Cosa è bene sapere del Coronavirus – Di Nadia Clementi
Ne parliamo con il prof. Antonio Cascio, ordinario di malattie infettive e tropicali all’università di Palermo
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Continua ad allarmare il Coronavirus, partito dalla città cinese di Wuhan e che in poche settimane si è diffuso in tutta la Cina, provocando ad oggi più di 700 morti e migliaia di casi confermati. Qualcuno anche negli Usa e in Europa.
Noi per cercare di spiegare la reale entità dell'emergenza e dei rischi per la popolazione abbiamo intervistato il prof. Antonio Cascio, ordinario in malattie infettive all’Università di Palermo.
Curriculum breve del prof. Antonio Cascio. Il Prof. Cascio si è laureato in Medina e Chirurgia il 20 Luglio 1987 con il massimo dei voti 110/110 e la lode presso l'Università di Palermo, successivamente si è specializzato in Pediatria ed in Malattie Infettive presso lo stesso Ateneo. Dall'Aprile 1990 ha prestato servizio presso la UOC di Malattie Infettive dell'Ospedale pediatrico G. Di Cristina di Palermo fino al 6-5-2001. Dal 7-5-2001 al 31/10/2015 ha prestato servizio presso la UOC di Malattie Infettive del Policlinico di Messina prima come Prof. associato e poi come Prof. ordinario e direttore. Dall’1-11-2015 è Direttore della UOC di Malattie Infettive e del Centro regionale di Riferimento AIDS presso la AOU Policlinico P. Giaccone dell’Università di Palermo. L'attività scientifica del Prof. Cascio è documentata da più di 350 pubblicazioni riguardanti argomenti di Fisiopatologia, Epidemiologia, Clinica e Terapia delle Malattie Infettive e Parassitarie. Istruzione e Formazione • Laurea in Medicina e Chirurgia presso Università degli Studi di Palermo in data 20/07/87 • Specializzazione in Pediatria presso Università degli Studi di Palermo in data 25/11/91 • Dottore di Ricerca in Infettivologia - Università La Sapienza Roma - 1998 • Specializzazione Malattie Infettive presso Università degli Studi di Palermo 12/11/1999 |
Prof. Cascio, ci parli del Coronavirus.
«I coronavirus sono grandi virus provvisti di RNA positivo e rivestiti da una membrana glicoproteica da cui emergono delle protuberanze e la cui immagine al microscopio elettronico somiglia a quella di una corona.
«Esistono quattro sottogruppi principali di coronavirus, noti come alfa, beta, gamma e delta.
«Molti coronavirus provocano infezioni respiratorie ed enteriche in vari animali (bovini, pollame, pipistrelli, topi, cammelli, suini, cani, cavalli). Raramente i coronavirus che infettano gli animali possono evolversi e diventare patogeni per l’uomo.
«Attualmente si conoscono 7 coronavirus patogeni per l’uomo di cui 4 diffusamente presenti un tutto il mondo scoperti negli anni ’60 (virus identificati con le seguenti sigle: 229E, NL63, OC43, HKU1) che causano patologie lievi a carico delle alte e basse vie respiratorie (dal raffreddore comune alla polmonite).
«Gli altri tre sono di origine animale e sono il SARS-CoV (beta coronavirus che causa grave sindrome respiratoria acuta o SARS), il MERS-CoV (beta coronavirus che causa la sindrome respiratoria del Medio Oriente o MERS) e l’ultimo arrivato 2019-nCoV (nuovo coronavirus 2019) di cui ci si sta occupando dalla fine del 2019 e che somiglia molto al virus della SARS.»
Cosa cambia rispetto alla Sars di 18 anni fa?
«Il 2019-nCoV è più contagioso rispetto a quello della SARS, fortunatamente sembrerebbe essere associato ad una mortalità molto inferiore.
