Trentino, centro per innovazione e ricerca – Di D. M. Bornancin
Un viaggio tra i protagonisti e le strutture pubbliche della ricerca, del trasferimento tecnologico e delle nuove opportunità di sviluppo
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Una tappa interessante quella che proponiamo oggi ai nostri lettori, un cercare di vedere insieme con un’interpretazione anche propositiva, un ambiente sicuramente complesso, forse non sempre compreso e che comunque parla di futuro, o meglio, delle possibilità di sviluppo del Trentino.
Un mondo, quello della ricerca scientifica e delle nuove tecnologie, che sembra quasi nascosto, che desta maggior attenzione più agli studiosi, ai giovani ricercatori, ai docenti delle scuole e delle facoltà universitarie, ma che è importante parlarne anche per cercare di migliorare la conoscenza delle «eccellenze» presenti sul territorio trentino.
Per meglio rendere fattibile questo viaggio abbiamo incontrato la dottoressa Vanessa Ravagni, Responsabile della Direzione Servizi alla Ricerca e Valorizzazione, che ha spiegato la situazione di questo settore, rispondendo ad alcune domande.
Vanessa Ravagni è membro del Direttivo dell’Associazione Nazionale Netval, che raccoglie 64 università e dal 2007 si occupa della valorizzazione della ricerca.
Lo scopo principale di quest’associazione è quello della diffusione delle informazioni, della cultura della ricerca e del trasferimento tecnologico in Italia, mettendo in contatto tra loro le varie realtà presenti sul territorio.
L’incontro con la dottoressa Vanessa Ravagni si è così sviluppato.
Vanessa Ravagni.
Qual è il suo ruolo all’interno del personale tecnico amministrativo dell’Università?
«Dopo la laurea ho lavorato in Germania, presso un’industria del settore meccanico. Nel 2001 sono entrata, come funzionario, nell’organico dell’Università di Trento. Dal 2004 al 2021 sono stata responsabile della Divisione di Supporto alla Ricerca Scientifica e dal 2021 sono Dirigente della Direzione Servizi di ricerca e Valorizzazione.
«La Direzione si occupa di aiutare i docenti, i ricercatori e le ricercatrici della nostra Università nel processo di trasferimento delle conoscenze e delle nuove tecnologie verso il mondo industriale ed il mercato.
«Il trasferimento tecnologico e di conoscenza, una delle missioni dell’università insieme a quelle della didattica e della ricerca, non avviene infatti solo tramite le pubblicazioni scientifiche dei risultati di ricerca, ma anche attraverso la valorizzazione di invenzioni mediante licenze, brevetti, nonché attraverso la creazione di imprenditoria innovativa promossa dai ricercatori e dalle ricercatrici.»
Come si configura in Trentino la realtà di queste attività innovative conosciute come startup e incubatori?
«Le startup sono imprese giovani, ad alto contenuto tecnologico, con forti potenzialità di crescita che, grazie ad interventi nazionali di sostegno come il D.L. 179/2012, hanno consentito di sviluppare in questi dieci anni in Italia un sistema d’innovazione dinamico e competitivo ed hanno creato in buona parte del territorio nazionale nuove opportunità per fare impresa e incoraggiare l’occupazione qualificata. Il Trentino ne è un esempio.
«Il rapporto del Centro OCSE di Trento per lo Sviluppo Locale evidenzia che la nostra provincia, nel confronto con le altre regioni italiane, vanta la più alta densità di startup innovative sul totale delle nuove imprese presenti a livello locale.
«Per quanto riguarda le startup dell’Università, sono 22 le società costituite a partire dal 2008; quelle in tempi più recenti nascono dal Dipartimento di Fisica, dal CIBIO e dal Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione.
