Storie di donne, letteratura di genere/ 422 – Di Luciana Grillo

Margaret Atwood, Lesioni personali – Anche in questo l’autrice libro sorprende, coinvolge, inquieta

Titolo: Lesioni personali
Autore: Margaret Atwood
 
Editore: Ponte alle Grazie 2021
Traduzione: Guido Calza
 
Pagine: 368, Brossura
Prezzo di copertina: € 18,50%
 
Margaret Atwood esercita su di me uno strano fascino. La leggo con curiosità fremente, mi aspetto sempre che mi inquieti, mi sorprenda, mi coinvolga.
Accade anche questa volta con “Lesioni personali” quando, incontrando la protagonista, Rennie, penso di vivere i suoi problemi, li esamino al microscopio, mi chiedo cosa farei io se…
È una giornalista, scopre di essere ammalata, è sola, vola ai Caraibi.
Ha provato sulla sua pelle il tentativo neanche nascosto di qualche uomo di farla sentire colpevole, «ci teneva che fosse colpa mia, giusto un po’, un’imprudenza, una provocazione. Poi mi avrebbe fatto un predicozzo sulle serrature, sul vivere da sola, sulla sicurezza».
 
Ricorda la sua infanzia, «circondata da vecchi: il nonno e la nonna, le prozie e i prozii…consideravo vecchia anche mia madre… da bambina ho imparato bene tre cose: a tenere la bocca chiusa, a non dire quel che non va detto, a guardare e non toccare… Per le ragazze, era molto più sicuro essere decenti che belle. Per i ragazzi il problema non si poneva… Se la tua famiglia era rispettabile, ti veniva data la possibilità di non disonorarla. E il sistema migliore per evitarlo era non far nulla di stravagante».
Sottolinea le differenze di genere: «Gli uomini diventavano medici, le donne infermiere; gli uomini diventavano eroi, e le donne?».
 
Sognava di allontanarsi dal paese d’origine, non voleva «rimanere in trappola come mia madre…».
A St. Antoine incontra persone strane, dall’Inglese (che gestisce l’albergo dove Rennie alloggia) a Paul, a Marsdon, a Lora… «Al movimento femminista Lora sarebbe piaciuta molto, ai tempi, nei primi anni Settanta»; assiste a scene di inaudita violenza, come il pestaggio di un vecchio ubriaco: «Non ha mai visto picchiare nessuno in questo modo, tranne che in fotografia… Per strada c’è gente, i soliti crocchi e capannelli, ma nessuno fissa: danno un’occhiata e distolgono lo sguardo. Alcuni camminano, nessuno muove un dito, eppure quelli in cammino deviano, evitano con cura l’uomo che adesso è piegato in due».
 
Tutti in quest’isola sembrano sapere tutto di tutti, ma, come dice Paul, «qui non c’è praticamente nessuno che sia davvero chi sostiene di essere. E neppure chi si pensa in giro che sia. Qui circolano almeno tre versioni di tutto, e se hai fortuna almeno una è vera».
Atwood, qualunque cosa scriva, torna a parlare di donne e femminismo, come a proposito di Elva, il cui volto, dopo un’aggressione, «è segnato, striato, incrostato, rosso scuro».
Ne parla Lora: «Ha delle figlie… e dei nipoti. Comunque non ha bisogno che si occupino di lei, in genere è lei che si occupa di loro. Qui si regge tutto sulle nonne» […perché, qui da noi, no? – NdA].
 
Sull’isola la politica e gli interessi dei Paesi ricchi incidono profondamente sulla vita degli abitanti.
«Rennie si trova lì durante le elezioni, poi tutto sfocia in una rivolta sanguinosa, lei stessa – considerata una spia – viene messa in prigione e ne vede di tutti i colori.»
Lora, esperta, le ricorda che «Il mio motto è mai farsi vedere… Al buio chiunque è un bersaglio lecito… Si sistemeranno un bel po’ di vecchi conti, comunque vadano le cose».
E quando finalmente Rennie può ripartire, dopo esperienze così complicate, sa che «Non è cambiato ciò che vede, ma soltanto il modo in cui lo vede. E’ tutto esattamente uguale. Eppure niente è uguale. Ha la sensazione di rientrare da un viaggio nello spazio, nel futuro».

Luciana Grillo - [email protected]
(Revensioni precedenti)