La nostra amata Rovereto/ 18 – Di Paolo Farinati

Il Coro Bianche Zime di Rovereto nell’intervista al presidente Paolo De Uffici

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Lasciamo alle nostre spalle Piazza del Podestà, con lo splendido Palazzo del Municipio del Quattrocento veneziano e dominata da sopra dal Castello iniziato a costruire dalla potente casata dei Castelbarco già nel 1200.
Saliamo la Via della Terra, lungo la quale don Antonio Rosmini passeggiata sovente in lunga e fertile riflessione filosofica.
Dopo poche decine di metri arriviamo sulla destra ad un altro meraviglioso caseggiato del Cinquecento, davanti al cui portone ci attende Paolo De Uffici, Presidente del Coro Bianche Zime di Rovereto, un’autentica istituzione canora e culturale della città e del Trentino.
 

L'indimenticabile Anselmo Calmasini, uno dei fondatori e nonno dell'attuale Presidente De Uffici.
 
Egregio presidente, buon giorno. Ci racconti brevemente la storia di questo fantastico gruppo di cantori. Quando nasce il Coro Bianche Zime? Chi lo fondò? Chi furono i primi protagonisti?
«Il Coro Bianche Zime nasce il 25 gennaio del 1961 presso la sezione del dopolavoro ferroviario di Rovereto.
«Il gruppo inizialmente fu costituito da ferrovieri, da agenti della Polfer e da alcuni coristi provenienti dalle corali parrocchiali della Vallagarina.
«Si propose al giovane Remo Manica di Nogaredo la conduzione, che egli accettò di buon grado, consapevole del lavoro impegnativo a cui andava incontro.
«Dopo due anni di prove, il coro tenta la scalata e soprattutto l’impatto con il pubblico, partecipando a Bolzano ad un concorso per cori di montagna. Il risultato fu ottimo, secondo tra le corali di primo livello e il primo premio per la miglior divisa folkloristica.
«Da allora il Bianche Zime ne ha fatta di strada, grazie all’attenta e scrupolosa direzione del Maestro Remo durata quaranta anni, cantando innumerevoli concerti in regione, in Italia e soprattutto all’estero.
«Nel gennaio 1993 tale denominazione prende nome di Associazione Coro Bianche Zime, cambiando sede sempre a Rovereto, in via della Terra, 40 dove tutt’ora risiede.
«Apprezzato per le sue esecuzioni che sempre hanno spaziato in un repertorio vasto, italiano e straniero, anche non prettamente pertinente al coro alpino, il coro ha rappresentato una delle più belle realtà corali, cittadine, espresse in Trentino accanto a monumentali cori come la SAT.
«Il coro Bianche Zime ha fatto molto per la città di Rovereto: una rassegna durata più di vent’anni, Italia Canta, proponendo al pubblico non solo cori trentini ma andando alla ricerca delle tradizioni canore più esemplificative in ambito nazionale, il primo in questo genere di ricerca musicale e popolare.
«Due sono i punti centrali che hanno accompagnato il coro nella sua storia: i gemellaggi, in particolare quello con il coro di Reuth, della vicina città di Forchheim, di cui la stessa città di Rovereto è gemellata. Un motivo di incontro e di amicizia, ponte di culture diverse e di un linguaggio universale che trova nei valori fondamentali, la prosecuzione e lo scopo del canto.
«In secondo l’impegno del coro nel volontariato, per le associazioni che si adoperano in progetti a favore delle popolazioni dei continenti sottosviluppati. Un’attività di promozione ed una campagna di divulgazione di ideali di pace e di fratellanza mai abbandonati dal coro.
«Il libro scritto nel 2000, dal titolo Quaranta anni di storia, edito dalla casa editrice Osiride - Rovereto, testimonia questi poli, che nel tempo sono divenuti vero ed autentico arricchimento collettivo.
«Oggi questa corale taglia un prestigioso traguardo: sessanta anni di vita, ringraziando il Maestro Manica per la costanza, la dedizione, e i risultati di prestigio raggiunti, lasciando in eredità al Maestro Stefano Balter una continuità didattica, concertistica, artistica.
«La storia resta questa. La programmazione futura del Coro vede promuovere arte, condivisione in percorsi storici/artistico/musicali all’interno della propria sede, ma che nello stesso tempo stimolare la collaborazione tra Enti ed Associazioni a cui preme la territorialità nella pregevolezza di quello che coltiva nella memoria e nella contemporaneità.»
 

