Neve: come cambia e come cambierà in Alto Adige
Un dossier di Eurac Research fa il punto delle ricerche finora disponibili
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Questo inverno che volge alla fine è stato straordinariamente ricco di neve. Rispetto alla media degli ultimi anni, in Alto Adige tra dicembre e gennaio ha nevicato quattro volte tanto.
In paesi come Sesto o Plan non si vedeva tanta neve a gennaio da almeno quarant’anni. Eppure, gli studi non lasciano dubbi: in media le nevicate sono destinate a diminuire per effetto dei cambiamenti climatici.
L’ultimo dossier pubblicato da Eurac Research, a cura del matematico Michael Matiu, sintetizza le ricerche più recenti che riguardano le Alpi e la nostra provincia.
Sono 28 le stazioni metereologiche sparse a quote diverse in Alto Adige che forniscono dati sulla neve dal 1981. Analizzando le serie storiche si osserva che nei mesi da dicembre a marzo la neve è diminuita specialmente al di sotto dei 1500 metri, mentre tra i 1500 e i 2000 metri i dati sono più equilibrati.
Nei mesi a fine stagione il saldo è negativo ovunque: ad aprile sotto i 1500 metri praticamente non c’è più neve, nemmeno in località come Sesto o Pennes dove quarant’anni fa era normale averne oltre venti centimetri ancora in primavera.
I cambiamenti che riguardano l’Alto Adige sono del resto comuni a tutto il versante sud delle Alpi: qui da sempre nevica il 20-30 per cento meno di quanto non nevichi sul versante nord e dagli anni settanta il trend è in peggioramento, almeno fino ai 2000 metri. Oltre è difficile valutare visto che le stazioni ad alta quota non sono tante.
Che in autunno e primavera le nevicate siano più scarse è dovuto ai cambiamenti climatici e se il riscaldamento globale non verrà rallentato, in futuro i fenomeni si acuiranno: in autunno le nevicate arriveranno sempre più tardi, in primavera smetteranno sempre prima e la neve già caduta si scioglierà prima.
Entro la fine del secolo le condizioni della neve a 2000 metri corrisponderanno a quelle che si trovano oggi a 1000-1500 metri, con uno scarto di quota di 500-1000 metri. Se riusciremo a contenere il riscaldamento globale entro i 2° C, questo scarto verrà ridotto a 250-500 metri.
«Se è vero che per il futuro dobbiamo aspettarci in media meno neve, è vero anche che le nevicate estreme non scompariranno», sottolinea Michael Matiu, ricercatore dell’Istituto per l’osservazione delle Terra di Eurac Research e autore principale del dossier.
Per effetto dei cambiamenti climatici aria e acqua si scaldano e l’aria assorbe più umidità; in questo modo può piovere o nevicare in modo più intenso.
Con i modelli climatici che abbiamo a disposizione è però difficile fare previsioni sull’entità dei rischi che correremo, per esempio cadute di alberi, blackout, frane e slavine.
I dubbi riguardano anche le conseguenze che i cambiamenti della neve avranno sull’industria dello sci.
Risposte più precise possono arrivare solo da modelli che tengono conto delle caratteristiche climatiche e topografiche di ogni località specifica perché clima e neve in montagna variano molto. Quello che comunque già si può dire è che la stagione sciistica come la conosciamo oggi in futuro difficilmente potrà essere garantita.
I comprensori a quote più basse potrebbero non essere più convenienti per il consumo sempre maggiore di energia e acqua che servono per far funzionare gli impianti di innevamento.
Non solo, i cambiamenti climatici rendono più rare anche le condizioni metereologiche necessarie per innevare artificialmente e questo potrebbe mettere a repentaglio persino la stagione natalizia. Per questo gli operatori contano sul progresso tecnologico e sperano in impianti più efficienti e sistemi di previsione più accurati per scegliere il momento ottimale per innevare.
Oltre all’impatto sul settore turistico con i suoi posti di lavoro, non si può dimenticare che la neve è un fondamentale serbatoio di acqua.
Si riempie in inverno, quando la vegetazione ne ha meno bisogno, e rilascia acqua in primavera ed estate, quando sia la natura sia l’agricoltura ne hanno più bisogno. Meno neve che si scioglie prima equivale a siccità nelle stagioni più calde, sia in Alto Adige sia a valle.
Chi amministra le risorse idriche dovrà quindi concentrarsi su una gestione integrata che tenga conto di tutte le parti interessate, per evitare conflitti.