Le mire della Turchia in Siria e il rischio di una nuova escalation

Nel tentativo di creare una zona «cuscinetto» nel nord della Siria rischia un confronto diretto con la Russia che appoggia apertamente Assad

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Alle 3:30 del mattino del 24 novembre, nei pressi della città di al-Bab, nel nord del Paese, 3 soldati turchi hanno perso la vita e altri 10 sono rimasti feriti a seguito di un attacco dell’Aeronautica militare siriana.
L’episodio in questione rappresenta il primo caso di scontro diretto tra le truppe di Ankara e quelle di Damasco nel teatro di guerra siriano.
La presenza turca in Siria risale al 24 agosto scorso, quando il Presidente Recep Tayyp Erdogan, in appoggio alle forze di opposizione ad Assad, ha lanciato l’operazione «Scudo dell’Eufrate» finalizzata alla neutralizzazione delle milizie, delle basi logistiche, dei mezzi e degli equipaggiamenti dello Stato Islamico nel nord della Siria e contestualmente frenare l’avanzata delle unità curde siriane dello YPG (Yekîneyên Parastina Gel, Unità di Protezione Popolare) accusate di condurre operazioni terroristiche in Turchia in coordinamento con il PKK (Partiya Karkerên Kurdistanê, Partito dei Lavoratori del Kurdistan).
Dopo aver preso la città di Jarabulus, le Forze Armate turche vorrebbero ora espugnare al-Bab, per poi dirigersi verso la città di Manbji, attualmente controllata dal gruppo ribelle a maggioranza curda dello SDF (Syrian Democratic Forces), nel tentativo di creare così una «zona cuscinetto» nel nord della Siria a protezione di una parte del confine meridionale turco.
 
Questo sconfinamento turco in territorio siriano si contrappone inevitabilmente alla campagna militare di Assad e dei suoi alleati, volta alla riconquista dei territori del nord del Paese attualmente occupati dalle forze ribelli e dallo Stato Islamico.
L’episodio potrebbe rappresentare l’inizio di un ulteriore escalation militare nella regione, soprattutto se avranno seguito le dichiarazioni del Primo Ministro turco Yildirim, che ha affermato che all’attacco siriano seguirà un’azione di rappresaglia da parte di Ankara.
Appare opportuno ricordare che le forze governative di Assad godono di un’importante sostegno militare russo, incentrato sulle basi navale ed aerea di Tartus e Hmeimim/Latakia e sul gruppo navale della portaerei Kuznetsov.
Se Ankara decidesse di scontrarsi direttamente con Damasco, ciò potrebbe comportare un coinvolgimento diretto di Mosca a difesa e sostegno dell’alleato siriano che, oltre ad aggravare il già complesso conflitto siriano, potrebbe avere delle conseguenze su un piano internazionale più alto vista la presenza nel teatro d’operazioni anche di Stati Uniti, Iran e milizie libanesi di Hezbollah.