 
Quali sono i vostri programmi e obiettivi futuri?
«Gli obiettivi nel futuro più immediato sono celebrare il sessantesimo di fondazione del coro con una serie di manifestazioni non esclusivamente canore, oltre a portare avanti progetti canori e non che hanno distinto il coro negli ultimi anni e che ne delineano anche l'azione futura ed il nuovo modo in cui il coro vuole stare in città.
«Perché da anni il coro guarda al canto come identità e provenienza, ma anche e principalmente come cultura ed è proprio per questo che collaboriamo con altre realtà associative e con altri enti intrecciando la nostra identità artistica con altre diverse dalla nostra.
«Nostra convinzione è che si debba lavorare dentro la comunità e per la comunità, coltivando l'ascolto e rendendosi partecipi dei bisogni della società roveretana in cui il coro vive, da qui lo sviluppo di energie comuni con realtà anche di stampo solidaristico e non, convenzionalmente, culturali.»
 
Quale è il genere che amate di più?  
«Il coro predilige il canto di montagna, ma da alcuni anni lavora costruendo progettualità che interessano più voci recitanti: teatro, musica, danza, prosa.
«Questa trasversalità di contenuti diventa ricchezza, opportunità di crescita personale e collettiva.
«Non resta importante e primario il risultato artistico, occorre lavorare in prospettiva, tenendo conto che anche il pubblico è cambiato. Meglio è cambiato il modo di esibirsi.»
 
Quali sono gli impegni richiesti ad ogni componente del Coro? Chi è il Maestro attualmente? Dove vi trovate per le prove?
«Il corista partecipa a due prove a settimana. Una di sezione e una collettiva. Quindi due appuntamenti serali, per un totale di quattro ore complessive. In due giorni stabili e condivisi da Maestro e coristi.
«Il Maestro Stefano Balter arriva al coro, nel 2013 dopo un lungo percorso musicale. Fondatore del Coro Sant’Ilario e direttore poi per 13 anni del Coro alpino città di Mori. Con più di 50 anni di appartenenza al mondo corale, è egli stesso figlio del Bianche Zime, infatti vi cantò da ragazzino.
«Ora il suo sguardo al domani, è rivolto al dare testimonianza della funzione educativa del canto nei valori fondanti dell’uomo e del suo stare in comunità.
«E il Coro Bianche Zime, di fatto, è storia roveretana. Il nostro Maestro rimane ricchezza umana prima di tutto e poi canora. Questo è il suo insegnamento alle prove come ai concerti. Il coro si ritrova in via della Terra, 40.»
 

 
È facile oggi coinvolgere i giovani nel canto? E particolarmente nell'esercizio di cantare in un Coro?
«Noi abbiamo dei giovani nel coro e ce li teniamo stretti. Generazioni diverse che si incontrano, si contaminano in esperienza, condivisione, nel fare insieme.
«Oggi è molto difficile proporre un percorso canoro ai ragazzi ma non impossibile.
«Una volta entrati nel coro sono loro stessi a vivere il momento ovvero ciò che il canto fa nell’animo: agisce magicamente facendoli sentire parte di qualche cosa di prezioso. Lontano dalle luci del palcoscenico, ma in una coralità che nasce dal cuore.»
 
Il Trentino è terra da sempre di cori di montagna. Quanto ha influito e influisce tuttora in questo proprio l'elemento della montagna?
«Il Trentino è terra di cori, di appartenenza, di provenienza. Per quanto riguarda la montagna è il timbro postale, l’originalità, la tradizione come la cultura di montagna.
«Oggi, la nostra società però cambia repentinamente. Cambiano i gusti, la musica, le mode. È attraversata dal modernismo. Ma proprio per questo le periferie esprimono, rispetto alle città, quella attenta aderenza al passato, alla pregevolezza della nostra storia. Le città faticano a stare al passo in quanto l’offerta culturale è diversa e diversificata.
«Occorrerebbe in futuro ragionare, invece, sul concetto di canto popolare e di tradizione popolare.»
 