«Il tasso di mortalità per la SARS è stato del 10%, quello della malattia da 2019-nCoV secondo gli attuali dati ufficiali è del 2%, ma è tutto molto relativo. Leggendo i numeri in maniera diversa qualcuno potrebbe dire che alla data dell’8 febbraio sono stati registrati 724 morti e 2.147 guariti, i morti sarebbero quindi circa il 26% di tutti i casi ospedalizzati che hanno avuto una conclusione; in uno studio retrospettivo su 99 casi pubblicato su Lancet (vedi) la mortalità è stata del 10%.
«Secondo un lavoro cinese in corso di valutazione su BMJ (vedi) il tasso di mortalità sarebbe del 6,5%. Ritengo comunque che una stima del reale tasso di mortalità la potremo avere solo fra 45 giorni.
«Per quanto riguarda la contagiosità, per essere più precisi, bisogna parlare di un indice noto come R0 (numero di riproduzione di base), che indica il numero medio di contagi che ogni persona infetta può causare in assenza di specifiche misure di controllo e che per esempio per l’influenza stagionale ha un valore di circa 1,3.
«Sulla nuova epidemia cinese, alcuni calcoli preliminari, ma non certi, indicano un R0 da 1,4 a 2,5 per persona infetta. L’indice R0 della SARS è stato stimato essere fra 2,5 e 4, ma grazie alle misure di controllo l’indice di riproduzione effettivo Rt scese a 0,4. Durante l’epidemia di SARS in totale sono state coinvolte 8422 persone e 916 morti in 29 Nazioni diverse. Per poter controllare un’epidemia, tale numero deve essere inferiore a 1. Secondo il lavoro cinese su BMJ sopra citato l’indice di riproduzione effettivo del 2019-nCoV sarebbe 4.
«Nella SARS il periodo di massima contagiosità era intorno alla 12ª giornata di malattia, un isolamento precoce dei malati rese di fatto possibile un rapido controllo dell’epidemia. Per il nuovo coronavirus purtroppo sembrerebbe che fin dall’inizio della sintomatologia i pazienti siano altamente contagiosi.
«Di fatto, sia i casi confermati che i morti crescono giornalmente di circa il 13%. In totale all’8 febbraio l’epidemia ha coinvolto 28 Nazioni con quasi 40.000 casi, per il 99% in Cina, (vedi).
Ci può spiegare in parole semplici che cosa vuol dire «mutazione del virus»?
«I virus replicando possono mutare ovvero possono commettere piccoli errori durante la copia del materiale genetico. In alcuni casi tali mutazioni fanno sì che un virus patogeno per gli animali possa diventare capace di infettare l’uomo e talvolta addirittura capace di trasmettersi da uomo a uomo.
«Alcune mutazioni di virus già patogeni per l’uomo potranno rendere il virus più aggressivo e capace di trasmettersi più facilmente, altri invece lo rendono meno patogeno e diffusivo.
«Solo nel primo caso il virus mutato diventerà quello prevalente. I virus a RNA sono particolarmente soggetti a mutazioni, tipico esempio, è quello dei virus influenzali che acquisendo cambiamenti nelle proteine di superficie non verranno più riconosciute dalle difese immunitarie delle persone che precedentemente erano venute a contato con virus leggermente differenti o con vaccini utilizzati negli anni precedenti.
«Questo fenomeno chiamato deriva antigenica (antigenic drift) è responsabile delle epidemie stagionali. I cambiamenti però possono avvenire secondo un altro meccanismo detto spostamento antigenico (antigenic shift). Quest’ultimo fenomeno che riguarda solo i virus influenzali di tipo A e consiste nella comparsa nell’uomo di un nuovo ceppo virale con una proteina di superficie (HA e/o NA) appartenente a un sottotipo diverso da quelli comunemente circolanti nell’uomo.
«Le caratteristiche intrinseche del virus influenzale (genoma costituito da otto segmenti distinti di RNA) e il fatto che il tipo A possa infettare diverse specie di animali, fanno si che si possano generare virus ricombinanti (che posseggono ad esempio alcuni segmenti genici dei virus influenzali dell’uomo e alcuni dei virus influenzali del maiale o dell’uccello) che di fatto sono nuovi virus che potrebbero avere la potenzialità di generare pandemie.
