La nostra amata Rovereto/ 8 – Di Paolo Farinati
Intervista al titolare della Coltelleria Vecli di Rovereto, Cristiano Vecli
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Siamo allo storico angolo del nobile Palazzo di Casa Rosmini tra la via Stoppani e la splendida via Mazzini. Entriamo nella Bottega della Coltelleria Vecli, oggi molto moderna e luminosa.
Dalla famiglia Vecli possiamo apprendere di fatti e di persone di un tempo lontano, ma da narrare sempre con immenso piacere e da ascoltare con immenso piacere.
Tradizione antica quella dei coltelli e di altri utensili da taglio, come quella quasi fiabesca dell'arrotino. Il «moléta» in trentino.
Oggi la Bottega della famiglia Vecli offre molto di più, ovvero pure tanti altri prodotti per ogni esigenza della cucina e della casa.
Ma facciamocelo raccontare da Cristiano Vecli, che rappresenta la terza generazione della famiglia qui a Rovereto.
Gentilissimo Cristiano, buon giorno. Ci racconti un po' la storia di questa vostra attività. Quando e dove nasce? Quali sono stati i protagonisti nel passato e quali sono oggi i nuovi attori della vostra Bottega?
«Grazie per questa domanda, è sempre bello poter raccontare una storia, soprattutto se è vera.
«Al termine della Prima Guerra Mondiale mio nonno paterno, Marcello Vecli, lasciò la val Rendena, per recarsi in pianura.
«Era partito con una slaifera, la classica mola rendenese che si solleva e si spinge a mano. Dopo periodi non sempre felici, trascorsi tra il ferrarese, Parma e Langhirano, al nonno giunse voce che una vedova cedeva l'azienda del defunto marito, a Rovereto, in Trentino! Il nonno mollò tutto, arrivò in città e rilevò l'attività.
«Era il maggio del 1929 e l'insegna ArrotinoColtelleria Marcello Vecli comparve sopra la porta del civico 32 di via Mazzini. Poi il nonno si sistemò a dovere, prese in moglie Oliva Larcher da Mezzomonte ed ebbero due figlie e due figli. Non appena Costantino (il figlio maschio più grande) fu abile, suo padre gli insegnò l'arte del moleta.
«Al tempo si cominciava a lavorare da molto giovani, ma Costantino studiò anche la musica e frequentò le commerciali. Fu bravissimo a imparare il mestiere dell'arrotino, affiancando il lavoro artigianale al commercio. Erano anni molto buoni e, nel 1978, il negozio venne trasferito dal civico 32 al numero 83 di via Mazzini, sua collocazione attuale.
«E passarono i lustri. Io e la scuola non andavamo troppo d'accordo, a sedici anni decisi di dedicarmi al lavoro. Nel 1992 cominciai a lavorare stabilmente nel negozio di famiglia, dopo due anni in fabbrica e uno di servizio civile. Quando giunse il nuovo millennio arrivò anche il nuovo arredamento, più armonioso, chiaro e pratico.
«Dopo quasi trent'anni il nano non è ancora caduto dalle spalle dei giganti, ma lavorare è sempre più dura.»
Quali prodotti e quali servizi offrite alla clientela? Come descriverebbe la vostra clientela?
«Arrotiamo qualsiasi cosa debba tagliare. Al di là delle affilature vendiamo prodotti di elevata qualità, sia nell'ambito cucina, che della tavola e qualche piccolo pezzo di arredamento.
«Spesso forniamo piccole consulenze, rispondiamo a domande molto particolari e togliamo anche qualche curiosità. Inoltre ospitiamo sempre volentieri qualche artista locale, così gli concediamo visibilità, mentre agli stimati Clienti offriamo una panoramica sulla scena creativa roveretana. La nostra clientela è omogenea e composta da persone accomunate dalle stesse esigenze.»
La Vostra bottega è un punto fermo della città, mentre per la vostra famiglia rappresenta una grande passione. Come ce la vuole presentare?
«Posso dire che la grande passione è quella che mettiamo in ogni cosa: lavoro o arte che sia. Potrei dire che è una Bottega sincera con pochi fronzoli ben scelti e una grande competenza in materie anche molto differenti tra loro, per esempio il cristallo e l'acciaio.»