Dove ama esibirsi il Coro Bianche Zime? Avete inciso dei dischi? Hanno ancora successo?
«Queste sono alcune delle nostre trasferte e dei nostri risultati più importanti: Gran Bretagna (1985); Jugoslavia (1986); canti natalizi a Roma, presenza del coro all’Angelus in Piazza San Pietro di fronte al Pontefice Giovanni Paolo II; nell’attività concertistica il coro ha partecipato a numerosi concerti e rassegne, protagonista all’estero in Austria, Germania, Ex-Jugoslavia, Inghilterra, Svizzera, Repubblica Ceca, tra il 1989 e il 2000 trasferte in Germania in varie città ( Monaco, Stoccarda, Dusseldorf, Colonia, Mannheim, Heidemberg) per i Trentini nel mondo, come ambasciatore dei prodotti trentini per conto della Provincia Autonoma di Trento e per EXPO ad Hannover; gemellaggio insieme alla città di Rovereto con la città di Forchheim, precisamente con il coro di Reuth, gemellaggio tuttora forte e sentito.
«Il lavoro discografico - bibliografico è stato sin qui assai significativo, con l'incisione di tre cd: Ricordi nel 1998; Quaranta anni di storia nel 2001, per celebrare il quarantesimo di fondazione; e nel 2003 esce il nostro ultimo lavoro dal titolo Appunti da un viaggio nel Santo Natale, per dare completezza e fine ad un lavoro esecutivo che manifestasse la poliedrica versatilità del coro. Inoltre tre libri: quello scritto nel 2000, dal titolo Quaranta anni di storia, edito dalla casa editrice Osiride di Rovereto, testimonia questi poli, che nel tempo sono divenuti vero e autentico arricchimento collettivo; nel 2006, il volume scritto da due coristi, Andrea Munari e Gianni Potrich dal titolo: I canti degli Alpini, la memoria del corpo nelle canzoni di trincea 1915- 1918 (prima edizione Ed. Nordpress) – 2ª ristampa nel 2007; terza ristampa nel 2012 ad opera della Provincia Autonoma di Trento; infine nel 2015, il volume dal titolo: Le formazioni corali Roveretane, i canti della montagna prima della nascita del Coro Bianche Zime a cura di Gianni Potrich e Mariano Veronesi, edizioni Osiride. Una pagina corale roveretana dal 1930 al 1955.
«E hanno ancora successo. Non a caso alcuni amici, durante il periodo di Natale, mi inviano la foto del cofanetto del CD con la scritta: Alla vigilia non può mancare mai, sotto l’albero, il Coro Bianche Zime!
 

 
C'è una certa competizione in Trentino tra i vari Cori? Penso al Coro della SAT nei confronti di quello della SOSAT, e qui a Rovereto tra voi e il Coro Sant'Ilario. C'è più rivalità o rispetto?
«La storia rimane storia perché di fatto sono le fonti che la compongono. Il Coro della SAT è stata la costola, la radice il cui il movimento corale trentino è nato. Questo resta assodato e ancorato al passato come al presente.
«Riferendoci al canto di montagna, più che rivalità - che non vedo, sento e provo - parlerei, invece, di modi diversi di vivere e fare cultura all’interno della propria comunità. Il rispetto resta una parola carica di significato per chi conosce e vive il rispetto.
«Non solo per chi lo enuncia all’apparenza. Questo vuole dire che non dobbiamo perdere di vista i valori. Su questi, ogni associazione lavora dentro di sé nell’accrescere i valori umani, sociali e artistici, per essere prima di tutto, sempre fedele a se stessa!»
 
La Provincia autonoma di Trento e il Comune di Rovereto vi aiuta? Cosa si sente di chiedere alla nuova Amministrazione comunale della nostra città?
«Bella domanda. In tempi difficili, tutto diventa estremamente aleatorio. La pandemia ha disorientato, messo in gioco, smosso coscienze, ha toccato da vicino.
«L’Amministrazione comunale come quella provinciale cerca di fare il possibile. Anche se gestire o provare a ragionare su scenari futuri, ci rende tutti i giorni incerti.
«Crediamo nelle Istituzioni. Nelle persone che ne fanno parte. E ci affidiamo perché possano nei limiti del possibile aiutare/ci tutti, affinché tutto non si fermi. La cultura resta il nostro passo esistenziale.»
 
Infine, caro Presidente De Uffici, le chiedo un messaggio per i nostri concittadini. Del resto la musica e il canto possono aiutare molto nel rafforzare la fiducia di una comunità.
«Il Coro Bianche Zime io l’ho vissuto in stagioni diverse, quando ero piccolo lo ascoltavo e lo andavo a vedere perché ci cantava il nonno, Anselmo Calmasini, uno dei fondatori; poi ho provato un approccio al coro durante le scuole superiori, per poi a venticinque/ventisei anni fermarmi stabilmente all'interno di questa realtà che non è solo un'altra associazione o non è soltanto un coro è un gruppo di amici, oserei dire anche un'altra famiglia.
«Purtroppo nel corso di questo periodo pandemico noi non ci siamo visti, non ci siamo sentiti, tranne che per una piccola finestra di opportunità che per me ha avuto dell'incredibile, non solo eravamo tutti, ma si sono aggiunte anche nuove persone a cantare con noi, questo perché, credo, il coro sia una realtà che fa comunità ed in un periodo dove la socialità è al minimo si riscoprono anche altre vie per tornare assieme, per riscoprirsi parte di ciò che ci circonda.
«È, e probabilmente, sarà ancora per un po' un periodo complicato per tutte e per tutti, ma l'importante è ricordarsi che sempre e ovunque se si vuole si può partecipare a qualcosa che supera i confini di noi stessi e ci fa sentire più intensamente parte della nostra comunità.»

Grazie di cuore, Presidente De Uffici, sinceri complimenti e viva il Coro Bianche Zime di Rovereto!

Paolo Farinati – [email protected]
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