«Il regolamento di Ateneo per le startup prevede anche la possibilità di costituire startup studentesche, che nascono durante il percorso formativo di studenti nei corsi di laurea o partecipanti ai dottorati di ricerca. A queste si aggiungono le iniziative di imprenditoria innovativa nelle aree di investimento previste dalla Provincia di Trento che persegue una strategia per lo sviluppo sociale ed economico territoriale che si fonda su ricerca e innovazione.
«Per quanto riguarda gli incubatori, in Trentino una realtà importante è quella di Manifattura a Rovereto, gestita da Trentino Sviluppo, che fornisce spazi e servizi ad imprese innovative nei campi dell’edilizia ecosostenibile, dell’energia rinnovabile, delle tecnologie per l’ambiente.
«A Rovereto sarà localizzato anche il Polo trentino per le Scienze della vita, promosso dalla Provincia, dall’Università, da Trentino Sviluppo e da HIT. Il Polo sarà dedicato al supporto di imprese innovative ed alla collaborazione tra ricerca e mercato sui temi delle biotecnologie, della medicina di precisione e delle tecnologie per il settore biomedicale.»
E per quanto riguarda le varie strutture e istituti operativi sul territorio cosa ci può dire?
«Il Sistema Trentino della Ricerca conta, insieme all’Università, enti e istituzioni di eccellenza come la Fondazione Bruno Kessler, la Fondazione Mach, il Muse.
«A questi si aggiungono HIT - Fondazione Hub Innovazione Trentino, Trentino Sviluppo che facilitano il processo di valorizzazione dei risultati della ricerca e la crescita dell’imprenditorialità.
«Enti ed istituzioni operano insieme in diversi ambiti. Ne sono un esempio diversi progetti nazionali ed internazionali che vedono la collaborazione tra Università e Fondazione Bruno Kessler, oppure il Dipartimento C3A - Centro Agricoltura Alimenti Ambiente nato dalla collaborazione tra l’Ateneo e la Fondazione Mach sui temi dell’agricoltura di pregio e intelligente, la produzione di alimenti di qualità e la riduzione dell’impatto ambientale.»
Quali sono le strutture che in Ateneo si occupano di ricerca e come collaborano con il sistema produttivo e della formazione presenti all’esterno?
«Le attività di ricerca in Ateneo si svolgono in 11 Dipartimenti e 4 Centri, comprendono in questo modo tutti gli ambiti: dalle scienze umane, economiche e sociali, all’ingegneria ed informatica, alla fisica, alle biotecnologie, alle scienze mediche e alle scienze cognitive. Delle 22 startup di Ateneo, quelle fondate dal 2017 ad oggi sono 5 e sono promosse da ricercatori e ricercatrici del CIBIO, del Dipartimento di Fisica, del Dipartimento di Ingegneria, di Scienze dell’Informazione e del Dipartimento di Ingegneria Industriale.
«Il CIBIO, nato poco più di 10 anni fa, promuove l’integrazione della biologia cellulare e molecolare classica con la biologia dei sistemi e con la biologia sintetica. Le attività di ricerca sono condotte in laboratori dedicati principalmente alle aree della genomica e della biologia del cancro, della biologia cellulare e molecolare, della microbiologia e biologia sintetica, nonché della biologia dello sviluppo e neurobiologia.
«Il Dipartimento di Fisica è uno dei primi Dipartimenti nati in Ateneo ed è attivo negli ambiti teorici e sperimentali della fisica che vanno dalla cosmologia, alla spettroscopia nucleare, molecolare, atomica, dal supercalcolo e simulazione di sistemi complessi alla biofisica, alla gravitazione, alla fisica dello stato solido, alla fisica medica.
«Negli ultimi anni il Dipartimento ha attivato un’iniziativa interessante denominata Industrial problem solving with Physics che consente a giovani ricercatori e ricercatrici in fisica di mettere alla prova le proprie conoscenze e capacità nel risolvere problemi tecnologici presentati da aziende locali e nazionali.