Non Le mancheranno le emozioni quando ogni giorno entra nella sua Bottega. Ce le vuole raccontare?
«Mah, sono una persona che ha le sue routine, ma, come tutti gli altri, sono costretto dalla musica della vita a improvvisare sul tema.
«Quando giro la chiave alla mattina sono felice di entrare, così come alla sera, sono contento di aver finito. La soddisfazione passa anche dal portafoglio, ma devo dire che le emozioni più grandi non hanno mai a che vedere con il vil denaro.»
Voi siete imprenditori del commercio noti e stimati in città. Cosa si sente di suggerire all'Amministrazione comunale per migliorare la nostra Rovereto? E in particolare il suo piccolo ma sempre affascinante centro storico?
«Agli amministratori eletti non dico nulla, sono persone permalose, rancorose e molto spesso incompetenti.»
Lei ama da sempre viaggiare, ha conosciuto molte parti del mondo, molti popoli, molte tradizioni. Di Rovereto cosa La colpisce? Come la farebbe conoscere meglio ai turisti che la visitano?
«Rovereto è bella perché è in un luogo unico, ma con una storia comune a molti altri posti di confine. Rovereto è in un'area geografica molto particolare, così come sono assai originali anche le genti che la popolano. Rovereto è un misto di spezie orientali profumate, che sanno di seta, ma c'è ancora odore di campagna, di industria e di guerra.
«Quando viene qualcuno a trovarmi qui in città, lo porto sempre in calle Basadonna: si può vedere una parte delle antiche mura con un torrione e mi dà la scusa di parlare dell'espansione incontrollata dell'urbe, della sua gloria veneziana e decadenza imperiale, dei conflitti mondiali e dei segni indelebili che ci lasciarono in eredità.»
Artigianato e commercio sono da secoli punti di forza della nostra comunità. Come li farebbe amare di più dai nostri giovani?
«Sarebbe bello poter offrir loro una prospettiva di vita, ma i tempi sono diversi da quando ero giovane io. Adesso bisogna essere molto più preparati per il mondo del lavoro. Però mancano le relazioni umane, manca una regia unica che sappia indirizzare e consigliare con competenza chi si affaccia al mondo del lavoro.
«D'altro canto, ci sono eccellenze che è difficile trattenere in una società sempre più anziana e sempre meno bisognosa di figure ultra-specializzate che invece possono trovare lavoro e soddisfazioni nelle grandi città.
«Nel nostro Paese manca un reale aggancio agli stili di vita contemporanei: con gli stipendi italiani è difficile sentirsi appagati nel mondo moderno con 800 euro al mese.»
L'indiscussa qualità dei prodotti e la grande disponibilità nell'assistenza ai clienti sono i motori del successo della vostra Bottega. Come riuscite a realizzare tutto questo?
«È vero, siamo uno dei pochi negozi che sostituisce le cose che non vanno bene con un prodotto nuovo. E se non va bene nemmeno quello si cambia ancora e ancora, fino a che non va bene. Nei rarissimi casi in cui ciò non sia possibile, emettiamo un buono spesa e chiediamo scusa.
«Tutto ciò è sostenibile quando capita di rado, ma è fondamentale collaborare con aziende serie e sane che siano pronte a riconoscere i propri difetti ed errori.
«Ancora una volta: senza relazioni umane non è possibile rimediare efficacemente alle emergenze del cliente finale.»
La convivenza con il Covid19 non è stata e non è semplice. Come vi siete organizzati?
«I negozi di superficie ridotta, come il nostro, non hanno avuto grandi impatti sul flusso della clientela. Chiaramente, rimanere completamente chiusi è pesante in ogni senso, sia psicologicamente che economicamente. Abbiamo avuto ripercussioni come tutti, ma non abbiamo incontrato grosse difficoltà a preparare un ambiente accogliente e sicuro.»
Caro Cristiano, le chiedo, infine, un messaggio di fiducia da far arrivare a tutti i nostri concittadini.
«Leggete, studiate, imparate. Non è mai troppo tardi per farlo e mantiene vivi e aggiornati. Il presente è uno stretto passaggio verso il futuro, non perdetevi a contemplare un rassicurante passato, ma guardatevi intorno e scegliete di procedere senza lasciare tracce, con umiltà.»
Paolo Farinati – [email protected]