Ricordando il sacrificio di Giannantonio Manci

Morì suicida il 6 luglio 1944 per non dover tradire i propri compagni

Nato a Trento nel 1901, deceduto a Bolzano il 6 luglio 1944, medaglia d'oro al valore militare alla memoria, Giannantonio Manci, partito volontario nella guerra 1915-′18, aveva combattuto come ufficiale nel Battaglione "Brenta" del 6° Alpini.
Concluso il conflitto, si era diplomato in ragioneria e si era dato all'attività di rappresentante, che aveva dovuto interrompere quando, allo scoppio della seconda guerra mondiale, era stato richiamato.
Nel 1940-41 Manci aveva prestato servizio a Trento, col grado di capitano, presso il deposito dell'11° Reggimento alpini di Trento.
 
L'8 settembre 1943, all'annuncio dell'armistizio, era entrato nelle file della Resistenza, impegnandosi nell'organizzazione del movimento partigiano trentino.
Ai primi di luglio del 1944, in seguito a delazione, Giannantonio Manci fu arrestato dai tedeschi.
Prigioniero a Bolzano, per non cedere alle torture si tolse la vita, gettandosi da una finestra durante un interrogatorio.
Era il 6 di luglio del 1944.
 
La militanza politica di Manci era orientata in senso garibaldino e mazziniano e da questo orientamento si sviluppò in lui una profonda sensibilità federalista ed europeista in linea con l’ispirazione socialista del «Manifesto di Ventotene» e con lo stesso orientamento politico e culturale diede vita nel settembre del 1943 al Comitato di liberazione nazionale di Trento insieme ad Ottolini, Pincheri, Disertori, Bacchi e de Unterrichter.
Il ricordo di Giannantonio Manci e del suo sacrificio assume anche oggi una straordinaria valenza di responsabilità civile: patria, resistenza, autonomia si intrecciano solidamente nella sua figura, rivelandone l’assoluta modernità.

Il Presidente dell’Anpi del Trentino - Mario Cossali.