«Il riassortimento genico tra un ceppo di influenza aviaria e una umana ha generato nel 1957 il ceppo pandemico A(H2N2) e nel 1968 il ceppo pandemico A(H3N2) e anche giocato un ruolo nella pandemia da H1N1pdm09 del 2009.»
C'è un perché le influenze vengono dall'Asia e si presentano in inverno?
«Il picco influenzale avviene in inverno probabilmente perché le persone passano più tempo in luoghi chiusi promuovendo la trasmissione da persona a persona. Possibile anche che le basse temperature e un'aria più secca possano deidratare le mucose rendendole più suscettibili al virus; le temperature più basse potrebbero inoltre aumentare la sopravvivenza del virus sulle superfici inanimate.
«Poiché nell'emisfero boreale e in quello australe l'inverno giunge in periodi dell'anno diversi, esistono due diverse stagioni influenzali ogni anno. Il virus della nuova stagione influenzale per l’emisfero boreale con grandissime probabilità sarà quello che è circolato nella precedente stagione invernale dell’emisfero australe (corrispondente all’estate dell’emisfero boreale).
«Nel settembre di ogni anno il Crick Worldwide Influenza Centre sulla base della tipizzazione degli isolati virali prevalenti nell’emisfero australe prevede quali saranno quelli che circoleranno nell’emisfero boreale e che dovranno esser presenti nella composizione vaccinale stagionale.»
Perché è importante vaccinarsi contro l’influenza in questo periodo?
«Il picco di influenza è previsto per i primi di marzo, c’è ancora tempo per vaccinarsi. Ridurre il numero di persone con influenza significa ridurre l’affluenza al pronto soccorso e il lavoro per i medici di famiglia. Ci saranno quindi più energie da dedicare a eventuali casi sospetti di coronavirus.»
Secondo lei la Cina nasconde i dati reali e, quindi, la gravità della situazione?
«Se li ha nascosti - volontariamente o no - non è chiaro. Se ha influenzato negativamente il WHO (causando un ritardo) nella dichiarazione dello stato di emergenza globale è quasi certo.
«Sicuramente negli ospedali vengono ricoverati i casi più gravi.
«È verosimile che a fronte dei circa 35.000 casi diagnosticati in Cina fino alle ore 8.00 dell’8 febbraio ce ne possa essere un numero 5-10 volte più grande costituito da persone con sintomatologia lieve o con un’infezione ancora in incubazione. Secondo il Taiwan News (vedi) la Tencent Holdings (società per azioni d'investimento le cui filiali forniscono servizi per intrattenimento, i mass media, internet e i telefoni cellulari in Cina) i casi alle ore 23:39 del 2 febbraio 2020 sarebbero più di 154.000 con 24.589 morti.»
Si dice che il virus sia partito dal mercato del pesce della città di Wuhan e che sia veicolato dagli animali o, addirittura, che sia nato in laboratorio e che sia sfuggito di mano. Lei cosa ne pensa?
«All’inizio, molti dei pazienti dell’epidemia di Wuhan, in Cina, avrebbero riferito di avere qualche legame con un grande mercato di frutti di mare e animali, suggerendo una diffusione da animale a persona. Nei mercati cinesi animali selvatici, come serpenti e pipistrelli possono trovarsi accanto ad animali da allevamento.
«Sembrerebbe che il nuovo coronavirus provenga dalla mutazione di un coronavirus proveniente dai pipistrelli e che potrebbe avere avuto il pangolino (una sorta di formichiere rivestito di scaglie) come ospite intermedio da cui sarebbe passato all’uomo e acquisendo la capacità di trasmettersi da persona a persona. Il nuovo virus avrebbe così fatto il cosiddetto salto di specie.
«Numerosi casi non hanno però frequentato quel mercato, non ho elementi per poter escludere la remotissima ipotesi che il virus possa esser sfuggito da un laboratorio di ricerca in cui tali virus vengono studiati.»
A Roma il virus è stato isolato. Quali sono i passi successivi per giungere a un vaccino?
