Emozioni in musica: Diodato chiude il Trentodoc Festival

Un concerto di arpa e violino ha accolto il pubblico intervenuto ieri al Chiostro degli Agostiniani per l’ultimo appuntamento in programma

Foto Matteo Renzi.

Una chiusura nel segno dell’emozione e della grande musica per la seconda edizione del Trentodoc Festival, con l’inconfondibile voce di Diodato, entrato nel cuore del grande pubblico con il brano «Fai Rumore», vincitore del Festival di Sanremo 2020.
Un concerto di arpa e violino ha accolto il pubblico intervenuto ieri al Chiostro degli Agostiniani per l’ultimo appuntamento in programma del Trentodoc Festival, che ha visto protagonista il talentuoso cantautore, intervistato da Alessandro Cannavò.
Un incontro con moltissimi momenti da brivido ma anche tanti sorrisi, attraverso aneddoti professionali e di vita, in cui è emerso il lato umano e poetico di questo giovane cantante.
 
In prima battuta si è parlato dell’importanza di allargare gli orizzonti e cambiare i propri punti di vista: un’opportunità che Diodato ha potuto vivere grazie alle molte date all’estero e che gli ha fatto capire come ognuno di noi sia cittadino del mondo e i confini siano un limite presente solo nella nostra testa.
E da questo punto di vista, ha proseguito, la musica rappresenta l’antidoto perfetto per abbattere le barriere, anche al di là delle incomprensioni linguistiche.
E in riferimento ai suoi testi, dove in qualche modo si parla spesso di dolore, ha spiegato come i momenti difficili, anche nella sua carriera musicale, abbiano rappresentato per lui dei grandi insegnamenti.
 
«Sono molto interessato alla materia umana, che ha al suo interno in maniera naturale il bene e il male. Questo non mi spaventa e, anzi, mi incuriosisce e mi porta ad interrogarmi sull’umanità.»
Una riflessione suggellata dal brano «Che vita meravigliosa».
In parallelo, Diodato ha sempre portato avanti un lavoro di introspezione, sicuramente agevolato dall’incontro con la musica, che lo ha aiutato a esternare, e di conseguenza affrontare, sentimenti e paure.

Spazio anche al suo rapporto con i social, dove è presente ma in maniera non ossessiva, nella consapevolezza che il mondo che abbiamo intorno non sia quello che vediamo online, dove ognuno sente l’importanza di dover dire la sua, spesso con arroganza, egoismo e assenza di empatia.
Pensieri ben espressi con la canzone «Ci vorrebbe un miracolo».