«Il Dipartimento di Scienza dell’Informazione, DISI sin dall’inizio della sua attività ha sviluppato forti connessioni con le imprese ed il mercato nel campo dell’informatica e dell’ingegneria informatica. Gli ICT days, nati nel 2009 sono l’esempio di un appuntamento annuale di rilevanza locale e nazionale che promuove l’incontro degli studenti e dei laureati con le aziende del settore.
«Il Dipartimento di Ingegneria Industriale, conduce principalmente attività di ricerca sui materiali, sulle loro proprietà e applicazioni, sui nuovi materiali e le tecnologie, sull’automazione di processi e di macchine e sulla produzione e la conservazione dell’energia. Nella sua storia vanta significative esperienze nell’ambito automotive ed è aperto alle imprese per l’uso dei laboratori di ricerca per prove industriali.»
Le risorse finanziarie per queste attività sono facili da trovare?
«Il quadro delle risorse finanziarie per la ricerca è in generale delineato da tre ambiti. Uno è il finanziamento da parte della Provincia autonoma di Trento che è strettamente legato alla storia dell’Università e alle tappe che hanno segnato i diversi passaggi di sviluppo dell’Ateneo. La nostra Università nasce nel 1962, come Istituto Universitario Superiore di Scienze Sociali, e da subito ha puntato a costruire alleanze con enti e istituzioni italiane e straniere.
«Nel 1982 la Libera Università di Trento diventa statale e nel 2009 l’Accordo di Milano ha riconosciuto alla Provincia di Trento nuove competenze in materia di Università ed ha così rappresentato una ulteriore tappa nello sviluppo dell’Ateneo, garantendo certezza e adeguatezza nell’attribuzione all’università trentina di risorse finanziarie. La crescita è rimasta costante negli anni, per l’anno accademico 2021/2022 gli studenti iscritti sono più di 16.000, e 715 tra docenti, ricercatori e ricercatrici, 722 tra personale tecnico e amministrativo.
«Un secondo importante canale di finanziamento delle attività di ricerca è quello relativo ai bandi nazionali ed internazionali per progetti di ricerca. L’Ateneo partecipa con successo a questi bandi, per fare un esempio è coinvolto in più di 100 progetti finanziati dal programma quadro Europeo Horizon 2020.
«A livello nazionale la qualità della ricerca dell’Ateneo ha portato al riconoscimento di ben 8 strutture come Dipartimenti di eccellenza da parte del Ministero per l’Università e la ricerca che si è tradotto in ulteriori significative risorse finanziarie disponibili.
«Completano il panorama delle risorse le entrate da collaborazioni con imprese ed industrie e quelle provenienti da licenze e cessione di brevetti, che stanno progressivamente aumentando negli ultimi tempi.
«In 60 anni di storia e sviluppo la nostra Università ha dimostrato di offrire un ambiente ideale, sia per lo studio sia per la ricerca, l’innovazione tecnologica e il trasferimento della conoscenza.»
Dal suo osservatorio come vede il futuro dell’Università e del Trentino?
«Molto bene, perché l’Università ha saputo investire con lungimiranza in aree che daranno ottimi risultati a medio periodo. Sicuramente l’investimento in ricerca ed innovazione da parte della Provincia ha facilitato questo processo ed ha consentito di fare del Trentino un ambiente favorevole per l’innovazione e lo sviluppo.
«Abbiamo un territorio dove alta è la qualità della vita, un ambiente naturale pressoché intatto ed università e centri di ricerca che favoriscono lo scambio di conoscenza e relazioni. Questo consente alla nostra economia di non essere solo legata ai settori tradizionali ed importanti come il turismo, ma di poter contare anche su un settore innovativo collegato alla formazione ed alla ricerca.
«Ci sono spazi di sviluppo ancora ampi: credo che il Trentino potrà diventare ancora più europeo ed internazionale, conservando le proprie radici e la propria unicità. In questo l’università può continuare ad avere un ruolo di primo piano.»
Grazie dottoressa Ravagni e buona continuazione delle sue attività.
A cura di Daniele Maurizio Bornancin