Il primo dopoguerra al cinema: «Dalla trincea alla metropoli»
La Biblioteca Archivio del CSSEO, in collaborazione con la Biblioteca comunale di Borgo Valsugana, organizza l’incontro-dibattito per giovedì 17 gennaio alle 17.30
La Grande Guerra è stata oggetto di un gran numero di film, i soli film italiani sono quasi duecento.
Meno trattato è stato il periodo che segue la fine delle ostilità, che tuttavia non coincide con la pace. Il 1919 infatti apre un quinquennio di conflitti, insurrezioni e altre guerre che causano oltre 4 milioni di vittime.
Alla guerra non fece seguito la pace: «La guerra mondiale terminò formalmente con la conclusione dell’armistizio – ha scritto il filosofo Pëtr Struve, – di fatto, però, tutto quello che da quel momento in poi abbiamo vissuto, e continuiamo a vivere, non è che una continuazione e una trasformazione della guerra mondiale.»
Nell’incontro organizzato dalla Biblioteca Archivio del CSSEO questo periodo sarà trattato ricorrendo agli spezzoni di alcuni film.
Innanzitutto di «Heimat», il capolavoro di Edgar Reitz, un’opera-fiume che mette in scena le vicende degli abitanti dell’immaginario villaggio di Schabbach: una piccola comunità rurale la cui esistenza scorre con placida ed apparente immobilità, lontana dai clamori e dalle tragedie che caratterizzeranno le sorti della Germania del Novecento.
Altro capolavoro è «Berlin Alexanderplatz», la miniserie televisiva diretta dal regista tedesco Rainer Werner Fassbinder e tratta dall'omonimo romanzo del 1929 di Alfred Döblin, che racconta l’odissea umana, morale e spirituale di un uomo alla deriva, Franz Biberkopf, reduce della Grande Guerra che solo in trincea aveva trovato una propria Heimat.
Reduci sono anche i protagonisti degli altri due film, «Johnny prese il fucile», un film del 1971 scritto e diretto da Dalton Trumbo, il cui protagonista, Joe, torna dalla guerra ridotto a un tronco umano, «un pezzo di carne che vive»; e di «Frantz», l’ultimo film di François Ozon.
Berlino, la vera protagonista del romanzo di Döblin, ritorna nella serie di Netflix, «Berlino Babilonia», basata sui libri di Volker Kutscher, ambientata nel quinquennio che va dal 1929 al 1934.
«La vita e nientaltro» di Bernard Tavenier, è ambientato due anni dopo la fine della guerra, quando il suo strascico di immane dolore non si è ancora arrestato.
Nei pressi di Verdun, in uno dei luoghi del Fronte occidentale che più di ogni altro ha visto spaventosi massacri, si continua a scavare per riportare alla luce cadaveri quasi sempre senza nome.
Nel frattempo i familiari dei dispersi cercano, vagando per i vari «giacimenti» (così vengono chiamati, con involontaria brutalità, i luoghi a più alta densità di spoglie mortali), di riconoscere infine i resti dei loro cari.
Solo uno tra I film presentati è coevo alla fine della guerra: «L’ammaliatrice» di Georg Wilhelm Pabst, girato nel 1925 che narra la storia di due sorelle, Marie e Greta, nella Vienna degli anni Venti, ancora devastata dopo la Prima guerra mondiale.
Come ha scritto il critico Gian Piero Brunetta, «I film che ricostruiscono la storia passata […] sono interessanti soprattutto perché, in trasparenza, parlano della realtà contemporanea, respirano dibattiti politici e ideologici ancora in atto […]. Sono come orologi che esibiscono una doppia temporalità: una temporalità apparente, un movimento antiorario e un movimento reale sintonizzato sul presente, sulla evoluzione della ricerca storiografica e, al tempo stesso, sulla modificazione dei comportamenti intellettuali in rapporto alle trasformazioni sociali».
Affronta queste vicende il critico cinematografico Gianluigi Bozza nell’incontro dibattito «Il primo dopoguerra al cinema. Dalla trincea alla metropoli», che si terrà giovedì 17 gennaio 2019, alle ore 17.30, nella Saletta della Biblioteca comunale di Borgo Valsugana (Via XXIV Maggio 7).