Dal 29 settembre al 5 ottobre 1944, gli eccidi di Marzabotto
In una settimana di 80 anni fa, da Creda a Marzabotto, Walter Reder fece uccidere 776 persone, di cui 216 bambini
Dopo l’orribile e ingiustificabile strage di Sant’Anna di Stazzema compiuta dai Tedeschi il 18 agosto 1944 (vedi nostro servizio dedicato), Mussolini scrisse una lettera indignata all’ambasciatore tedesco Rudolf Rahn per lamentare l’inammissibile strage generalizzata di donne, vecchi e bambini, sia perché in questa maniera non si combatteva il ribellismo, sia perché in questa maniera la Repubblica di Salò poteva solo perdere simpatizzanti «e già che ne sono pochi».
Più che Rahn, ad apprezzare la protesta del Duce fu Kesselring, il massimo responsabile della conduzione della guerra antipartigiana in Italia e comandante della Wehrmacht e delle SS in Italia.
Ma quando, poco dopo, i partigiani uccisero dei soldati tedeschi solo perché tedeschi, si scatenarono immediate rappresaglie che portarono alla morte ancora una volta donne vecchi e bambini.
Il Duce allora scrisse di nuovo a Rahn e a Hitler esprimendo con maggiore determinazione gli stessi argomenti, ma stavolta nessuno gli diede riscontro.
Anzi, Kesselring stabilì che i partigiani presi in flagranza dovevano essere «impiccati in pubblica piazza» e le case di chi li aveva aiutati dovranno «essere bruciate e rase al suolo».
Non sappiamo se la minaccia di Kesselring fosse stata reale, di certo però un giovane ufficiale delle SS la prese sul serio e la mise in pratica. Era il maggiore Walter Reder (29 anni), comandante di un battaglione delle Waffen SS facente parte della 16ª SS-Panzergrenadier-Division «Reichsführer-SS».
Reder sviluppò le operazioni antipartigiani lungo la vallata del fiume Reno, perché sapeva che i ribelli avevano bisogno degli abitanti dei centri abitati di montagna per rifornirsi di alimenti e altre necessità. E in effetti così era, tanto vero che gli stessi contadini si lamentavano per essere costretti a dividere il pane con loro.
Quando fu il momento, però, i partigiani non seppero (o non vollero) aiutare quei cittadini che li avevano sostenuti.
In quella zona era operativa la Divisione «Stella Rossa», comandata da Mario Musolesi (nome in codice Lupo), e che poteva contare su 1.500 uomini. Al primo rastrellamento delle SS, Pupo ordinò di attaccare i tedeschi. Purtroppo però Musolesi morì al primo scontro (in circostanze mai chiarite) e la brigata senza comandante dovette ritirarsi.
E da quel momento i tedeschi operarono praticamente indisturbati. In una settimana di stragi, dal 25 settembre al 5 ottobre le SS uccisero 776 persone (di cui 216 bambini) in questi centri abitati: Creda, Monte Sole, Maccagnano, Vallegro, Cadotto, Albergana, Cerpiano, Casaglia, San Martino, Sperticano, Pioppe di Salvano, Marzabotto.
Non siamo riusciti a riportare tutti gli eccidi avvenuti in quei paesi, né tantomeno nei casolari isolati, ma Il tutto viene ricordato nell’eccidio di Marzabotto, in quanto gli altri centri abitati erano sue frazioni staccate.
La mattina del 29 settembre, prima di muovere all'attacco dei partigiani, quattro reparti delle truppe naziste, comprendenti sia SS che soldati della Wehrmacht, accerchiarono e rastrellarono una vasta area tra le valli del Setta e del Reno, utilizzando anche armamenti pesanti.
Nella frazione di Casaglia di Monte Sole la popolazione atterrita si rifugiò nella chiesa di Santa Maria Assunta, raccogliendosi in preghiera.
Irruppero i tedeschi, uccidendo con una raffica di mitragliatrice il sacerdote, don Ubaldo Marchioni, e tre anziani, rei di aver eseguito troppo lentamente l'ordine di uscire.
Le altre persone, raccolte nel cimitero, furono mitragliate: 197 vittime di 29 famiglie diverse, tra le quali 52 bambini.
Fu l'inizio della strage: ogni località, ogni frazione, ogni casolare fu setacciato dai soldati nazisti e non fu risparmiato nessuno.
Nella frazione di Caprara uccisero 107 persone, di cui 24 bambini.
Poco lontano da Caprara i tedeschi individuarono diversi casolari da dove rastrellarono 282 persone, tra loro 58 bambini e due suore, uccise a colpi di mitra.
Nella frazione di Cerpiano altre 49 persone, tra cui 24 donne e 19 bambini, subirono la stessa sorte. Dal massacro si salvarono solo una maestra e due bambini.
Altre 103 persone furono uccise dai tedeschi lungo la strada per la frazione di Creva. In quest'ultima furono uccise 81 persone, tra gli uomini (48) anche due sacerdoti.
La violenza dell'eccidio fu inusitata: alcuni bambini furono gettati vivi tra le fiamme, dei neonati in braccio alle loro mamme furono decapitati e alla fine dell'inverno fu ritrovato sotto la neve il corpo decapitato del parroco Giovanni Fornasini.
Fra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, dopo sei giorni di violenze, il numero delle vittime civili era spaventoso: circa 770 morti.
Le voci che immediatamente cominciarono a circolare relative all'eccidio furono negate dalle autorità fasciste della zona e dalla stampa locale, indicandole come diffamatorie; solo dopo la Liberazione lentamente cominciò a delinearsi l'entità del massacro.
Che fine ha fatto Walter Reder
Walter Reder era nato a Jesenik in Cechia il 4 febbraio 1915.
Trasferito in Austria con la famiglia, si arruolò nelle SS nel 1934, fece il corso ufficiali e raggiunse il grado di Maggiore.
Dopo varie campagne sui fronti europei, ferito gravemente a un braccio, fu comandato in Italia, fronte meno caldo degli altri, dove rimase dal 1943 al 1945.
Alla fine della guerra fu fatto prigioniero dagli americani in Baviera e, su richiesta del governo italiano, fu estradato in Italia.
Fu processato e condannato all’ergastolo dl Tribunale militare di Bologna, da scontare nel carcere di Gaeta
Nel 1967 si appellò al sindaco di Marzabotto dichiarandosi pentito per chiedere a sua volta il perdono.
Il sindaco di Marzabotto sottopose la richiesta alla popolazione tramite un piccolo referendum. Votarono contro 282 abitanti e solo quattro a favore.
Nel 1980 il tribunale militare di Bari gli concesse la libertà condizionale dopo 5 anni di internamento.
Nel 1985 Craxi gli concesse la libertà, anticipandola di sei mesi e, con un volo di Stato fu portato a Vienna.
Appena libero, rinnegò la sua richiesta di perdono inoltrata a suo tempo e dichiarò che non intendeva pentirsi di niente.
Morì nel 1991, a 76 anni.
GdM