«Allo Spallanzani di Roma, i nostri validissimi ricercatori sono riusciti a isolare il virus dai due pazienti cinesi attualmente ricoverati. Questa è una notizia molto importante, il virus isolato in Italia si aggiunge a quelli già isolati in Cina, Stati Uniti, Australia, Giappone e Francia.
«Avere in mano il ceppo permette di saggiare farmaci, studiare il ruolo degli animali nella diffusione della malattia e approntare un vaccino per lo sviluppo del quale ci vorranno diversi mesi solo per poter avviare un trial di fase 1.»
La gente vuole sapere come si prende il Coronavirus?
«Stando vicino (distanza inferiore a 1,5 metri) da una persona malata che non indossa una mascherina. Il virus può essere trasmesso con la tosse e gli starnuti, ma anche con le normali piccole goccioline di saliva che vengono prodotte mentre si parla.
«Gli operatori sanitari dovranno essere molto attenti a procedure che possono generare aerosol come l’intubazione o la broncoscopia ed è per questo che dovranno indossare le maschere filtranti FFP3. I pazienti soggetti a tali procedure dovrebbero inoltre essere ospitati in camere a pressione negativa.
«Particolare attenzione dovrà essere posta anche a urine e feci dove il virus potrebbe rimanere vitale per un periodo più lungo. Da ricordare come nella epidemia di SARS del 2002 il 30% dei casi si sono verificati fra operatori sanitari e che secondo un lavoro appena pubblicato su Lancet (doi: 10.1001/jama.2020.1585) su 138 pazienti continuativamente ricoverati presso lo Zhongnan Hospital di Wuhan il 41% dei casi sono state infezioni nosocomiali che hanno coinvolto sia personale sanitario che altri pazienti ricoverati.»
Quali sono i sintomi e quando è bene recarsi in ospedale?
«I sintomi sono quelli dell’influenza: febbre, mialgie, tosse, starnuti, iperemia congiuntivale, mal di gola e nei casi più gravi dispnea.
«Tutti coloro che sono stati a contatto con un caso sospetto o accertato o che provengono da zone dove sono stati diagnosticati casi devono subito avvisare il proprio medico curante che valuterà l’opportunità di contattare il 118.
«Non dovranno recarsi in ospedale autonomamente, nella remotissima ipotesi che fossero affetti dalla nuova malattia potrebbero trasmetterla ad altre persone presenti al pronto soccorso.»
Il coronavirus quando e per chi è mortale?
«Soprattutto per i soggetti anziani, specialmente se affetti da altre patologie: diabete, insufficienza renale, BPBCO o altre comorbidità.
«Per i più giovani l’evento morte è più raro, ma ancora è un po' presto per dare notizie certe.»
Ci sono terapie efficaci?
«A parte la terapia di supporto (idratazione, ossigeno, etc) vengono sperimentati farmaci antivirali già in commercio come il lopinavir e il darunavir utilizzati per HIV e la ribaviruna e lnterferone utilizzati per epatite C e vengono condotti studi in vitro con nuovi farmaci come il remdesevir (sviluppato per SARS e MERS) che se associato alla clorochina (farmaco antimalarico) sembrerebbe efficace per il nuovo coronavirus. Per poter dire che tali farmaci o loro associazioni siano efficaci dovranno essere condotti adeguati studi.»
Il contagio può avvenire anche da persone senza sintomi?
«È un evento assolutamente poco probabile. È comunque corretto dire che una persona contagiata alla fine del periodo di incubazione può cominciare ad eliminare il virus con le secrezioni diventando potenzialmente fonte di contagio pur non avendo alcun sintomo.»
Si corre qualche rischio nel mangiare cibi cinesi?
«No, nessun rischio se si tratta di cibi cotti.»
C’è una corsa all’acquisto di mascherine. Servono o no? E utilizzare i prodotti per disinfettare le mani? Cosa è bene fare e non fare?
«Esistono maschere di diverso tipo: 1) le cosiddette mascherine chirurgiche dovranno esser fatte indossare ai casi accertati o sospetti in modo tale che la contagiosità di tali persone si riduca in maniera drastica e, 2) i Filtranti Facciali FFP2 e FFP3 idonee per l’assistenza di pazienti affetti o sospetti di patologia trasmissibile per via aerea, trattamento di campioni biologici contenenti batteri o virus, riscontri diagnostici su cadavere con sospetta patologia infettiva a trasmissione aerea.
