Alle ore 2.40 del 25 luglio di 80 anni fa crollava il fascismo/ 3
Con un semplice voto democratico del Gran Consiglio crollava la «dittatura costituzionale» durata più di 20 anni – Parte terza, la fine
La tavola della Domenica del Corriere che riportava l’arresto di Mussolini.
(Link alla seconda puntata)
Mussolini incontrava il Re due volte alla settimana - cosa decisamente singolare per qualsiasi dittatore - per aggiornarlo costantemente.
Quella mattina del 25 luglio, anche se era domenica, il Duce chiese al Quirinale di essere ricevuto dal Re nel pomeriggio. L’incontro fu fissato per le ore 17.
La mattina Mussolini andò a Palazzo Venezia per sbrigare le incombenze di routine (lavorava anche la domenica), poi tornò a casa alle 15.
Informò la moglie dell’appuntamento col Re e lei lo avvisò: «Ti farà arrestare!»
Mussolini però era convinto di perdere solo la conduzione della guerra (come si poteva evincere dalla mozione di sfiducia) e si preparò una lista di ministri per il nuovo governo, tra i quali metteva Grandi agli Esteri.
Alle 16.55 si era fatto portare con la Fiat presidenziale 2800 al cancello di Villa Savoia, dove il Re aveva deciso di riceverlo.
In realtà, il sovrano aveva organizzato l’arresto di Mussolini. Ma sarebbe stata un’operazione “pulita”.
La Lancia 2.800 presidenziale, con la quale il Duce si fece portare a Villa Savoia.
I reali Carabinieri erano sostanzialmente dalla parte del Re, così come la polizia faceva capo a Mussolini.
Quindi il sovrano aveva convocato il generale dei Carabinieri Angelo Cerica e gli aveva ordinato di «proteggere» Mussolini non appena destituito. Però tutti sapevano, in particolare il Re, che si trattava di un arresto vero e proprio. Il Duce era troppo potente per licenziarlo senza rischiare un sollevamento di popolo.
Quanto Mussolini si presentò al cancello, come sempre, la scorta di polizia rimase fuori e lui poté entrare solo con l’autista.
Quando scese, fu ricevuto dal sovrano, che indossava la divisa di Primo Maresciallo dell’Impero (conquistata grazie a Mussolini). Mussolini invece era in borghese, vestito blu e cappello floscio.
L’autista del Duce fu fatto scendere e condotto in una stanza con la scusa che aveva da rispondere a una telefonata urgente. Fu trattenuto, nutrito e dissetato e rilasciato verso mezzanotte, quando tutto era concluso.
Villa Savoia, oggi Villa Ada.
«Caro Duce, le cose vanno male, – esordì il Re ricevendolo. – In questo momento siete l’uomo più odiato d’Italia e solo io posso garantirvi la sicurezza.»
Gli mostrò di aver ricevuto l’Ordine del Giorno Grandi e gli disse: «Devo salvare l’Italia. L’avvenire del Paese è nelle mani della Corona. E io ho preso le mie decisioni. Il maresciallo Badoglio è il nuovo capo del Governo.»
Aveva detto «è», non «sarà».
«Allora tutto è finito…» – Mormorò l’ormai ex Duce del Fascismo.
«Non preoccupatevi, ho predisposto tutto per la vostra sicurezza.»
Mussolini uscì dalla Villa e invece dell’autista trovò ad attenderlo il capitano dei Carabinieri Vigneri.
Mussolini provò a dissuaderlo, pensando di poter tornare a casa tranquillamente.
Ma il capitano non aveva dubbi: «Dobbiamo uscire con l’ambulanza, così nessuno se ne accorgerà.»
Mussolini vi salì e trovò la scorta di Carabinieri armati di mitra. Dietro all’ambulanza li seguiva un camion telonato che conteneva una cinquantina di Carabinieri.
Quando l’ambulanza uscì da Villa Savoia, la scorta non se ne accorse neppure. Verso mezzanotte gli agenti di scorta furono aggiornati e messi in libertà.
Il Fascismo era finito.
Il Corriere della sera del 26 luglio 2023.
Il resto verrà raccontato in occasione dell’ottantesimo anniversario dell’8 Settembre, data ben più nefasta per il nostro Paese perché segnò l’inizio della Guerra civile.
Una piccola aggiunta. Dall’8 al 10 gennaio 1944 si svolse il Processo di Verona, che vedeva imputati sei dei 19 membri che avevano votato la mozione Grandi.
Gli altri erano riusciti a dileguarsi, mentre Tullio Cianetti aveva scritto al Duce che ritirava la sua firma dall’Ordine del Giorno, salvandosi così la vita perché al processo venne condannato a 30 di reclusione.
Invece Galeazzo Ciano, Emilio De Bono, Luciano Gottardi, Giovanni Marinelli e Carlo Pareschi furono condannati a morte e fucilati al Poligono di Verona l’11 gennaio 1944.
Cianelli fu liberato alla fine della guerra, ma preferì rifugiarsi nel Mozambico, dove morì il 7 agosto 1976.
Guido de Mozzi
Fine
(Riprenderemo l’8 settembre)
L'ambulanza con la quale il Duce fu portato via da Villa Savoia.