Il ministro Gelmini: partiti e enti locali non frenino le riforme
«PNRR ultima chiamata, Regioni e Province decisive per realizzarlo»
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L’Italia è il Paese della Ue che riceverà più soldi di ogni altro in Europa da spendere tramite il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
L’accesso ai fondi è legato alla implementazione delle riforme necessarie affinché l’erogazione avvenga effettivamente.
E per poterle centrare serve la collaborazione dei partiti e degli enti locali, dalle Regioni alle Province ai Comuni. Il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) è quindi uno «stress test per la classe politica chiamata a fare le riforme che finora non sono state fatte e per tutti i livelli di governo.
«Si tratta dell’ultima chiamata e di un crollo degli alibi. L’Ue è stata per una volta generosa e lungimirante, ha messo sul piatto risorse, ma chiede maturità e responsabilità per realizzare dei cambiamenti.»
Lo ha detto la ministra per gli Affari regionali e le Autonomie, Mariastella Gelmini, collegata da remoto, nel corso dell’incontro del Festival dell’Economia dal titolo «Il Pnrr tra investimenti e riforme» cui ha partecipato l’economista Francesco Giavazzi e moderato dal giornalista Alessandro Barbera.
La ministra ha sollecitato i livelli di governo locali a essere parte attiva dell’attuazione del Pnrr: «Regioni, Province e Comuni sono chiamate a un protagonismo, che non vuol dire campanilismo, ma collaborazione vera» ha detto Gelmini.
L’esponente del governo Draghi ha voluto evidenziare come «le riforme sono propedeutiche a realizzare gli investimenti» nei tempi indicati dalla Ue.
E ciò, ha continuato Gelmini, «si raggiunge con un governo di unità nazionale, con i partiti che devono uscire per una volta dalla logica dei veti incrociati e provare ciascuno a dare un contributo per fare dei cambiamenti».
Per la ministra, nel dibattito aperto in Italia sulle risorse in arrivo dalla Ue, «si cerca o si tende a mettere in secondo piano il cuore della proposta europea» che è quella delle riforme.
«Ci tengo a dire che la prima grande riforma l’ha fatta l’Europa affrontando la pandemia spingendo gli Stati membri a uno sforzo riformatore.
«Il cuore del Pnrr è questo e sia i partiti sia gli enti locali hanno grandi responsabilità, di fronte a una sfida epocale per cui il compito dei partiti è di non essere frenatori verso le riforme indispensabili per mettere a terra le risorse della Ue.
«Dall’altro lato, la volontà di inserire Regioni, Province e Comuni nel Pnrr testimonia la consapevolezza del governo che la sfida si vince coinvolgendo i diversi livelli di governo» – ha aggiunto la ministra.
«La pandemia ha reso più estesi i poteri dello Stato, ma dopo la pandemia non siamo chiamati a estendere l’azione dello Stato: dobbiamo renderlo più efficiente per migliorare la capacità di fare impresa.»
Un ruolo da protagonista lo avranno anche le Regioni, le Province e i Comuni.
«Nel Pnrr c’è la volontà di creare un meccanismo per cui ciascuno eserciti il proprio ruolo. La Costituzione delinea un sistema di autonomie per cui se vogliano realizzare il Pnrr entro il 2026 va attuato quel sistema.
«Aver inserito le Regioni nella cabina di regia, evita contenziosi. Poi ognuno risponderà del proprio operato.»
Giavazzi nel suo intervento ha sottolineato la necessità di riformare il Paese.
«Il piano è importante – ha detto l’economista – ma la sua importanza non è tanto nelle risorse che ci vengono date, perché sono sì un totale di circa 191 miliardi di euro, pari all’11% del Pil, ma comparabili con l’aumento discrezionale del deficit del 2020 che è stato di 170 miliardi di euro.»
L’aspetto più importante, ha aggiunto Giavazzi, è legato alle riforme da realizzare, perché «una delle ragioni per cui l’Italia cresce poco da 20-30 anni è l’assenza delle riforme».
E l’agenda degli impegni presi dall’Italia fino al 2026 è intensa. Basti pensare, ha ricordato Giavazzi, che già «entro il semestre attuale, occorre portare a compimento la semplificazione, i cui decreti sono stati fatti, definire la governance, ossia chiarire chi decide cosa su questo grande piano e entro luglio va fatta una legge sulla concorrenza, le scadenze sono molto precise.
«Cosa accade se ne manchiamo una? Se uno manca una riforma può succedere che i finanziamenti si fermino» – ha sottolineato ancora l’economista.