«Queste ultime dovranno essere indossate dal personale sanitario, le FFP3 sono particolarmente raccomandate quando i pazienti devono subire procedure che possono generare aerosol.
«Non serve indossare alcun tipo di maschera in altre situazioni, es. aeroporti, supermercati etc.
«È corretto lavarsi spesso le mani, stare a distanza di almeno 1,5 metri da persone che verosimilmente provengono da zone endemiche soprattutto se non stanno bene; evitare gli ambienti affollati.»
In vista delle prossime vacanze di Carnevale e Pasqua quali sono gli accorgimenti per evitare possibili contagi in luoghi affollati, aeroporti, stazioni e feste?
«Bisognerebbe cercare di mantenere una distanza di almeno 1,5 metri dalle persone che non si conoscono, soprattutto se presentano i sintomi del raffreddore ed occhi arrossati… Capisco che non è facile.
«Vale sempre il consiglio di lavarsi le mani molto spesso e quello di non portare a contatto con gli occhi, naso e bocca le mani se queste non sono state lavate prima.
«Utili anche i gel idroalcolici. Personalmente eviterei di trovarmi in ambienti piccoli sovraffollati se frequentati da sconosciuti (a maggior ragione se ci sono alte probabilità che questi siano turisti provenienti da ogni parte del mondo).»
A Trento, presso l’ex Hotel Panorama di Sardagna sono stati ricoverati alcuni volontari provenienti dalla Cina per vedere cosa accade nei prossimi 14 giorni di incubazione potenziale. Secondo Lei gli abitanti nelle vicinanze corrono rischi?
«No, nessun rischio ammesso che nessuno venga a contatto con queste persone privo di adeguate protezioni.»
In Trentino c'è ora il picco dell'influenza stagionale. È vero che chi ha passato l'influenza, o ha preso l'antinfluenzale, corre meno rischi di prendere il Coronavirus?
«Questo non può essere affermato con certezza. In generale chi si infetta con un virus ha qualche probabilità in meno di avere una contestuale infezione, ma non si può fare alcuna generalizzazione.»
Potrebbe scoppiare un’epidemia anche in Italia?
«Lo ritengo assolutamente poco probabile, ma bisogna tenere molto alta la guardia senza fare allarmismi.
«In relazione alla polemica di questi giorni, sono favorevole alle misure di quarantena anche per i bambini provenienti da zone in cui sono stati registrati focolai di infezione da coronavirus.»
L’Italia è tecnicamente attrezzata per affrontare la problematica?
«Si, il Sistema Sanitario Italiano è fra i migliori al mondo, è necessario comunque rafforzare le dotazioni organiche dei reparti di malattie infettive ed è anche importante implementare gli organici degli igienisti e degli assistenti sanitari.
«Nel caso in cui l’epidemia dovesse continuare a propagarsi ad altre nazioni probabilmente dovrà essere presa in considerazione l’idea di utilizzare caserme abbandonate e ospedali militari per mettere in quarantena persone provenienti dalle zone colpite.
«Sono necessarie la massima attenzione e la massima prudenza, anche sulle informazioni che vengono diffuse dai media, girano tante notizie e ne parlano un po' tutti anche coloro i quali non si sono mai occupati di malattie infettive, virologia o epidemiologia, teniamo presente inoltre che ancora tanti aspetti della malattia non sono ben conosciuti, ulteriore motivo per il quale la prudenza non deve mancare.»
Quando finirà l'emergenza?
«Non è facile prevederlo. Se dovessi tirare ad indovinare direi fra 24 mesi»
Nadia Clementi - [email protected]
Prof. Antonio Cascio - [email protected]
Contatti: UOC Malattie Infettive e Tropicali e Centro Regionale di Riferimento AIDS
AOU Policlinico P. Giaccone - Università di Palermo
Via del Vespro 129, 90127 Palermo