradizionale va purtroppo ad utilizzare unicamente pannelli artificiali o comunque risorse che hanno poco a che fare con il legno, quello vero, essendo piuttosto un insieme di materiali che alla fine risultano dannosi per l'ambiente.
«L'ecosostenibilità è una questione seria che mi sta particolarmente a cuore ed è per questo motivo che con le mie creazioni originali mi trovo a volte ad allontanarmi dal mondo attuale della falegnameria.»
 

 
Una curiosità: come ti procuri il legno che poi usi per creare le tue decorazioni?
«La mia è una cosa abbastanza inusuale per la nostra terra, perché capita abbastanza spesso che il materiale mi venga donato da persone che conoscono la mia passione e che raccolgono particolari pezzi di legno nel bosco.
«Poi magari, con lo stesso legno, mi chiedono di realizzare per loro qualche oggetto insolito. Altre volte vado io nel bosco, cerco sempre qualche legno originale, sia nella forma che nella struttura.
«Da queste essenze, poi, ricavo la materia prima con cui realizzare i miei pezzi. Dunque è un lavoro che compio interamente io, dall'inizio alla fine.»
 

 
Quali sono i pezzi che produci più frequentemente?
«Scatole, ciotole, cucchiai, soprammobili, piccoli intagli... in realtà un po' di tutto. Ormai è molto varia la mia produzione. Ho iniziato anni fa creando dei semplici oggetti per me, per cercare di migliorarmi con l'esperienza e rendere i prodotti non solo utili, ma anche belli esteticamente.
«Poi la mia tecnica si è via via affinata permettendomi di produrre opere sempre più elaborate e complesse. Il lavoro più complicato che ho realizzato è stato lo scorso inverno per un mercatino locale di beneficienza. Si è trattato di un presepe scolpito.
«Ho preso dei tronchi e li ho tagliati in fette dove ho poi inserito i personaggi, delle piccole sculture lignee, anch'esse intagliate, chiaramente, che andavano ad incastrarsi una dentro l'altra. Ci ho messo circa un mese.»
 

 
Accidenti, un mese? Credo, però, che non sempre ci metti così tanto tempo a realizzare le tue opere.
«È proprio così, ma per via di un motivo ben preciso. C’è un particolare che spinge a finire al più presto un lavoro, e questo non è certo la fretta e neppure l’ansia di vederlo concluso.
«Semplicemente bisogna cercare di finire rapidamente un'opera poiché il legno massiccio si muove con l'umidità, quindi più tempo trascorre, più è facile che sia soggetto a movimenti e quindi il risultato non sia alla fine quello desiderato.
«Certo, mi piacerebbe concentrarmi su di un lavoro solo per volta, iniziarlo e finirlo velocemente, ma capita spesso che comincio con uno e poi mi trovo a finirne tre-quattro tutti assieme. Per cui, puoi ben immaginare la frenesia degli ultimi giorni.»
 

 
 Quali sono i passaggi più difficili per la realizzazione di un tuo progetto?
«Di sicuro, secondo me, la parte più difficile è quella di riuscire a realizzare l'oggetto come l'avevi inizialmente pensato, perché ci sono tante variabili, anche non dipendenti da te, che possono farti sbagliare qualcosa, così che non sempre è facile riuscire a concretizzare il disegno, l'idea da cui era partito tutto il lavoro.
«Fino ad ora i progetti che realizzo li espongo durante le sagre di paese o in altre feste locali. È davvero gratificante vedere come, in quei momenti, le persone apprezzano e si fermano ad osservare con interesse, soffermandosi sui dettagli delle mie opere. È questa la mia più grande soddisfazione e l’appagamento di ognuno che crea, come me, oggetti artistici originali che danno il senso di una ricerca e di un messaggio interiore, vicino alla natura e vicino, se posso dire, anche all’anima.»

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Qualche giorno dopo la nostra intervista, apprendo che Giacomo ha subìto un infortunio sul lavoro e che con la sega circolare si è tagliato tre dita.
Fortunatamente non sono state amputate, ma comunque dovrà rimanere fermo per qualche mese.
L'ho quindi ricontattato per un ulteriore aggiornamento, che sicuramente, né io, né lui, avremmo mai voluto scrivere.
 

Cosa è successo, Giacomo?
«Mah, che dirti? È successo a me quello che è capitato ad altri falegnami, ma che mai avresti pensato potesse accadere anche a te. Non è affatto una consolazione, ma un monito per guardare avanti con maggior attenzione.
«Ci ho ripensato molto e alla fine ho realizzato che il mio infortunio è stato causato dalla mia troppa fretta di finire una determinata lavorazione per passare a quella successiva in quanto ero abbastanza stretto con i tempi.
«Ho dato troppa fiducia a me e troppa confidenza alle macchine facendo qualcosa che normalmente non sono solito fare, ovvero prendere il pezzo dietro la lama.
«Inoltre, e questa in sostanza è la causa principale, non ho usato le protezioni che sono state date in dotazione con la macchina. Un errore imperdonabile.
«Detto ciò, sono stato comunque molto fortunato perché poteva andare molto peggio in quanto sono stato protetto dal pezzo di legno che stavo lavorando il quale ha limitato il taglio delle dita. Il risultato è un dito con una profonda ferita sino a metà osso e altre due dita con una lacerazione più superficiale.»
 
Alla luce di questa tua esperienza, cosa vorresti dire a chi, che come te, lavora il legno?
«Mi sento di dire a coloro che si stanno avvicinando al mondo della falegnameria, ai giovani appassionati di quest'arte, che bisogna stare attenti a quello che si fa, non fidarsi troppo delle macchine e utilizzare le protezioni che si hanno, anche se devo ammettere che fino a quando non ti succede non capisci realmente che potrebbe capitare anche a te.
«Avendo frequentato quattro anni di scuola e svariati corsi sulla sicurezza ho sentito dire queste cose migliaia di volte, però solo ora ho capito la loro reale importanza.
«In questo senso lancio un appello a chi segue con passione la falegnameria: non fatevi prendere dalla fretta o dalla troppa sicurezza in voi stessi. Usate la massima prudenza, che con le lame, come ho provato sulla mia pelle, non si può e non si deve assolutamente scherzare.»
 
Astrid Panizza – [email protected]
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